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Lettere al presidente del Consiglio inviate da Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani"

Pubblichiamo i testi di tre lettere inviate dal responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" al presidente del Consiglio dei ministri in queste ultime settimane dopo il massacro di Parigi per invitarlo a non agire stoltamente secondo la volontà dei terroristi stragisti, ed a scegliere invece di percorrere la via della pace e dei diritti umani, della legalità e della democrazia, della nonviolenza che a tutti i crimini si oppone e salva le vite.

Lettera del 16 novembre 2015

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

il moltiplicarsi e l'estendersi delle abominevoli stragi compiute dalle organizzazioni terroriste tragicamente dimostra l'assoluta necessità ed urgenza di strategie di contrasto adeguate ed efficaci. Strategie di contrasto che non ripetano gli sciagurati errori che hanno consentito e fin favoreggiato la nascita e la crescita delle organizzazioni terroriste.

Alcuni dati di fatto

Credo che alcuni dati di fatto siano ormai evidenti a chiunque:- le guerre che hanno devastato e destrutturato alcuni stati - dalla prima guerra del Golfo ad oggi - hanno creato le condizioni per l'affermarsi, l'estendersi e il radicarsi di organizzazioni criminali di inaudita ferocia;- i bombardamenti a tappeto che diversi stati eseguono da anni senza soluzione di continuità sui territori e sulle popolazioni cui l'Isis ha imposto la sua dominazione schiavista, terrorista e genocida non solo non hanno sconfitto l'organizzazione criminale, ma ne hanno rafforzato la propaganda;- i governi di alcuni paesi democratici continuano sciaguratamente ad essere complici e protettori di regimi e potentati che in vario modo sostengono - finanziandole ed armandole, e finanche fiancheggiandole militarmente - le organizzazioni terroriste;- pensare di contrastare il terrorismo con la guerra è una triplice assurdità: in primo luogo perché la guerra è essa stessa terrorismo e stragismo portati all'estremo; in secondo luogo perché aggiungendo stragi a stragi essa favorisce la propaganda e il reclutamento da parte delle organizzazioni terroriste; in terzo luogo perché con essa gli stati stessi divengono organizzazioni terroriste e stragiste.

Alcune cose che occorre fare

Che fare dunque per far cessare i massacri, per recare soccorso agli innocenti, per arrestare i criminali?

Alcune cose sono talmente evidenti che è fin troppo facile elencarle:- occorre far cessare la guerra in Siria, ed a tal fine occorre promuovere un accordo tra il governo di Damasco e tutte le opposizioni - civili e militari - disponibili a una trattativa che miri a ripristinare un ordinamento giuridico statuale sull'intero territorio ed a realizzare uno stato di diritto, democratico e rispettoso dei diritti umani;- occorre far cessare il caos negli altri paesi in cui regimi e milizie si fronteggiano nella destrutturazione degli ordinamenti giuridici inabissandosi nella barbarie, ed a tal fine occorrono adeguati interventi diplomatici, politici ed economici, forti azioni umanitarie di soccorso alle popolazioni e di ricostruzione delle infrastrutture civili, rilevante presenza di corpi civili di pace, un'opera di disarmo generalizzato;- occorre far cessare il traffico di armi: meno armi sono disponibili, più vite umane si salvano; meno armi sono disponibili, più i conflitti si smilitarizzano e si civilizzano; meno armi sono disponibili, più cresce il rispetto della dignità umana, la fiducia nei rapporti sociali, la democrazia;- occorre far cessare tutti gli interventi di carattere bellico per poter avviare un'azione di polizia contro i criminali assassini: guerra ed azione di polizia (anche internazionale) sono incompatibili;- occorre che i criminali assassini appartenenti alle organizzazioni terroriste siano catturati, processati e condannati secondo gli standard legali internazionalmente accettati, nel rispetto dei diritti umani inerenti ad ogni essere umano.

Non sono cose facili, la situazione è complessa e resa assai instabile da molti fattori e molte dinamiche, non esistono soluzioni semplici ed immediate, ma proprio per questo occorre iniziare subito ad operare nella giusta direzione: la direzione della pace e dei diritti umani, del salvare le vite come primo dovere comune dell'umanità intera.

La scelta di fondo

Non mi nascondo e non le nascondo che in queste proposte e in questo ragionamento sono implicate scelte etiche e politiche, necessariamente concrete e coerenti, assai impegnative, ed a mio parere assolutamente ineludibili: in primo luogo l'urgente necessità del disarmo e della smilitarizzazione dei conflitti e delle relazioni a livello globale (con le sue ovvie conseguenze: lo scioglimento delle alleanze militari belligene; la progressiva e drastica riduzione delle spese militari ed il connesso trasferimento delle risorse verso strutture e interventi di pace e di solidarietà - la difesa civile non armata e nonviolenta, i corpi civili di pace, l'azione umanitaria, la cooperazione internazionale...).

