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Da tempo se ne parla. A scuola, nelle parrocchie, tra la gente per strada, nelle piazze. Spesso i toni sono discutibili, così come alcune argomentazioni. Per questo abbiamo deciso di affrontare anche noi questo tema: nel prossimo numero della rivista, troverete un articolo di Rita Torti, autrice di Mamma perché Dio è maschio?.

Nel frattempo, eccoci qui a scrivervi di… gender.

Care Greta e Vanessa, sono felice per la vostra liberazione. E come me stasera sono felici in tanti. Ma vi aspetterà anche un'Italia odiosa, che vi considera ragazzine sprovvedute che invece di starsene a casa sono andate a giocare in Siria. Diranno che sono stati spesi molto soldi, più del valore delle vostre vite. All'Italia che in questi mesi vi ha offeso, motteggiato, che ha persino parteggiato per i vostri rapitori, non permettete di ferirvi. È il senso di colpa per non aver coraggio, è l’insofferenza dell’incapace che, fermo al palo, cerca di mitigare la propria mediocrità latrando contro chiunque agisca.

La guerra di Liberazione ha visto una rivoluzione culturale di non poco conto, quella della donna italiana, che usciva dall’arretratezza nella quale il fascismo l’aveva tenuta.

Mussolini aveva predicato per vent’anni alle donne “la sottomissione e la bellezza” – così diceva lui – di stare a casa a fare la calza. “La donna è la regina del focolare”, diceva la propaganda fascista. Strana regina, di un focolare nel quale, in molti, troppi casi, non si garantiva neppure il pane.

Se vedete il vostro vicino andare in giro con dei palloncini legati attorno alla testa lo trovate strano, certo. Ma pensate di vederlo tutti i giorni, per anni. Pensate di vederlo da quando eravate piccoli/e a quando diventate adolescenti. E che quotidiani, tv, internet mostrino continuamente uomini con palloncini in testa fare qualsiasi cosa.

Chissà che pensieri avranno attraversato la mente di Roxanna in quei nove mesi in cui si è accorta di aspettare un bambino e andava a giustificare il gonfiore del ventre con una gastrite. Chissà quale paura l’ha accompagnata fino a quell’ultima telefonata per chiamare l’ambulanza, facendosi ricoverare per “sospetta colica renale”. Chissà quale senso di liberazione l’avrà pervasa, quando tra le braccia ha tenuto per la prima volta il suo Francesco, sentendosi “più madre che suora” e riconoscendo in lui “un dono di Dio”.

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