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Dal 28 gennaio errano per la Sicilia. Cercano in quella terra tracce capaci di mitigare un dolore che non tace, di rendere più sopportabile il peso di un anno di silenzi e di mancate risposte. Non se ne andranno fin quando queste risposte non arriveranno. I responsabili dei ministeri e delle ambasciate cui hanno scritto devono impegnarsi. È loro dovere. È un dovere civile.

Il primo viso che hanno visto è stato quello dell’ostetrica, italiana, che li ha aiutati a venire al mondo. Il pediatra, quello che, appena nati, ha stabilito il loro stato di salute, li vezzeggiava in italiano. Le maestre dell’asilo, quelle della materna, delle elementari in cui sono stati accolti, dove hanno imparato a riconoscere i sapori, i colori, i suoni delle lettere, le declinazioni dei verbi e quelle delle tabelline, sono italiane, come quell’amichetto del cuore, quella compagna di banco, come il primo amore…

Carissimo Ass

Ti scrivo a nome di tutti gli “abitanti” la Casa sul Pozzo per dirti il nostro dolore e rabbia per l’uccisione di due vostri e nostri fratelli, a Firenze.

Il loro nomi, Diop Mor e Samb Modou, li abbiamo conosciuti attraverso l’agenzia Redattore Sociale che così li ha presentati: vivevano a Firenze da 10 anni e facevano gli ambulanti ai mercati. Molto religiosi, tutti i venerdì andavano alla moschea. Sognavano di tornare in Senegal per regalare alla famiglia una vita più dignitosa.

Tu sai con quanta passione da 6 anni condividiamo la vostra fatica e speranza e come la Casa sul Pozzo sia stata e continui ad essere ogni giorno abitata da giovani vite desiderose di futuro.

In tutti questi anni, anche nella nostra Città, si sono proclamate cose folli e irresponsabili anche da parte di forze politiche, spesso nel silenzio drammatico dei più, sugli immigrati, sui rom, sui diversi.

Un uomo del nostro territorio, che ha interrogato a lungo il grande libro della Bibbia, il Cardinale Gianfranco Ravasi, ha scritto: "Quando uno straniero risiede nel nostro territorio, non deve essere né molestato né oppresso. Lo straniero residente deve essere trattato come il nativo".

Un altro vescovo, Carlo Maria Martini, che ci ha allenato ad alzare lo sguardo , ha posto, tanti anni fa, una domanda inquietante e forte per tutti i territori: qual è la sfida più urgente della nostra civiltà ? Metterei molto semplicemente l’imparare a convivere come diversi pur condividendo lo stesso territorio geografico e sociale e imparare a convivere senza distruggerci (pulizia etnica e tutte le forme affini), senza ghettizzarci  (è l’apartheid e le forme più blande dello stesso atteggiamento), senza disprezzarci, o guardarci in cagnesco e neanche senza solo tollerarci; ma dobbiamo fare di più: vivificandoci e fermentandoci a vicenda,(…) , così che ognuno sia aiutato a rispondere di fronte a Dio della propria chiamata; sia musulmano, sia hindù, sia cristiano. Rispondere di fronte a Dio, alla propria chiamata. . Questo è molto difficile; forse è il problema principale della società di oggi e di domani.

Caro Ass, ti ho riportato questo testo perché per noi ha costituito il punto di partenza per tutto quello che è venuto dopo attraverso la Casa sul Pozzo e il progetto Crossing. Oggi ti scrivo in amicizia chiedendoti di farti interprete presso la tua Comunità senegalese, alla quale ci lega  il dolore per la perdita del giovane amico Mamadou e la compagnia di molti altri giovani, del nostro dolore, della nostra rabbia, della nostra determinazione ad andare avanti.

Domani, venerdì, nel giorno sacro della vostra preghiera, vi penseremo, in solidarietà, davanti a Dio, padre di tutti gli uomini.

 

Un abbraccio da tutti.

Angelo Cupini

 

Per Ass Casset

Presidente Associazione Senegalesi

a tutti gli Immigrati e Cittadini Lecchesi

 

Lecco 15 dicembre 2011

Fonte. Comunità di via Gaggio - Lecco

“Popolo di Firenze, hai tu la Pace?”
Nel 1962, con questa parole il presidente-poeta senegalese Léopold Sédar Senghor apriva, in Palazzo Vecchio, il suo stupendo indirizzo di saluto.
Senghor, invitato a Firenze dal sindaco Giorgio La Pira, esprimeva alla città e al mondo intero il Messaggio dell’Africa-madre dei continenti, connotata dalla volontà implacabile di respingere la barriera dell’assurdo per proclamare la sua fede nell’avvenire di un mondo riconciliato e universalmente fraterno.

C'era anche una pecora con i diciannove tunisini, dei quali sei donne e un bambino, sbarcati a Lampedusa in un'alba di pochi giorni fa. Non si sa se il mite animale fosse stato imbarcato per nutrire il piccolo durante la traversata, come dapprima si è scritto, o solo per ricordo del paese lontano, come avrebbero dichiarato i tunisini. C'è una terza ipotesi che nessuno ha avanzato: che la pecora fosse destinata ad essere immolata nella festa di Eid al-adha, la festa del sacrificio, appunto.

Che orrore umano. Che vuoto politico. Per ricostruire la sua credibilità davanti al suo elettorato, molto confuso dopo le recenti sconfitte alle elezioni amministrative e ai quattro referendum, la Lega Nord, assieme al governo di cui fa parte, rilancia la logica dell'esclusione e della discriminazione, ripristinando le misure che l'Europa aveva dichiarato inammissibili.