Camminare insieme su strade diverse
Quando Lorenzo Milani moriva 50 anni fa, alcuni preti e religiosi assieme a cristiani e cittadini attenti ai nuovi fenomeni che attraversavano la società, avevano da poco iniziato ad interrogarsi e ad avviare le prime iniziative di quello che, quindici anni dopo, si sarebbe costituito come Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (C.N.C.A.).
Pur provenendo da differenti territori ed esperienze – tutte radicate territorialmente, a contatto con l’emergente disagio giovanile, non omologate a modelli precostituiti e con forte carica di passione, sperimentazione e condivisione – non ci meravigliò scoprire tra i riferimenti condivisi la figura di don Milani. È stato maestro, da lontano, e compagno di strada in un sentire comune.
Proprio nella profonda consonanza con il suo modo di essere prossimo a persone e contesti del vivere, il CNCA ha poi articolato questa scelta in tante e diverse iniziative, inventando di volta in volta ciò che appariva necessario, facendola così diventare possibile e attuale nelle situazioni emergenti.
Il cuore della questione, il nocciolo profondo è stato questo senso dell'essere prossimi che ha generato:
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i tentativi di ‘fare comunità’ con chi restava indietro o tagliato fuori dai nuovi modelli del vivere che si andavano imponendo;
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il primato dell’incontro con il volto e la storia dell’altro non come categoria, ma come “nome” concreto e unico (“Ho voluto più bene a voi che a Dio”, scrisse don Lorenzo ai suoi ragazzi poco prima di morire1);
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il prendersi cura – “I care” – mettendosi dalla parte di chi è sopraffatto e schiacciato, prendendo e dando parola sui fatti, rifuggendo quindi dalle pieghe delle prese di posizione generiche e dunque innocue;
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la vita comunitaria, l’attenzione alle vicende sociali, alle leggi e alla politica, ma anche il prezzo da pagare in prima persona per ciò in cui si crede;
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l’ammirazione e il sostegno alla pratica dell’obiezione di coscienza al militare, scattate dopo che, nel febbraio 1965, i cappellani militari toscani la definirono pubblicamente “espressione di viltà” “estranea al comandamento cristiano dell’amore”2;
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un modo laico e per nulla perbenista, ma così profondamente evangelico, di vivere tra la gente.
Non abbiamo imitato, né copiato il messaggio di don Lorenzo Milani: non era questo il modo di raccogliere la lezione della scuola di Barbiana. Ci siamo ritrovati e immedesimati, abbiamo riscontrato sintonie, ci siamo stupiti e nutriti di parole e azioni che dicevano molto di ciò che provavamo a vivere e a imbastire da quegli anni in avanti, dentro a un contesto in veloce mutazione sulla pelle dei tanti che incontravamo.
A molte e a molti – noti o sconosciuti – dobbiamo ciò che di meglio abbiamo potuto esprimere in questi decenni. Don Milani, certamente, tra questi compagni di strada è stato per noi un riferimento prezioso e determinante. Certo, unico per quel suo essere un “educatore ferito” (anche dalla “sua” chiesa3) che abbiamo sentito così vicino.
Una buona notizia
È così, come un’autentica buona notizia, che abbiamo accolto le parole del Vescovo di Roma su don Milani e l’annuncio della sua visita alla tomba di Barbiana il 20 giugno prossimo.
Ci siamo chiesti come questo segno del Papa possa farsi, per la chiesa italiana, gesto responsabile e generatore di novità oggi, affinché l’attenzione che in questi giorni gli viene riservata non rimanga monca nell’assumersi le conseguenze ecclesiali e civili necessarie.
Una richiesta forte
La più importante, oggi, sul piano reale e su quello simbolico, crediamo sia la scelta di portar fuori dalla struttura militare il ruolo e l’azione dei preti impegnati per l’accompagnamento pastorale di chi presta servizio militare. La richiesta rientra nell’ottica di una pastorale vista come prossimità sollecita e libera, testimonianza del primato del Vangelo di Cristo. Solo smilitarizzando i cappellani militari ci pare si inizi a prendere sul serio una delle tante lezioni di don Lorenzo e della sua scuola.
Quella dei cappellani militari, scriveva don Milani, è “una vita che i ragazzi ed io non capiamo”. Da allora, in tanti abbiamo continuato a non capire.
Per questo chiediamo a Lei e alla Conferenza dei vescovi italiani un atto che riteniamo giusto e indifferibile.
“Oggi si compia…”
È tempo di fare in modo che una ferita civile ed ecclesiale diventi feritoia di giustizia e di pace.
1Lorenzo Milani, Lettere di Don Lorenzo Milani Priore di Barbiana, Mondadori, Milano 1970, pag. 284
2Documenti del processo di don Milani, L’obbedienza non è più una virtù, Libreria Editrice Fiorentina, p.7.
3Cfr. video messaggio di papa Francesco a “Tempo di libri”, Milano 23 aprile 2017