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Siamo sulla strada sbagliata. La competizione tra Italia e Francia, con Russia, Cina, Turchia, Arabia Saudita, Qatar ed Iran, a tessere le proprie trame per prenotare nuovi contratti e forniture o per re-installare una presenza militare nelle frontiere interne africane, è una strada sbagliata e molto pericolosa. Manca una strategia di ricomposizione del complesso tessuto comunitario e sociale libico, per ridare alla popolazione ed alle tribù locali la possibilità e la responsabilità di decidere del proprio futuro, in modo pacifico, nonviolento e dentro un quadro di legalità internazionale. Un percorso che ha bisogno di investimenti e di dialogo con le comunità locali, costruendo relazioni, rapporti di reciproca fiducia e rispetto. Strategia che di certo non passa per le stanze delle diplomazie e degli stati che vedono la Libia come un nuovo campo di battaglia, per fermare e per respingere migranti e richiedenti asilo, per accedere a nuovi contratti con supposti governi o capi-milizie sempre pronti ad accreditarsi o ad offrirsi al miglior offerente.

È razzista anche chi - a sinistra e tra i cattolici - inizia ad accettare come normale la distinzione tra chi fugge dalla povertà e chi fugge dalla guerra; è razzista anche chi - a sinistra e tra i cattolici - per rispondere ai razzisti dichiarati spiega che i migranti ci servono perché aiutano la nostra economia; è razzista chiunque, in qualsiasi modo si ponga su un piano diverso da quello sul quale sono quelle povere persone che vengono dall'Africa o faccia distinzioni di genere economico, religioso, culturale o altro.

"Noi veniamo dopo" scriveva George Steiner nel 1966, "Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz". Anche noi "veniamo dopo". Dopo quel dopo. Sappiamo che un uomo può aver letto Marx e Primo Levi, orecchiato Marcuse e i Francofortesi, militato nel partito che faceva dell'emancipazione dell'Umanità la propria bandiera, esserne diventato un alto dirigente, e tuttavia, in un ufficio climatizzato del proprio ministero firmare la condanna a morte per migliaia e migliaia di poveri del mondo, senza fare una piega.

In occasione della Giornata mondiale contro la tratta di persone, che ricorre il 30 luglio, condividiamo l’appello sottoscritto da una pluralità di organizzazioni internazionali, fra cui Talitha Kum (Uisg), Renate, Vivat.

Richiamiamo l’attenzione della comunità internazionale sul reato della tratta di esseri umani che colpisce ogni Paese. Le persone sono trafficate in ambito locale e oltre le frontiere nazionali, per servitù domestica,  sfruttamento sessuale e lavorativo, accattonaggio,  matrimonio forzato,  rimozione di organi, utero surrogato e per atti criminali. Mentre le stime del numero di persone, vittime della tratta, ammontano a decine di milioni, a livello mondiale le condanne per traffico di persone sono meno di diecimila.

Aiutiamoli a casa loro…

Ma noi comboniane ci siamo “a casa loro”. Viviamo in Africa da oltre 140 anni: con il nostro corpo e il nostro cuore, e tanta voglia di conoscere e capire.

Ci siamo messe in ascolto, insieme a donne e uomini che amano l’Africa come noi: non le sue risorse da sfruttare, ma i suoi popoli da incontrare.

Tante di noi sono nate là, perché sono africane, e offrono chiavi di lettura che rimangono invisibili a occhi esterni.

Il 14 luglio non è solamente la data simbolo della Rivoluzione Francese, legata alla presa della Bastiglia nel 1789. Rappresenta l’affermarsi, con un movimento di popolo, di tre principi fondamentali validi per il mondo intero, la libertà, l’uguaglianza, la fraternità. Purtroppo questi principi sono oggi duramente messi in discussione. In particolare le scelte di Macron, il nuovo presidente francese e quelle assunte dall’Unione europea nel vertice di Tallinn rafforzano l’idea dell’Europa come una fortezza chiusa e ostile ai processi migratori. L’esatto contrario della Fraternitè, della solidarietà. Per questo organizzazioni sociali e sindacali, movimenti, ong hanno promosso per questo 14 luglio una protesta in più città italiane per la libertà di movimento dei migranti, per il soccorso e l’accoglienza dei profughi.

Di seguito l’appello che invita alla mobilitazione con l’elenco degli aderenti

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