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La Campagna internazionale chiede il sostegno di tutti gli Stati per negoziare una norma che mantenga controllo umano significativo sull’uso della forza

Il movimento globale per vietare preventivamente le armi completamente autonome (i cosiddetti “killer robots”) e mantenere un controllo umano significativo sull'uso della forza ha ricevuto importante slancio durante il quinto incontro internazionale ONU sul tema, che si è concluso a Ginevra il 13 aprile. Il crescente elenco di Paesi che chiedono un divieto per le armi completamente autonome ora è ad un totale di 26, con l'aggiunta di Austria, Cina, Colombia e Gibuti.

Sta ormai scadendo il tempo concesso ai Governi per riuscire ad impedire lo sviluppo di sistemi d'arma capaci di selezionare gli obiettivi e procedere da soli con un attacco, senza un controllo umano significativo. E’ questa la posizione espressa oggi dalla Campagna “Stop Killer Robots” (di cui fa parte anche Rete Italiana per il Disarmo) a margine del quinto incontro che la “Convenzione sulle armi convenzionali” (CCW) dedica ai sistemi di armi autonome e letali da oggi e fino al 13 aprile alle Nazioni Unite (ONU).

Grave sgarbo istituzionale: le prime indiscrezioni sui dati dell'export militare italiano per il 2017 riportate in un'intervista del Direttore UAMA (Unità Autorizzazioni Materiali d'Armamento) senza che la Relazione al Parlamento (prevista dalla 185/90) sia stata pubblicata o trasmessa.

Le autorizzazioni verso l'Arabia Saudita sensibilmente ridotte ma ancora cospicue: il Governo non ha ascoltato gli appelli a fermare l'invio di ordigni a chi li utilizza per il conflitto in Yemen.

Attualmente esistono nel mondo circa 14.900 testate atomiche delle quali 70 in Italia, tra Ghedi (Bs) e Aviano (Pn). Quelle nucleari sono le uniche armi di distruzione di massa non ancora vietate. Ben presto, però, lo saranno, perché il 7 luglio 2017 è stato approvato all'ONU il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari con 122 voti a favore. Per divenire vincolante dovrà essere ratificata da almeno 50 Stati.

Un massiccio aumento di 81 miliardi di dollari negli investimenti nelle armi nucleari sta alimentando l’escalation nel loro utilizzo: 20 aziende e i loro investitori finanziari si preparano a raccogliere i frutti della nuova corsa agli armamenti

C’è voluto un reportage del New York Times per far sapere agli italiani che cosa ne pensa il nostro ministero degli esteri e della cooperazione internazionale delle bombe che l’Italia fornisce all’Arabia saudita per bombardare lo Yemen. In un comunicato rabberciato in fretta e furia date le festività natalizie, la Farnesina ha infatti riciclato quanto i ministri Gentiloni e Pinotti avevano già detto negli anni scorsi in risposta ad alcune interpellanze parlamentari: «L’Italia – scrive la Farnesina – osserva in maniera scrupolosa il diritto nazionale ed internazionale in materia di esportazione di armamenti e si adegua sempre ed immediatamente a prescrizioni decise in ambito Onu o Ue. L’Arabia saudita non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea».

Dopo l'assegnazione del premio Nobel per la Pace 2017 all'organizzazione per il bando alle armi nucleari (Ican), è necessario continuare a lottare “instancabilmente nei prossimi anni per garantire la piena attuazione del trattato di divieto nucleare”. Come approfondimento pubblichiamo il contributo di Giorgio Nebbia, che è stato segnalato dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani.

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