Mi sento in dovere di rispondere alle considerazioni di Luigi Manconi pubblicate su Repubblica del 9 marzo che contesta, in buona sostanza, la preoccupazione e il dissenso espressi dall’Anpi sull’invio di armamenti in Ucraina ed insiste sul paragone fra la resistenza italiana e la resistenza ucraina chiedendosi quale sia la differenza tra l’invio di armi ai partigiani da parte degli Alleati e l’invio di armi alla resistenza ucraina dal nostro Paese.
La differenza è molto semplice: mentre gli Alleati erano in guerra da anni col blocco nazifascista, e quindi con la Germania occupante, l’Italia non è in guerra con la Russia. Ciò non cambia di una virgola la legittimità e – aggiungo – la necessità della resistenza ucraina, ma rende questo paragone pericolosissimo perché l’invio di armi in Ucraina potrebbe essere letto come un atto di cobelligeranza.
Qualcuno (non Manconi) potrebbe sostenere che il paragone regge perché di fatto siamo in guerra contro la Russia. Troverei questa, francamente, un’affermazione irresponsabile. La domanda da porsi, nell’ambito degli aiuti da inviare ai resistenti ucraini, è quale sia la linea rossa da non superare, oltre la quale c’è il rischio di un’espansione della guerra. Può essere l’invio di armamenti, perché le sanzioni parlano il linguaggio dell’economia, ma le armi parlano solo il linguaggio della guerra. Ne dobbiamo avere consapevolezza. In sostanza pensiamo che non si possa mettere in pericolo la sicurezza dell’Italia (e dell’Europa).
Devo dire che l’Anpi non è sola in questa ed in altre preoccupazioni, non solo per le opinioni di vari autorevoli commentatori, non solo perché l’Anpi è parte di un ben più grande movimento per la pace, ma anche perché da un recente sondaggio sembra che il 76% degli italiani sia abbastanza o molto d’accordo sul non inviare armi all’Ucraina.
Manconi poi polemizza con coloro che precisano che “Putin non è Hitler”. Putin è il responsabile dell’invasione violenta e sanguinosa di un Paese incommensurabilmente più debole dal punto di vista militare, è portatore di una politica imperiale con vaghe ascendenze zariste; è un autocrate all’interno di un sistema correttamente definito di “democratura” caratterizzato da repressioni, autoritarismi polizieschi e quant’altro. Ma, per favore, non banalizziamo la storia: l’unicità di Hitler consiste non solo nell’aver invaso l’intera Europa, fra cui l’Unione sovietica, ma anche e specialmente nell’essere stato il consapevole responsabile della Shoah, dello sterminio degli oppositori politici, dei prigionieri di guerra, dei rom, dei diversamente abili, delle minoranze religiose, degli omosessuali. Questi paragoni sono francamente propagandistici e fuorvianti.
Citando Recalcati, Manconi afferma che “l’inconscio di una certa sinistra detesta la democrazia”. Può essere, anche se francamente non saprei di chi Manconi stia parlando. So invece per certo che l’inconscio di una certa destra, e spesso anche il conscio, detesta la democrazia e la cosa ci preoccupa al punto che l’asse della nostra discussione congressuale che porteremo a compimento fra due settimane col Congresso nazionale dell’Anpi è esattamente quello della difesa e dell’espansione della democrazia nella preoccupante situazione in cui versa il nostro Paese e l’intera Unione Europea, per la presenza di forze esplicitamente oscurantiste, irrazionalistiche o propriamente nazifasciste e per la presenza di partiti nazionalisti che spesso civettano con tali forze o che ne assumono, in parte o in tutto, la cultura politica.
Manconi infine salva l’urgenza di provare tutte le vie diplomatiche ed aggiunge: “tentato tutto questo, perché mai non dovremmo sostenere anche attraverso la fornitura di armi gli ucraini?”. Per un motivo solare: perché non è stato tentato affatto. La via negoziale è sostanzialmente in mano a Putin e Zelensky, con meritori tentativi diplomatici di Macron e Scholz. Ma non c’è la voce in quanto tale dell’Unione Europea, il cui unico impegno fino ad oggi è stato quello, giusto, di imporre sanzioni e quello, a nostro avviso pericolosissimo, di inviare armi. Biden ha recentemente affermato che o si risolve il dramma ucraino con le sanzioni oppure si va a una guerra molto più ampia. Noi pensiamo che l’avvio di un negoziato con un ruolo positivo anche dell’Unione Europea sia l’unica strada per arrivare alla pace e per sventare il rischio esistente di una guerra ben più ampia.
Conclusione: credo che nel dramma che attraversa oggi l’Ucraina e nel pericolo che scoppi – parliamoci chiaro – la terza guerra mondiale, dovremmo avere cuore caldo e mente fredda, e dovremmo chiedere a tutti il massimo di responsabilità e di ragionevolezza e il minimo di propaganda. Per memoria, ricordo che siamo nell’era atomica. Lo dico a tutti. Lo dico in particolare a Manconi di cui ho sempre avuto stima per il suo impegno per la pace, per diritti umani e per i diritti civili. Ma questa volta no, con serenità e rispetto (che mi auguro sia reciproco) non sono d’accordo.