Per dirla in breve: scegliere la nonviolenza come unica politica adeguata.

Alla nonviolenza infatti ci invitano le menti e le esperienze più luminoso del nostro tempo.

Ed alla nonviolenza ci invita il filo conduttore, la "corrente calda", della Costituzione della Repubblica Italiana quando nei suoi "principii fondamentali" vincola lo stato italiano alla difesa dei diritti umani, all'accoglienza delle persone oppresse, al ripudio della guerra.

Lei che ha studiato la figura e l'opera di Giorgio La Pira, che proviene da quella Firenze in cui assai vivo è tuttora il magistero di Ernesto Balducci e di Lorenzo Milani e di tante altre insigni figure di educatori alla pace, e che ha espresso vivo consenso all'impegno di pace dell'attuale pontefice cattolico, ha l'opportunità in virtù del suo rilevante incarico pubblico - ed alla luce di un profondo esame di coscienza - di dare una svolta alla politica italiana nello scenario internazionale scegliendo finalmente la pace e la nonviolenza, adoperandosi quindi per il bene comune dell'umanità in un mondo ormai unificato.

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

è evidente che non è possibile nelle poche righe di una lettera aperta svolgere le articolate argomentazioni che alle brevi conclusioni sopra esposte mettono capo.

E tuttavia mi sembrava utile proporle queste essenziali riflessioni e - se me lo consente - questi sinceri consigli.

Come molte persone (e vorrei dire, se non suonasse retorico: come tutte le persone coscienti della gravità della situazione in cui oggi si trova l'umanità) sono assai preoccupato delle scelte e dei proclami di alcuni ministri italiani che in questi giorni e mesi hanno detto cose davvero non meditate ed in flagrante conflitto con la legge fondamentale del nostro stato; e sono ancor più angustiato dal fatto che il nostro paese continua a partecipare a inammissibili guerre, continua a rifornire di armi regimi belligeranti e violatori dei diritti umani, continua a far parte di alleanze militari responsabili di crimini gravissimi; continua a sperperare risorse ingentissime a fini di morte (in ultima analisi a questo servono le spese militari: ad alimentare un apparato il cui fine ultimo è fare la guerra, che sempre e solo consiste dell'uccisione di esseri umani).

L'Italia è una democrazia. Esiste lo strumento del voto. Ed esiste anche lo strumento della franca parola, della libera discussione, dell'azione civile, del buon esempio.

Glielo dico sinceramente: ben poco, o quasi nulla, di ciò che sta facendo il suo governo condivido; ma se il suo governo decidesse finalmente di inaugurare una politica di pace, di disarmo, di smilitarizzazione, di nonviolenza, una politica concretamente e coerentemente orientata a salvare le vite invece di sopprimerle, ebbene, apprezzerei e sosterrei queste iniziative nonviolente di pace con tutto il cuore.

Ogni vittima ha il volto di Abele. Salvare le vite è il primo dovere.

La civiltà umana è sull'orlo dell'abisso. Solo la nonviolenza può salvare l'umanità dalla catastrofe.

Ringraziandola per l'attenzione, voglia gradire distinti saluti.

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani"

Viterbo, 16 novembre 2015



Lettera del 3 dicembre 2015

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

se volessimo vedere quel che ai nostri occhi appare, saremmo ben in grado di capire che per contrastare e sconfiggere il terrorismo globale dell'Isis la guerra aerea attuale che provoca ulteriori stragi e devastazioni è peggio che inutile, e che in primo luogo occorrerebbe promuovere la pace in Siria e in Libia (e non solo) ricostituendo la sovranità territoriale e le articolazioni amministrative, le strutture e le funzioni essenziali, di un ordinamento giuridico non totalitario, ovvero la presenza degli stati che le guerre euroamericane hanno destrutturato scommettendo sul fatto che il caos e la barbarie fossero giovevoli ai disegni economici e politici dei governi occidentali (e naturalmente è avvenuto quel che sempre avviene quando si allevano mostri). Mi sembra che di questo anche lei sia consapevole.

Per contrastare il terrorismo globale dell'Isis occorre un'operazione di polizia internazionale guidata dall'Onu, ma perché essa possa darsi è prerequisito essenziale che l'alleanza euroamericana cessi di fare la guerra, di commettere stragi, di eseguire e alimentare crimini contro l'umanità, di agire come dittature imperiali terroriste e di favoreggiare altri regimi e poteri criminali dittatoriali e terroristi. Mi sembra che anche di questo lei sia consapevole.

Se volessimo vedere quel che ai nostri occhi appare, saremmo ben in grado di capire che l'Isis esiste innanzitutto grazie al primario sostegno della Turchia e dell'Arabia Saudita.

