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Nel n. 122 del 30 giugno 2007, del Notiziario Settimanale dell'AAdP, è stato pubblicato l'articolo di Buratti Gino "Immigrati, sbandati e degrado della città? Qual è l’ordine giusto?", che poi è stato ripreso dal periodico "La parola ai cittadini" che lo ha pubblicato nel numero di agosto 2007. Alessandro Amorese, dirigente provinciale di A.N., ha pubblicato nel numero di settembre dello stesso periodico una replica a quell'articolo. Riteniamo utile e corretto, nella speranza di aprire un dibattito, pubblicare anche questo contributo.


Pensiamo che Gino Buratti abbia volutamente frainteso il senso dell'iniziativa organizzata da Azione Giovani in Piazza della Stazione.

Sembra infatti che egli abbia visto nella nostra manifestazione una rozza iniziativa xenofoba o addirittura razzista, quando invece siamo scesi in piazza per manifestare la nostra solidarietà ai residenti nella zona dei Quercioli e della Stazione e per farci portavoce dei loro problemi. L'intento di tale iniziativa è stato ben compreso dai cittadini, come dimostrano le migliaia di firme che abbiamo raccolto in quei giorni. In quelle zone, come ci hanno confermato numerose persone, il degrado è tale che la sera donne e bambini non possono neanche uscire di casa, in quanto la piazzetta antistante la Stazione diventa regno di sbandati, drogati e immigrati clandestini. Il nostro collegamento tra umnigrazione clandestina e degrado sociale ha spinto il signor Buratti ad attaccarci pubblicamente.

Pubblicato su “Notizie minime della nonviolenza in cammino” n. 392 del 12 marzo 2008 Alcuni analisti e saggisti vedono nel razzismo un fenomeno del passato, sempre più marginale, che tenderebbe naturalmente ad affievolirsi se non fosse "artificialmente" rinvigorito da strategie controproducenti e dagli "effetti perversi" di definizioni e interventi istituzionali quali l'affirmative action praticata negli Stati Uniti e le misure più o meno equivalenti di lotta contro le discriminazioni adottate in altri paesi.

Dal sito dell'Università delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente relazione di Maria Grazia Campari tenuta a Firenze il 4 novembre 2006 nell'ambito del secondo ciclo di incontri seminariali sul tema "Città reale / città possibile. Mappe della convivenza. Periferie e materialità del vivere", promossi dalla "Libera università Spazia”. Maria Grazia Campari è una prestigiosa giurista e intellettuale femminista, impegnata nei movimenti per la pace e i diritti

Sono molto sollecitata dal concetto di città come bene comune e da una ricerca indirizzata alla realizzazione di mappe di convivenza. Vi ritrovo alcune suggestioni che personalmente ho tratto da una serie di incontri tenuti negli ultimi due anni presso la Libera università delle donne di Milano.
Eravamo partite - con un seminario dal titolo significativo "Paura/sicurezza" - dalla constatazione che la profonda disuguaglianza dei livelli di vita e il drastico ridimensionamento dello stato sociale allargano la forbice fra garantiti ed esclusi, determinano nei primi l'insorgere di un egoismo proprietario che costruisce muri, in difesa di cittadelle del benessere assediate. Casi recenti nel Lombardo Veneto confermano la permanenza della fase e illustrano il concetto alla lettera, con la costruzione di muri e valli per impedire l'ingresso a immigrati e rom.