Il parere giuridico dell'ASGI sulla vicenda di Bardonecchia: ecco le norme vigenti. "Nell’ordinamento italiano alcun intervento volto a prelevare coattivamente materiale organico di un indagato (anche in materia di omicidio stradale) può avvenire senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria".
In seguito alla richiesta di spiegazioni da parte del Governo italiano, le autorità francesi hanno affermato che i controlli effettuati dagli agenti della Dogana francese nei locali della stazione di Bardonecchia in cui operano i medici di Rainbow4Africa e i mediatori culturali del Comune si sarebbero svolti nel rispetto della normativa vigente.
Le norme europee e gli accordi tra Italia e Francia, intervenuti nel corso degli anni per disciplinare la cooperazione transfrontaliera in materia di polizia e dogana così come le operazioni congiunte di polizia, prevedono che gli agenti francesi possano operare sul territorio italiano, nelle zone di frontiera, ma stabiliscono determinate procedure e specifici limiti e condizioni, che nella vicenda svoltasi venerdì sera sono state palesemente violate.
Secondo le norme vigenti in materia, infatti, tra cui l'Accordo di Chambery del 1997, il Trattato di Prüm del 2005, ratificato e reso esecutivo dall’Italia con legge n. 85/2009, e l’Accordo tra Italia e Francia in materia di cooperazione bilaterale per l'esecuzione di operazioni congiunte di polizia del 2012, ratificato e reso esecutivo con legge n. 215/15, stabiliscono l'istituzione di appositi uffici o punti di contatto così come il distacco di ufficiali dell'altro Stato membro e disciplinano lo svolgimento delle attività congiunte, prevedendo in ogni caso un coordinamento tra le forze di polizia.
In particolare, ai sensi dell’art. 3 dell'Accordo in materia di cooperazione di polizia del 2012, gli agenti francesi che partecipano ai pattugliamenti e alle altre operazioni congiunte di polizia sul territorio italiano devono operare sotto il controllo e, generalmente, in presenza di agenti italiani. Nell’operazione effettuata a Bardonecchia, invece, erano presenti solo agenti della Dogana francese, senza alcun coinvolgimento, nemmeno a livello informativo, delle competenti autorità italiane.
Secondo l'Accordo di Chambery del 1997, i funzionari di collegamento “possono essere associati alle indagini comuni in accordo con le autorità competenti, nel rispetto delle norme di procedura penale di ciascuna delle Parti. [...] Essi possono partecipare, altresì, all'osservazione delle manifestazioni pubbliche di interesse per i propri Uffici di polizia. In nessun caso essi sono competenti per eseguire personalmente misure di polizia”. E, ancora, ai sensi dell'art. 24 del Trattato di Prüm “I funzionari che partecipano ad interventi comuni di altre Parti contraenti sono vincolati alle istruzioni dell’autorità competente dello Stato di accoglienza”.
Sempre il Trattato di Prüm disciplina ipotesi di emergenza in cui i funzionari di una Parte contraente possono attraversare senza una preventiva autorizzazione dell’altra Parte contraente la frontiera comune, ma definisce in modo preciso che si ha una situazione di emergenza quando il fatto di aspettare l’intervento dei funzionari dello Stato di accoglienza rischia di favorire l’insorgenza del pericolo e prevede che in ogni caso i funzionari dello Stato di accoglienza vengano avvisati immediatamente (art. 25).
Un’altra ipotesi di emergenza è prevista dall’art. 41 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 1985, nei casi in cui gli agenti francesi inseguano una persona colta in flagranza di commissione di un reato grave, tra cui il traffico di stupefacenti e, data la particolare urgenza, non possano previamente avvertire le autorità italiane. In tali casi gli agenti francesi sono autorizzati a entrare nel territorio italiano per continuare l'inseguimento, senza autorizzazione preventiva. Non risulta, tuttavia, che nella vicenda accaduta venerdì sera si trattasse dell'inseguimento di una persona colta di flagranza di reato: nel comunicato del Governo francese, infatti, si dichiara che “i doganieri francesi hanno sospettato di trasporto di stupefacenti in corpore un viaggiatore, di nazionalità nigeriana e residente in Italia”, specificando poi che i controlli effettuati hanno dato esito negativo.
