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Sono passate non più di due settimane dalla straordinaria vittoria referendaria sull'acqua e l'apparato politico istituzionale sembra essersi dimenticato la portata storica dell'evento. Così come con scarsa attenzione fu rilevato il record di raccolta firme - 1,4 milioni - ottenuto lo scorso anno dai movimenti per l'acqua nel più totale silenzio mass-mediatico (salvo poi scoprire lo "straordinario" ribaltone alle recenti elezioni amministrative), oggi l'insieme dei poteri forti economici e politici sembra accomunato da un unico obiettivo : negare, rimuovere, depotenziare.

Per lui l'acqua è madre e sorella, un bene essenziale, escluso che qualcuno possa rubarla. Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, di battaglie ne ha combattute tante, sempre in prima fila per la pace, la nonviolenza, i più deboli. L'idea che qualcuno possa privatizzare l'acqua gli fa commettere il suo unico peccato capitale: andare su tutte le furie. Avrà scritto almeno una decina di lettere a tutti per chiedere un passo indietro. L'ultima chiama a raccolta gli uomini e le donne di chiesa.

Il problema mondiale della crisi idrica esige riflessioni e risoluzioni internazionali che permettano di soddisfare il diritto basilare all'accesso a fonti d'acqua sane e sicure per la vita per i quasi due miliardi di esseri umani che attualmente ne sono deprivati. Occorre sempre ricordare che «il diritto all'acqua, come tutti i diritti dell'uomo, si basa sulla dignità umana, e non su valutazioni di tipo meramente quantitativo, che considerano l'acqua solo come un bene economico. Senza acqua la vita è minacciata. Dunque il diritto dell'acqua è un diritto universale e inalienabile» (PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, n. 485). Tale problema non è affatto nuovo per l'umanità, e non deve meravigliare che la Bibbia proponga paradigmi di relazioni umane legate all'accesso e all'uso dell'acqua.

Questa settimana verificheremo, in due circostanze, se i gruppi dominanti degli Stati, che si sono opposti alla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (Riag) del 28 luglio scorso - che ha riconosciuto l’accesso all’acqua potabile ed ai servizi igienici come un diritto umano fondamentale - saranno riusciti a sminuirne la portata e ad annacquarne il contenuto.

Il dibattito intorno alla gestione pubblica o privata del servizio idrico integrato non è una questione meramente ideologica o politica. Se da una parte è indubbio che esempi virtuosi di gestione si trovano a prescindere dagli assetti e/o natura societaria dei soggetti gestori è altrettanto vero l’opposto.

Pochi giorni fa l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che riconosce l’accesso all’acqua come diritto fondamentale di ogni persona. L’anno scorso il Parlamento europeo ha parlato di un diritto fondamentale di accesso ad Internet.
Apparentemente lontane, queste due importanti prese di posizione di grandi istituzioni internazionali si muovono sullo stesso terreno, quello dei beni comuni, attribuiscono il rango di diritti fondamentali all’accesso di tutti a beni essenziali per la sopravvivenza (l’acqua) e per garantire eguaglianza e libero sviluppo della personalità (la conoscenza).