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La nuova emersione dei lavoratori immigrati: gli stranieri “aiutano” lo Stato italiano a risanare la finanza pubblica, ma non hanno diritto ad una effettiva regolarizzazione

Non respingiamo… preveniamo le partenze! Facciamo in modo cioè che “quelli là” non si mettano per mare. Aiutiamo la Libia affinché li blocchi nell’intento di fuggire dalle guerre e dalle carestie. No. Non li respingiamo! Sappiamo bene che per quella pratica disumana e dittatoriale lo scorso febbraio la Corte europea di Strasburgo ci ha condannati. Figurarci se vogliamo riportarli indietro, caricarci dell’ingiustizia di rispedirli a languire nelle carceri libiche, dove oramai è risaputo che vengono torturati, sottoposti a lavori forzati, violentati…

È la prima volta che accade. Ed è una di quelle prime volte che non dimenticheremo. Non solo perché da tempo ci battiamo per un uso corretto e rispettoso dei termini, non solo perché la primavera scorsa sentire e leggere quella parola ci fece inorridire, ma perché questa è la prima volta che in Italia viene depositata una sentenza di condanna dei partiti per discriminazione.

Chi non si ricorda di aver ritagliato, da bambina, i punti di note marche di prodotti alimentari; sagome e codici a barre da incollare su una scheda per ottenere quell’omaggio marchiato, guadagnato grazie a un consumo diligente?
Chi non ha oggi, nel proprio portafoglio, almeno una carta di raccolta punti da presentare alle casse del supermercato, al distributore di benzina, al bar dopo la consumazione, per aver diritto al meritato regalo, frutto di una sempre uguale logica consumistica per cui “più spendi, più guadagni”?