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Intervista al sociologo israelo-tedesco Moshe Zuckermann: «Israele l’ha utilizzata a fini ideologici: il sionismo come risposta»

Moshe Zuckermann è un sociologo israelo-tedesco e professore emerito di storia e filosofia all’università di Tel Aviv. È autore di libri sul conflitto in Medio Oriente, tra cui Il destino di Israele. Come il sionismo porta avanti il proprio declino. Fa parte del gruppo di studiosi della storia dell’Olocausto, studi ebraici e studi sul Medio Oriente che nel 2021 ha elaborato la Dichiarazione di Gerusalemme.

Condividiamo questa riflessione dell'amico Gino Paolini sulla necessità di cambiare il passo dell'azione politica dinanzi a quanto succede a Gaza. E' un dibattito aperto questo, perché ci interroga su come essere operatori di pace capaci di denunciare e proporre parlando ad un pubblico più vasto di quello che spesso intercettiamo nelle nostre iniziative: una riflessione sulle diverse declinazioni dell'azione nonviolenta, che vale non solo per quanto sta drammaticamente succedendo a Gaza.


Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta, avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in tutta la Palestina, e di invitare alla mobilitazione, nelle forme e nei modi che decideremo insieme.

La prima è la catastrofe umanitaria. Secondo le ultime notizie giunte da Gaza, sono stati uccisi finora21.110 palestinesi tra cui8.800 bambini, 6.300 donne, 3111 medici e personale sanitario, 40 addetti alla protezione civile e più di 100 giornalisti; 7.000 persone risultano disperse, 55.243 sono state ferite, 92 scuole e università, 115 moschee e tre chiese sono state distrutte insieme a decine di migliaia di case, 23 ospedali e 53 centri medici non sono più operativi, 102 ambulanze sono state attaccate, l’intera popolazione è errante, Nemmeno è venuta meno la catastrofe in Ucraina e nel mar Nero.

La seconda catastrofe è quella del potere e dell’informazione in Israele, in Ucraina e in tutto l’Occidente.

Siamo arrabbiati, siamo spezzati.

Questo doveva essere un momento di gioia. Invece siamo in lutto. Abbiamo paura. Più di 20.000 uccisi. Migliaia sono ancora sotto le macerie. Circa 9.000 i bambini uccisi nel più brutale dei modi, giorno dopo giorno, 1 milione e 900.000 sfollati, centinaia di migliaia di case distrutte. Gaza, per come l'abbiamo conosciuta, non esiste più.

Questo si chiama annichilimento. Questo è genocidio. Il mondo sta guardando. Le chiese stanno guardando. Le persone a Gaza stanno inviando in tempo reale immagini del loro stesso sterminio. Forse al mondo importa, ma lo sterminio continua. Ci chiediamo oggi, può questa essere la nostra fede a Betlemme? A Ramallah? A Jenin? È questo il nostro destino?

Ci stiamo assuefacendo alla guerra, alle tragedie e alla violenza, in un vortice in cui siamo incapaci di abitare il senso critico e il dubbio, di porci delle domande.

Di questa degenerazione un buona parte di responsabilità ce l'ha l'informazione, ormai, fatte poche eccezioni, tutta a senso unico, incapace di descrivere la complessità delle cose e delle tragedie, rispetto alle quali non esiste un'unica tonalità per rappresentarle: informazione che riflette specularmente il degrado della politica.

L’Italia deve chiedere all’Onu l’immediato riconoscimento della Palestina come Stato membro delle Nazioni Unite e impegnarsi a fornire sostegno politico, operativo e finanziario all’attuazione del Piano “due Stati per due Popoli”.

L’Italia deve dire basta!E deve riconoscere lo Stato di Palestina.