È la Turchia che offre al territorio controllato dall'Isis l'unico canale reale e sostanziale di approvvigionamento e di scambio di merci: il confine con la Turchia è l'unica via aperta di ingresso e di uscita per e dai territori che l'Isis controlla, l'unica effettiva via di transito di tutti i rifornimenti materiali e di tutti i membri dell'organizzazione terrorista.

Ed è in Arabia Saudita che è già al potere il regime totalitario e schiavista che i terroristi dell'Isis impongono nei territori che controllano, il modello di società cui si ispirano.

Per contrastare il terrorismo globale dell'Isis occorre contrastare con adeguati strumenti diplomatici, politici ed economici i regimi e le politiche al potere in Turchia e in Arabia Saudita, che del terrorismo dell'Isis sono gli evidentissimi complici e protettori, finanziatori e ispiratori.

A questo impegno vorrei esortarla.

Se volessimo vedere quel che ai nostri occhi appare, saremmo ben in grado di capire che per contrastare il terrorismo occorre innanzitutto disarmare tutti gli assassini, e per disarmare realmente tutti gli assassini occorre cessare di produrre e di mettere in circolazione le armi con cui si realizzano le stragi e si sostengono le dittature, le mafie, tutti i poteri e gli apparati uccisori.

A questo impegno vorrei esortarla.

Se volessimo vedere quel che ai nostri occhi appare, saremmo ben in grado di capire che il terrorismo si contrasta con la pace e la democrazia, con gli aiuti umanitari per salvare tutte le vittime, con un'operazione di polizia che è l'esatto contrario della guerra, con il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, con politiche nonviolente che abbiano come fine primario il bene comune dell'umanità.

A questo impegno vorrei esortarla.

Se aprissimo gli occhi vedremmo che ogni vittima ha il volto di Abele.

Se aprissimo gli occhi vedremmo che solo la nonviolenza può salvare l'umanità.

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

l'Italia revochi immediatamente le forniture militari ai regimi dittatoriali, belligeranti e complici del terrorismo come l'Arabia Saudita.

L'Italia si adoperi nell'Unione Europea per un'immediata, concreta, efficace azione comune affinché il governo della Turchia desista dalla sua attuale politica violatrice dei diritti umani e complice del terrorismo.

L'Italia cessi di partecipare alle guerre ed alle coalizioni che guerre e stragi preparano, fomentano, alimentano, commettono.

L'Italia soccorra, accolga ed assista tutte le vittime in fuga dalle guerre e dalle dittature, dalla fame e dalle devastazioni, ed abolisca quindi immediatamente le sciagurate misure razziste attualmente vigenti nel nostro paese.

Ogni vita umana è un valore infinito. Non esistono guerre giuste. Salvare le vite è il primo dovere di ogni persona, di ogni organizzazione sociale, di ogni ordinamento giuridico.

Forte del dettato, del mandato della Costituzione della Repubblica italiana, si opponga coerentemente e concretamente alla guerra, alle stragi, al terrore: con la scelta della pace, con la forza della democrazia, con il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, con il riconoscimento dei diritti di tutti gli esseri umani, con la politica necessaria e urgente per l'umanità intera: la politica della nonviolenza.

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

in questi giorni lei ha più volte espresso la convinzione che occorre opporsi alla barbarie promuovendo la cultura (in primo luogo il diritto universale all'istruzione, in primo luogo la difesa dei diritti delle bambine e dei bambini); che occorre opporsi al terrore promuovendo il rispetto della vita, della dignità e dei diritti di tutti gli esseri umani; che la guerra e le stragi di cui essa consiste non sono mai la via giusta; che occorre operare per la pace, la democrazia, la giustizia sociale, la legalità che salva le vite. Questo sentire è certamente condiviso da ogni persona sollecita del pubblico bene.

Ma tragicamente l'azione reale del governo da lei presieduto non è ancora ispirata a questi giusti convincimenti, ed anzi per più versi li viola orribilmente.

Renda coerenti il suo dire e il suo fare. Impegni il suo governo ad agire con gli occhi aperti. Collochi l'Italia dalla parte della pace, dalla parte delle vittime, dalla parte dell'umanità.

Ringraziandola per l'attenzione, distinti saluti ed auguri di ogni bene.

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani"

 


Lettera del 18 dicembre 2015

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

receda immediatamente dalla decisione dell'invio di truppe italiane alla diga di Mosul, decisione le cui conseguenze possono essere funeste e fin catastrofiche.

Non commetta l'errore più grave dell'intera sua vita.

