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fonte: www.vita.it

Domani mattina a Milano, presso il campo comunale di via Impastato, comincerà il censimento fotografico e la schedatura dei rom da parte della Polizia. Tra le famiglie che saranno schedate, c'è quella di Giorgio Bezzecchi, 47 anni, lombardo, rom, consulente dell'ufficio Nomadi del Comune di Milano, vice-presidente nazionale dell'Opera Nomadi. La sua famiglia vive in un campo a Milano, il padre è stato deportato in un campo di concentramento, a cui fortunatamente è sopravvissuto. Il nonno, deportato in un altro campo non è sopravvissuto. Lo stesso Giorgio ha ricevuto una medaglia d'oro al valor civico.

Bezzecchi ha scritto una lettera aperta che sta circolando in queste ore tre gli amici, in cui esprime tutta la sua amarezza per quanto sta accadendo. Eccola.

Pubblicato su "Notizie minime della nonviolenza in cammino", n. 507 del 5 luglio 2008
È capitato qualche volta che dei ladri, evidentemente assai sprovveduti, si siano dati da fare per entrare in casa mia. In un paio di casi ci sono riusciti mentre io ero assente, ma con il solo guadagno di una delusione. E in un'occasione mi hanno persino lasciato in ingresso un cacciavite rotto, usato probabilmente come passepartout. Se è ragionevole credere alle testimonianze dei vicini, ambo le volte potrebbero essere stati giovani nomadi a scassinarmi l'uscio: alcune altre circostanze, riferitemi in questura, avvaloravano questa ipotesi.

Pubblicato su "Notizie minime della nonviolenza in cammino", n. 507 del 5 luglio 2008, dal qutidiano "La Repubblica" del 16 giugno 2008 col titolo "I nostri indiani si chiamano zingari"

E se domani, in Italia, avvenisse qualcosa di simile a quello che si è visto l'11 giugno scorso a Ottawa? Qui da noi non se ne è parlato, ma è stata una scena emozionante a giudicare dalle fotografie comparse sulle prime pagine dei giornali canadesi. Si vedeva in piedi a sinistra il primo ministro Stephen Harper e davanti a lui seduto, il delegato dell'assemblea delle "First Nations" - quelli che noi, per l'errore di Cristoforo Colombo, continuiamo a chiamare Indiani d'America: si chiama Phil Fontaine, nel suo nome anglo-francese è iscritta la storia dei successivi padroni europei del Canada, ma il caratteristico copricapo di piume che sembra uscito da un film di John Ford rivela la sua identità di "Grande Capo" indiano.

Pubblicato sul "Corriere della sera" del 1 luglio 2008 e tratto da "Notizie minime della nonviolenza in cammino", n. 567 del 3 settembre 2008
Perché è grave prendere le impronte ai rom di cittadinanza italiana? Proprio perché essi sono italiani da due o tre generazioni, la decisione suona discriminatoria e razzista. Non è un caso che la memoria vada spontanea alle angherie che subivano i cittadini di religione o etnia diversa da quella "ariana", durante il nazifascismo.