Inoltre, lo stesso art. 41 stabilisce che, nel caso di inseguimento transfrontaliero di una persona colta in flagranza di reato, gli agenti impegnati nell'inseguimento sono tenuti ad avvertire le autorità competenti dello Stato nel cui territorio esso avviene, al più tardi al momento dell’attraversamento della frontiera. Non risulta invece che gli agenti della Dogana francese abbiamo avvertito le autorità italiane.
Non solo, essi hanno di fatto proceduto al fermo del cittadino nigeriano sospettato, in violazione della Dichiarazione del Governo della Repubblica italiana relativa alla definizione delle modalità di esercizio del diritto di inseguimento transfrontaliero prevista dall’art. 41, che stabilisce che gli agenti dell’altro Stato non dispongono del diritto di fermo sul territorio italiano, ma sono tenuti a richiedere alle autorità italiane localmente competenti di fermare la persona inseguita per verificarne l'identità o procedere al suo arresto.
L’art. 41 della Convenzione di Schengen, inoltre, vieta agli agenti dell’altro Stato impegnati nell’inseguimento transfrontaliero l'ingresso nei domicili e nei luoghi non accessibili al pubblico. Come chiarito dal Sindaco di Bardonecchia e dal Presidente dell’associazione Rainbow4Africa, i locali della stazione di Bardonecchia in cui è avvenuta l’irruzione non sono aperti al pubblico e l’ingresso degli agenti francesi è avvenuto contro la volontà dei medici che gestivano in quel momento le attività di assistenza. Il Governo italiano ha inoltre chiarito come le Dogane francesi fossero state informate dalle Ferrovie dello Stato italiane che i locali della stazione di Bardonecchia precedentemente accessibili ai loro agenti non lo sono più.
Va infine ricordato come nell’ordinamento italiano alcun intervento volto a prelevare coattivamente materiale organico di un indagato (anche in materia di omicidio stradale) può avvenire senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. L’art. 349 c.p.p. prevede infatti che “se gli accertamenti comportano il prelievo di capelli o saliva e manca il consenso dell'interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, del pubblico ministero”. Gli agenti francesi hanno dunque violato le norme di procedura penale italiane, al cui rispetto sono invece tenuti in base alle norme sopra citate.
Peraltro, il prelievo delle urine serve solo a verificare se una persona ha assunto sostanze stupefacenti, ma non certo per accertarne la detenzione in corpore, essendo tale operazione possibile tramite esami radiologici da effettuarsi necessariamente presso strutture sanitarie attrezzate e non certo nei servizi igienici di una stazione ferroviaria.
La vicenda accaduta a Bardonecchia si inserisce nel quadro di un insieme di comportamenti delle autorità francesi che ha visto anche altre gravissime violazioni di diritti fondamentali, in particolare nei confronti dei minori stranieri non accompagnati, respinti in Italia in violazione delle garanzie previste dalla normativa francese, e di altri soggetti particolarmente vulnerabili quali donne in avanzato stato di gravidanza.
ASGI richiama ancora una volta alla assoluta necessità che la gestione del fenomeno migratorio venga attuata nel più rigoroso rispetto della legalità e delle norme internazionali, europee e nazionali, senza riprodurre anche nei confini interni all’Unione quelle medesime inammissibili compressioni dei diritti delle persone che si stanno verificando in questi mesi ai confini esterni mediante i respingimenti di fatto verso la Libia di coloro che cercano protezione in Europa.
Continueremo ad operare in stretta collaborazione con i medici di Rainbow4Africa, i mediatori culturali, i Comuni di Bardonecchia, Oulx e gli altri Comuni interessati, ilCon.I.S.A..(Consorzio Intercomunale Socio-Assistenziale Valle diSusa)e la Prefettura di Torino, nel supporto e nella tutela dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo che giungono in Val di Susa.
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