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

nelle scorse settimane, mentre alcuni suoi ministri deliravano, lei è apparso essere consapevole degli enormi rischi che una ulteriore escalation dell'intervento bellico euroamericano nel Vicino e nel Medio Oriente avrebbe comportato, con l'esito sia di un'ulteriore estensione delle stragi colà, sia di una ulteriore espansione del terrorismo su scala planetaria. In queste settimane lei è apparso essere consapevole dei risultati disastrosi delle guerre cui dagli anni Novanta l'Italia ha partecipato (violando la sua stessa legge fondamentale), ed ha più volte ricordato la guerra libica del 2011 come esempio di tragico errore da non ripetere.

Ebbene, la decisione di inviare 450 soldati italiani alla diga di Mosul contraddice la prudenza e la ragionevolezza che informavano quelle sue precedenti dichiarazioni.

Questa decisione di dispiegare truppe italiane sul terreno, nel cuore del conflitto in corso nell'area tra Iraq e Siria che - destrutturati gli ordinamenti giuridici di quei paesi dalle guerre euroamericane degli scorsi decenni - è divenuta base territoriale dell'organizzazione terrorista e schiavista dell'Isis,  può avere conseguenze tremende.

Una presenza militare italiana alla diga di Mosul renderà sia quel luogo e le persone lì schierate, sia l'Italia intera, un primario bersaglio dell'azione stragista dell'organizzazione terroristica.

Come chiunque, immagino facilmente le pressioni che possono avere indotto il suo governo a questa stoltissima e sciaguratissima decisione; ma voglio sperare che lei abbia sufficiente buon senso per capire che deve revocarla immediatamente.

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

l'Italia ha già dato un enorme, scellerato contributo al trionfo dello stragismo e del terrorismo (tanto dei poteri dichiaratamente criminali, quanto degli stati) con la partecipazione alle guerre del Golfo, alla guerra dei Balcani, alla guerra afgana, alla guerra libica; con la fornitura di armi a regimi assassini; con la partecipazione a coalizioni internazionali e organizzazioni armate responsabili di crimini di guerra e contro l'umanità; con l'abominevole politica razzista che impedendo l'ingresso legale a chi fugge da fame e guerre e dittature ha provocato l'immane strage nel Mediterraneo; con lo sperpero di risorse ingentissime per le spese militari costitutivamente finalizzate alla preparazione ed all'esecuzione della guerra e delle uccisioni di cui essa consiste. L'Italia ha molto da farsi perdonare dai popoli del sud del mondo, di tante stragi è corresponsabile.

In relazione alla Libia l'Italia sembra ora finalmente seguire una politica ragionevole: di azione diplomatica orientata a far cessare i conflitti e le stragi, a promuovere dialogo e legalità, a salvare le vite e a contrastare il potere delle organizzazioni criminali attraverso la ricostruzione di un ordinamento giuridico che si impegni nella direzione del rispetto e della promozione dei diritti di tutti; perché non seguire la stessa politica ragionevole anche in relazione all'Iraq e alla Siria?

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

due sono le dighe di cui deve tener conto nel valutare la situazione.

Vi è una diga a Mosul da mettere in sicurezza, ma la presenza di soldati italiani ottiene proprio l'effetto contrario.

E vi è una diga in Italia e in Europa: la diga della civiltà che si oppone all'irruzione della barbarie, del razzismo e del fascismo. Che possa l'ordinamento giuridico costituzionale e democratico italiano resistere a chi vuole trasformarci in mostri, a chi vuole renderci ad un tempo vittime e ausiliari delle sua apocalittica brama di sterminio.

Receda da quella sconsiderata decisione ed impegni piuttosto il nostro paese anche in quell'area ad un'azione diplomatica come quella dispiegata in Libia.

Lei sa che l'azione di polizia necessaria contro i terroristi dell'Isis sarà resa possibile solo dalla fine della guerra in corso, ovvero solo dalla fine della destrutturazione dell'Iraq e della Siria con la ricostituzione in entrambi i paesi di un ordinamento giuridico che si impegni alla ricostruzione dei servizi, delle infrastrutture e dell'amministrazione nella legalità, nella direzione della democrazia e del rispetto dei diritti umani. A tal fine occorre promuovere il dialogo, occorre recare aiuti umanitari, occorre sostenere le esperienze nonviolente di convivenza e di solidarietà, occorre tagliare ai terroristi le fonti di finanziamento, di armamento, di reclutamento - innanzitutto costringendo i governi loro complici (in primo luogo la Turchia e l'Arabia Saudita, il Kuwait e il Qatar) a recedere dalla loro criminale politica.

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

tragga ispirazione dalla memoria di Giorgio La Pira, faccia della nonviolenza la vera, grande, necessaria, urgente trasformazione - evoluzione, progresso - di cui la politica, non solo italiana ma dell'umanità intera, ha assoluto bisogno.

Voglia gradire distinti saluti,

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani"

Viterbo, 18 dicembre 2015,