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Nel 35° anniversario dell’assassinio dell’arcivescovo di San Salvador – la cui beatificazione è stata decisa da papa Francesco lo scorso 3 febbraio – e nel 32° di quello della giovane presidente della Commissione per i diritti umani, ne ripercorriamo le biografie parallele. Qual è la chiave che le accomuna? Che cosa hanno significato per la Chiesa e per El Salvador queste due figure? Quale eredità lasciano?

1. "Laudato sì, mì Signore", cantava san Francesco d'Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l'esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: "Laudato sì, mì Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba" (1).

Carissima, carissimo,

qualunque sia il percorso della nostra vita, l'origine della nostra famiglia e delle relazioni interpersonali intessute, almeno una volta ci sarà capitato di leggere nel volto del nostro interlocutore una sorta di assenza dinanzi a quanto stavamo comunicando. Perchè?

Ascoltando il papa sull’aereo per Manila e le sue parole sorprendenti ,ho pensato a quando frere Christian,al monastero di Thibirime ,in Algeria, aprì la porta per la prima volta al capo del Gia (gruppo islamico armato) nel natale del 1993. La sua prima parola fu :”merde”.Non una posta di rosario o una giaculatoria,ma una umanissima parola di protesta .