100 anni di Satyagraha: la forza della nonviolenza. (Centro Gandhi)
- Accademia Apuana della Pace
- Categoria: Figure significative della nonviolenza
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11 settembre 1906 - 11 settembre 2006
100 anni di Satyagraha
la forza della nonviolenza
Convegno 9 - 10 - 11 settembre 2006
Centro "Regina Mundi"
Calambrone - Pisa
Documento conclusivo redatto dai partecipanti al convegno
100 anni di Satyagraha
la forza della nonviolenza
Convegno 9 - 10 - 11 settembre 2006
Centro "Regina Mundi"
Calambrone - Pisa
Documento conclusivo redatto dai partecipanti al convegno
Gandhi, o della Politica (Corradino Secondino Scalcagnati)
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La proposta gandhiana della nonviolenza di tipo satyagraha costituisce una rottura, una novità storica e culturale, perché è una proposta politica.
Nel corso della storia dell'umanità molte altre e molti altri avevano proposto con maggior o minore chiarezza la nonviolenza come scelta esistenziale, morale, sociale, giuridica: Gandhi ne ha fatto un progetto politico rivoluzionario adeguato alle condizioni del mondo contemporaneo.
Nel corso della storia dell'umanità molte altre e molti altri avevano proposto con maggior o minore chiarezza la nonviolenza come scelta esistenziale, morale, sociale, giuridica: Gandhi ne ha fatto un progetto politico rivoluzionario adeguato alle condizioni del mondo contemporaneo.
Hannah Arendt, I senza patria e noi (Alessandro Dal Lago)
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[Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 ottobre 2006]
Nel 1969, mentre preparavo la tesi di laurea sul pensiero politico di Gramsci, il relatore mi suggerì di "dare un'occhiata" ai libri di Hannah Arendt, usciti negli anni precedenti. Capii ben poco di Vita activa, fui moderatamente interessato da Eichmann a Gerusalemme e liquidai come propaganda Le origini del totalitarismo. Lessi le tre opere come manifestazioni, qua e là interessanti, di un pensiero sostanzialmente conservatore.
Questo era il clima prevalente nella sinistra dell'epoca. Come è noto, in meno di vent'anni il giudizio cambiò. Il tentativo di omologare Hannah Arendt a una riscoperta del platonismo conservatore (Leo Strass, Eric Voegelin) durò lo spazio di qualche convegno accademico. Venne invece alla luce una stratificazione filosofica complessa - un pensiero che partiva da Heidegger per superare l'impoliticità di Sein und Zeit - e soprattutto si scoprì una lucida teoria dell'agire politico che suscitò un certo entusiasmo perfino nel marxismo più innovativo. Prima che sensibilità diverse (letterarie, femministe) accrescessero la varietà delle letture, Vita activa fu per molto tempo il testo centrale per l'interpretazione di quella che era ormai considerata figura centrale del pensiero politico novecentesco.
Nel 1969, mentre preparavo la tesi di laurea sul pensiero politico di Gramsci, il relatore mi suggerì di "dare un'occhiata" ai libri di Hannah Arendt, usciti negli anni precedenti. Capii ben poco di Vita activa, fui moderatamente interessato da Eichmann a Gerusalemme e liquidai come propaganda Le origini del totalitarismo. Lessi le tre opere come manifestazioni, qua e là interessanti, di un pensiero sostanzialmente conservatore.
Questo era il clima prevalente nella sinistra dell'epoca. Come è noto, in meno di vent'anni il giudizio cambiò. Il tentativo di omologare Hannah Arendt a una riscoperta del platonismo conservatore (Leo Strass, Eric Voegelin) durò lo spazio di qualche convegno accademico. Venne invece alla luce una stratificazione filosofica complessa - un pensiero che partiva da Heidegger per superare l'impoliticità di Sein und Zeit - e soprattutto si scoprì una lucida teoria dell'agire politico che suscitò un certo entusiasmo perfino nel marxismo più innovativo. Prima che sensibilità diverse (letterarie, femministe) accrescessero la varietà delle letture, Vita activa fu per molto tempo il testo centrale per l'interpretazione di quella che era ormai considerata figura centrale del pensiero politico novecentesco.
La buona novella di Ivan Illich: il dopo-sviluppo (Serge Latouche)
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Tratto da www.carmillaonline.com - Articolo pubblicato 29 Gennaio 2005
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