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Il vescovo Tonino Bello è noto soprattutto come vescovo della pace, intesa come nonviolenza attiva1.

I cristiani, Gesù e la nonviolenza

Come i vescovi, quasi tutti i buoni cristiani sono per la pace, ma non tutti ne individuano la via centrale nella nonviolenza attiva e positiva: non soltanto non-fare-violenza, ma gestire e trasformare i conflitti con le forze umane costruttive. Alex Zanotelli, voce di profeta in questi amari anni, mostra bene come Gesù è l’inventore della nonviolenza nella tradizione occidentale. Nella situazione di oppressione del suo popolo, sotto l’impero romano, sente anche personalmente la tentazione della violenza, ma inventa segni e azioni tipiche della lotta nonviolenta. Proprio quelle azioni paradossali suggerite da Gesù nel Discorso della montagna, che per secoli sono state intese come atti di rassegnazione e sottomissione, oggi sono finalmente capite e spiegate, in quel contesto storico concreto, come azioni di ribellione, indipendenza, dignità, con la forza sana e giusta della nonviolenza. Walter Wink, nel libro Rigenerare i poteri. Discernimento e resistenza in un mondo di dominio, edizioni Emi, mostra bene che presentare la guancia sinistra, dare anche la tunica a chi ti sequestra il mantello, restando nudo, fare un miglio in più di quello a cui ti costringe l’occupante, erano azioni di mite provocazione, che mettevano il prepotente in difficoltà, che ristabilivano la dignità offesa, che liberavano l’oppresso dalla soggezione, che indicavano possibile la liberazione nonviolenta2.

"Io ho un sogno, che i miei quattro figli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per ciò che sono. Io ho un sogno, oggi".

Il 4 aprile 1968 veniva ucciso a Memphis, nel Tennessee, il pastore battista Martin Luther King. Anche se il Civil Rights Act del 1964, grazie alla lotta nonviolenta del movimento per i diritti civili degli afroamericani, aveva abrogato ufficialmente ogni forma di segregazione nei luoghi pubblici, la piaga della discriminazione razziale continuava.

Un aneddoto raccontato da Tullio De Mauro a Matteo Mennini spiega bene il cortocircuito, a cavallo del ‘68, fra don Milani, la scuola di Barbiana e la contestazione studentesca: «Conservo la fotografia di una scritta su un muro dell’università di Napoli che diceva: “El niño que no estudia no es buen revolucionario”, firmato Fidel Castro», ricorda il linguista, fra i primi accademici italiani ad occuparsi di Milani.

Cercherò di vedere, nel suo cammino di formazione, di pensiero e di azione, il rapporto di Martin Luther King con Gandhi, l'influenza di Gandhi sul suo spirito e sulla sua azione.

Ernesto Balducci scrive che il linguaggio dei sermoni di Martin Luther King è "piano, empirico, scevro da profondi concetti". Sembra una svalutazione, ma, continua Balducci, essi "nascono da una sintesi profonda e svelano inaspettate possibilità storiche" (Presentazione, in King, La forza di amare, Sei, Torino 1967, p. 14). Si potrebbe dire lo stesso dei discorsi, conversazioni, lettere e articoli di Gandhi, anch'egli efficace comunicatore diretto, più che scrittore, di calde verità scoperte nell'esperienza. Anche King come Gandhi potrebbe intitolare una sua autobiografia Storia dei miei esperimenti con la verità.