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Il riarmo, fino agli inizi degli anni 2.000 , dava il senso di evocazione di sciagure , di distruzione totale ed invece oggi è diventato il punto principale dell’agenda politica, con una cultura guerrafondaia sempre più dominante che modifica il paradigma della civiltà con la ripresa di quelle ipotesi di un futuro di guerra che dopo le esperienze devastanti del novecento sembravano superate in modo definitivo.

Cara Europa,

ti scriviamo per dirti che ti siamo vicini, perché, dopo che hai perduto le tue coordinate, tutti ti strattonano, cercano di farti andare dove non vuoi, a perderti. Nella confusione, sono pure scesi in piazza, per dire le cose più diverse, abbandonandoti intanto a torvi governanti ben vestiti e ben armati, e in sostanza per esaltarti e tradirti. Dicono Europa Europa, e tu non ci sei, perché ti hanno amputato, ti vogliono divisa, hanno bisogno di un nemico, e questo nemico se lo costruiscono dentro l’Europa stessa, è la Russia, che sarebbe una minaccia e un pericolo per il solo fatto di esistere. Biden addirittura diceva che la Russia doveva essere portata alla “condizione di paria”. Qui aveva ragione Trump quando diceva che Biden era stato il peggiore presidente degli Stati Uniti, una democrazia mitizzata come modello di democrazia da esportare per tutti, che vorrebbe far regredire un altro grande Paese alla condizione castale, non solo ultima casta, ma fuori casta, fuori cioè della società, fuori dell’umanità.

Le note divisioni dentro il Pd e tra democratici e resto del centrosinistra a Bruxelles hanno eclissato le ben più rilevanti divisioni della maggioranza. Al Parlamento europeo la risoluzione sul piano Von der Leyen ha ottenuto il sì di Fratelli d'Italia e Forza Italia e il no della Lega: divergenze che presenteranno primo o dopo il conto, in questa fase di estrema fluidità della politica internazionale.

Sulla scena del dibattito europeo ha fatto irruzione negli stessi giorni "una piazza per l'Europa", la manifestazione del 15 marzo nata da un articolo di Michele Serra su Repubblica. Un evento affollato oltre le previsioni, ma che ha messo in luce molte incertezze.

«L'UE è attualmente sotto attacco»: un clima di guerra costruito per giustificare 800 miliardi di investimenti in armi. Senza una difesa comune e a fronte di spese militari già oggi superiori a quelle russe. La reale posta in gioco è il rilancio industriale e la mobilitazione di nuovi capitali per un'economia stagnante.