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Walid Jumblatt: «Il 7 ottobre è finito il mito dell’invincibilità di Israele. Ora Netanyahu tratti»

Walid Jumblatt è il grande vecchio della politica mediorientale. È stato amico e nemico di tutti. A vent’anni era il golden boy di Beirut con un castello dei crociati come casa di montagna, motociclette e ragazze mitiche. A 28 anni gli uccidono il padre e lui eredita il partito dei drusi. «Non si sceglie il proprio destino» è la sua frase più celebre. Sopravvive a un’autobomba. Kalashnikov alla mano attraversa la guerra civile. E ce la fa. Da qualche mese ha ceduto il Partito socialista progressista al figlio Tamayur.

Jumblatt, l’attacco del 7 ottobre sta cambiando il Medio Oriente? «È presto per dirlo. Di certo ha aperto una guerra che sarà lunga, sanguinosa per palestinesi e israeliani. Il primo risultato è stata la distruzione del mito dell’invincibilità d’Israele. Comunque, le radici di ciò che sta avvenendo sono profonde».

Lei è di appena un anno più giovane di Israele, è quello l’inizio a cui pensa? «Ancora prima, nell’800 quando i primi sionisti si trasferirono qui».

Anche per lei, come per Hamas, Israele non deve esistere? «Molti hanno continuato a dire di voler espellere gli ebrei dal fiume Giordano al mare. Io no. Secondo me Israele dentro i confini del Mandato Britannico del 1948 e uno Stato palestinese in Cisgiordania e Gaza nei confini del 1967 della Risoluzione Onu 242, sarebbero la soluzione corretta. Poi c’è Gerusalemme».

Altro nodo soffocante. «Solo se non si affronta. De Gaulle, un grand’uomo, nel novembre 1967 chiese il ritiro di Israele dai territori occupati e l’internazionalizzazione di Gerusalemme. Chiaro che altrimenti la guerra continua. Dove sono i Craxi, gli Andreotti, i Berlinguer che sapevano ascoltare tutti e mediare?».

Sia Hamas a Gaza sia Hezbollah qui in Libano sostengono che l’Iran non abbia partecipato al 7 ottobre. «Non è rilevante. Mi dica quale movimento di liberazione nel mondo non cerca assistenza dall’estero. L’Fln in Algeria ha chiesto all’Egitto di Nasser, Mandela in Sudafrica all’Urss, l’Ira irlandese, l’Eta basca… tutti hanno cercato aiuti. Piuttosto c’è da chiedersi perché i palestinesi che sono al 70% sunniti non hanno trovato sponde arabe e si sono dovuti rivolgere all’Iran?».

Paragonare Hamas a Mandela è provocazione o offesa? «Mandela veniva definito terrorista. Come Arafat con cui poi hanno firmato accordi. Dipende sempre da chi vince».

Quindi il terrorismo è cosa buona e giusta? «Non ho detto questo. Dico: dategli un’alternativa. Dategli un cessate il fuoco e poi trattate. Magari gli ostaggi saranno rilasciati in cambio dei palestinesi in prigione. Se Netanyahu non lo fa significa che vuole continuare a uccidere civili e bambini con la scusa di Hamas. È morale questa sua violenza?».

Israele dice che prima di tutto deve sradicare Hamas. «Possono distruggere Gaza, cosa che in gran parte è già fatta, uccidere i leader principali di Hamas, ma non l’idea, non un’intera nazione. Se non si chiamerà Hamas, sarà qualcosa d’altro a chiedere il diritto di vivere dignitosamente e liberi».

La guerra si allargherà al Libano? «Nasrallah, il leader di Hezbollah, vuole mantenere questo livello di attrito per tenere impegnate le forze israeliane e aiutare così i palestinesi. Non sappiamo cosa vogliano fare gli israeliani o gli Usa che hanno piazzato davanti alle nostre coste la più potente “Armada” dai tempi della Seconda guerra mondiale. Dicono deterrenza nei confronti dell’Iran, ma chi lo sa? Noi dobbiamo essere pronti».

Fonte Correre della Sera del 10/11/2023