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Oggi sono rientrati a Taranto gli ultimi volontari che erano partiti con l'ondata di fine settembre delle imbarcazioni dirette a Gaza per rompere il blocco e promuovere un corridoio umanitario via mare.

La loro storia è un po' diversa da quella degli altri volontari e delle altre barche dell'ultima missione, ma ugualmente importante.

La Ghassan Kanafani porta il nome di una delle figure più significative della cultura e della resistenza palestinese: scrittore, giornalista e portavoce del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), assassinato dal Mossad nel 1972.

Il suo nome risuona ancora oggi come un emblema di dignità e lotta per la libertà.

Abbiamo bisogno di voi ora!

La missione umanitaria Music for Peace, partita da Genova per Gaza con 240 tonnellate di aiuti (raccolti grazie a voi), rischia di essere bloccata.

Per chiedere alle istituzioni italiane di far entrare subito il convoglio, basta inviare una mail con oggetto: “Fate entrare il convoglio di Music for Peace

Copiate e incollate nei vostri messaggi il testo che trovate qui sotto e inviatelo a questi indirizzi:

𝐼𝑙 𝑚𝑒𝑐𝑐𝑎𝑛𝑖𝑠𝑚𝑜 𝑝𝑠𝑖𝑐ℎ𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑐ℎ𝑖𝑎𝑣𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑖 𝑑𝑖𝑛𝑖𝑒𝑔ℎ𝑖 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑖 𝑒 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑡𝑖𝑐𝑖 𝑑𝑎𝑣𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑟𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑚𝑎𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑖 𝐺𝑎𝑧𝑎.

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Il rifiuto di nominare il genocidio non è semplice cecità o disinformazione, ma un atto psichico di difesa collettiva: il bisogno di preservare un’immagine di sé “civile” mentre si assiste, in realtà, alla disumanizzazione dell’altro.

No, questo non è un genocidio”

Non può essere vero”

Terra rimossa Ormai legalità per Usa e Israele è una parola vuota. Il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, ha affermato che l’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, è «una filiale di Hamas» e per questo motivo non avrà alcun ruolo nella distribuzione degli aiuti a Gaza

Nel giorno degli ottant’anni delle Nazioni unite Trump e la sua amministrazione hanno dichiarato aperta la guerra all’Onu e al multilateralismo. A farne le spese saranno gli aiuti umanitari a Gaza che Trump vuole trasformare una sorta di protettorato americano in attesa di qualche delirante progetto del tipo Gaza Riviera.

[Sommario] “Il genocidio in atto a Gaza è un crimine collettivo, sostenuto dalla complicità di influenti Stati Terzi che hanno permesso le sistematiche e durature violazioni della legge Internazionale commesse da Israele. Inquadrata in una narrazione coloniale disumanizzante nei confronti dei Palestinesi, questa atrocità trasmessa in diretta è stata facilitata dal sostegno diretto di Stati Terzi, da aiuti materiali, protezione diplomatica e, in alcuni casi, da una partecipazione attiva. Ha fatto emergere pubblicamentel’entità di un divario mai raggiunto prima tra popoli e i loro governi, tradendo quella fiducia sulla quale si fondano la pace e la sicurezza globali.

Ventitré anni di prigione non bastano a spegnere una voce.

Marwan Barghouti, politico, prigioniero e “professore in catene”, è temuto da Netanyahu e da Hamas per lo stesso motivo: parla al popolo come se fosse già libero.

C’è un paradosso che la storia ripete con inquietante regolarità: gli uomini più pericolosi non sono quelli che sparano, ma quelli che spiegano.

Marwan Barghouti appartiene a questa razza rara — quella dei rivoluzionari che hanno più libri che fucili, più idee che milizie.

E proprio per questo, dopo ventitré anni di prigione, Israele non lo libera e Hamas non lo reclama.