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Camminare insieme su strade diverse

Quando Lorenzo Milani moriva 50 anni fa, alcuni preti e religiosi assieme a cristiani e cittadini attenti ai nuovi fenomeni che attraversavano la società, avevano da poco iniziato ad interrogarsi e ad avviare le prime iniziative di quello che, quindici anni dopo, si sarebbe costituito come Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (C.N.C.A.).

Il rogo in cui hanno perso la vita due esseri umani in un ghetto nelle campagne foggiane illumina della sua tragica e orrenda luce la situazione presente del nostro paese.

La violenza razzista e schiavista sta provocando non solo sofferenze inaudite ma una continua ecatombe.

Ed assurdamente e sciaguratamente lo stato italiano invece di assumere i provvedimenti necessari per salvare tante vite innocenti persevera in una politica razzista che favoreggia i poteri criminali ed è responsabile prima della barbarie schiavista e della strage in corso.

Immediato outing iniziale: non entrerò nel merito della drammatica vicenda che in questi giorni sta scuotendo il territorio dove vivo, non una sola parola leggerà chi avrà la pazienza e il tempo di arrivare fino in fondo di specifico. E’ un dramma che mi suscita, nonostante ormai siano passati diversi giorni, sentimenti e sensazioni anche contrastanti tra loro. Ed è una vicenda così tragica, lacerante, dolorosa che si può tentare di entrare sulle punte dei piedi più leggere, ma si rischia di essere come elefanti in una cristalleria.

L’anno 2016 ha visto trionfare la normalità della guerra, la Terza Guerra mondiale a pezzetti, come la chiama Papa Francesco, una guerra spaventosa che ha il suo epicentro in Medio Oriente ed ha mostrato tutta la sua ferocia, disumanità e orrore nell’assedio della città martire, Aleppo. Una guerra che attraversa anche l’intera zona saheliana dell’Africa, dalla Somalia al Sudan (Darfur e Montagne Nuba), dal Sud Sudan al Centrafrica, dalla Nigeria (Nord) alla Libia, dal Mali al Gambia. Senza dimenticare i massacri nel cuore dell’Africa, in Burundi e Congo(Beni). Siamo davanti a desolanti scenari di guerra che si estendono dallo Yemen all’Afghanistan, guerre combattute con armi sempre più sofisticate e a pagarne le spese sono sempre più i civili. “Come è possibile questo?- si chiede Papa Francesco. E’ possibile perché dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi che sembra essere tanto importante.”

Non so se avete sentito (o forse anche visto in tv; io no), i titoli dei giornali di destra sull'uccisione di Anis Amri: titoli e immagini feroci, disumane, gaudenti per la morte dello stragista, senza dolore per ciò che ha fatto e che si è tirato addosso, senza ombra di pietà umana per tutti, anche per i colpevoli.

Mentre il popolo della pace marciava tra Perugia e Assisi, il ministro della difesa, tornata da una visita istituzionale in Arabia Saudita (4 ottobre, San Francesco), minacciava querele contro chi semplicemente chiedeva di conoscere i contenuti dei colloqui e, soprattutto, degli accordi siglati in materia di trasferimento di sistemi d'arma.