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Storico voto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite: l’accesso all’acqua potabile è stato riconosciuto come un diritto umano.
E’ il titolo di La Repubblica on line. Pensate come cambiano le cose, solo pochi mesi fa il loro autorevole editorialista Franco De Benedetti, senatore PD, sostenne che l’acqua non è un diritto umano e che sbaglia chi lo sostiene. Oggi lo sostiene l’ONU.

La delibera di iniziativa popolare per l’acqua pubblica nello Statuto, è quasi in dirittura d’arrivo. Il 25 maggio scorso si è votato per la terza volta il testo della delibera, comprensivo di emendamenti che, a eccezione del principio del quantitativo minimo vitale gratuito (che si sarebbe potuto garantire come diritto inviolabile della persona facendo da esempio in Italia e nel mondo), conserva comunque intatti altri importanti capisaldi della proposta popolare.

L'acqua come l'aria è essenziale per ogni essere vivente e non può essere sottoposta a logiche di mercato. Sono assolutamente contrario alla privatizzazione dell'acqua: dobbiamo evitare di consegnare le reti idriche nelle mani di pochi capitalisti senza imporre loro alcuna regola che li obblighi a proteggere l'essenza di quello che è un bene naturale appartenente a tutti.

Caro direttore, ho letto con attenzione sul tuo giornale sia il commento di Corrado Oddi che quello di Stefano Rodotà sulle nuove norme relative alla gestione del servizio idrico e, visto che vengo chiamato in causa, ritengo necessario fare alcune puntualizzazioni. Innanzitutto dispiace che il dibattito abbia assunto contorni così fortemente ideologici. Confrontarsi più sulla tesi sinceramente surreale della «privatizzazione dell'acqua» - argomentazione che tutti sappiamo essere pura mistificazione comunicativa - che sul merito della riforma significa sviare l'attenzione da un dibattito che ha una importanza centrale per il futuro dell'Italia.

Egregio ministro Ronchi, ho letto il suo intervento sul manifesto e mi permetto di risponderle da cittadino qualunque ma informato, visto che mi occupo di acqua privatizzata ormai dal 2003. Credo che Lei faccia pura demagogia quando lascia credere che la panacea per la risoluzione dei problemi siano gare, standard di servizio e authority. Innanzitutto, credo che le vere infrazioni in Italia riguardano il fatto che in ogni caso dopo l'assegnazione del servizio le condizioni contrattuali siano tutte cambiate, alterando le gare stesse (dove sono state fatte).

Dopo la folle ventata liberista degli anni novanta, in cui tutti - anche un po' a sinistra, ammettiamolo - hanno ritenuto che "liberale" fosse sinonimo di "liberista", che "pubblico" fosse automaticamente sinonimo di "inefficiente", e di conseguenza "privato" equivalesse a "garanzia di funzionamento", ci siamo accorti che ciò non era. Ce ne siamo accorti per la crisi finanziaria, rapidamente divenuta crisi economica e sociale, che ci ha colpito dallo scorso anno: una crisi di paradigma, potremmo dire.

Cari compagni del manifesto, poiché sono convinto che il vostro giornale possa e debba avere un ruolo importante nella vicenda referendaria sul diritto all'acqua, e poiché in questa vicenda ho deciso di starci, vorrei segnalare alcune questioni che dovrebbero essere tenute presenti nella campagna appena iniziata e che ci accompagnerà nei mesi prossimi. Con una premessa. L'avvio è stato straordinario: centomila firme raccolte in due giorni sui quesiti referendari. Questo significa almeno quattro cose: esistono grandi temi sui quali è possibile mobilitare le persone; la disaffezione per la politica è l'effetto di una politica drammaticamente impoverita; è possibile modificare l'agenda politica con iniziative mirate e fondate sull'azione collettiva; la leadership, pure nel tempo dell'immagine trionfante, non si identifica necessariamente con la personalizzazione o con il carisma, vero o presunto che sia.