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Nonviolenza e politica (Lidia Menapace)

da "La nonviolenza è in cammino", n. 1299 del 18 maggio 2006

Contro il riduzionismo, la preziosa ricchezza della molteplicità.
Sono d'accordo con chi ha detto che dobbiamo applicare il metodo del consenso per prendere le decisioni, ma questo non per raggiungere unità forzate o sintesi omologatrici: io sono contrarissima a questi termini, che in ambito sociale e politico recano una pretesa per così dire "monoteista", ed impongono una uniformizzazione da cui io resto sempre fuori.
Naturalmente anche un generico pluralismo è un'altra trappola: perché non è assolutamente detto, ad esempio, che un paese dove ci sono otto partiti sia più democratica di uno dove ce ne sono quattro. Il problema sta nel fatto di stabilire nel partito l'unica forma della politica, mentre invece bisogna avere a cuore una molteplicità di forme.
Ad esempio i movimenti non sono, come dice qualcuno, "pre-politica": bensì sono altre forme della politica.
In una società complessa come la nostra non è più possibile avere una sola forma che interpreta la società, ed è necessario che i soggetti si organizzino secondo le proprie caratteristiche; la sfida, a mio parere, è quella di riuscire a gestire la molteplicità lasciandola molteplice, e non cedere al riduzionismo.

Breve un elogio della buona lentezza
Io sento molto forte l'urgenza di fare qualcosa per cambiare le cose per come stanno andando, ma al tempo stesso so che quando c'è un'urgenza bisogna essere lenti.
Ciò di cui avremmo più bisogno sarebbe distendere in un tempo ristretto un ragionamento calmo. Per esempio, noi donne elette in parlamento, che siamo riunite in un comitato, siamo state già sorpassate dalle decisioni che sono state prese rapidamente da quelli che si sono subito insediati perché sono attaccati al loro potere.
Per non parlare della possibilità di portare in parlamento le rivendicazioni come quelle ad esempio venute fuori in una giornata come quella di oggi. Arriva sempre tutto troppo tardi. E ci ritroviamo a fare i giochi di risulta.
Mentre invece ciò che più servirebbe è avere la forza di dire: "no, fermiamoci un momento, più che di andare veloce adesso serve mantenere una relazione molto fervida tra rappresentanze e rappresentati/e".
Bisogna fermare il vorticoso moto della politica, rallentare i tempi per fare spazio alla democrazia, perché altrimenti ci troviamo sempre di fronte al fatto che altri, che certo avevano la legittimità di farlo, hanno preso le decisioni...

Movimenti, forma-partito e limpida un'apologia dell'infedeltà ad ogni atteggiamento omertoso
Sulla necessità che i movimenti si autosostengano io ho un atteggiamento per così dire di dialettica, ciò che mi sembra più importante è non rimanere sempre in una posizione marginale o peggio sacrificale, una nobile testimonianza che forse passerà alla storia, ma non la modifica...
I movimenti dovrebbero chiedere un'interlocuzione alla pari con i partiti.
Ad esempio, è stato detto che il programma dell'Unione è stato scritto con il metodo del consenso, ma è necessario che i movimenti facciano chiarezza sulle proprie posizioni, anche facendo forza perché emergano in maniera chiara.
Soprattutto è necessario superare un linguaggio troppo generico. Non basta dire "superamento di una determinata legge", è necessario anche specificare che cosa si intende per "superamento", che per alcuni può essere andare avanti, per altri tornare indietro.
Rispetto al partito nelle cui liste sono stata eletta come indipendente, ho intenzione di mantenere un atteggiamento che definirei "laico", e rispetto a scelte non nitide o non accettabili sono disposta a fare cose come spionaggi, infedeltà; non ho nessun problema da questo punto di vista dal momento che le infedeltà che si pongono a mio carico sono assolutamente senza numero. Del resto io non credo più di tanto a questa forma politica straordinariamente rispettabile-rispettata che ha finito la sua storia, e che comunque continua a mantenere un grande potere, che si chiama il partito.

Quel che è mancato.
Di Attila, del linguaggio della violenza, del nascere e del femminismo Se devo dire che cosa mi manca in questa giornata: si è accennato al '68, all'ecologismo, a molte altre buone cose, ma il femminismo a molti non esce di bocca neanche sotto tortura, eppure qualsiasi discorso non può essere fatto senza anche questo elemento che è stato, ed è, una cosa grandiosa; forse inquietante, perché mette in gioco le certezze più profonde di chi ha gestito tutto al mondo fino a ieri mattina, e che ha dalla sua la gloria, la storia, il potere, tutto.
Non per niente tutto quello che fa il padre si studia a scuola, mentre niente si sa di ciò che fa la madre. Anche solo come si mettono al mondo i bambini... eh, non si raccontano queste cose... Attila sì, ma come si nasce no! Un modo di osservare il reale che fa già partire inosservate più di metà delle persone che compongono la specie umana. Un pensiero politico che non includa ciò che è il femminismo, e non si aggiorni (perché il femminismo non è mica lo stesso sempre, e inoltre i femminismi sono tanti), è un discorso incompleto e sostanzialmente violento.
Anche solo dal punto di vista del linguaggio non inclusivo, il fatto di dire uomo per intendere l'essere umano comporta un genocidio simbolico di natura violenta.

Ci sono più cose tra cielo e terra...
Poi volevo dire qualcosa a proposito del lamentarsi.
È possibile lamentarsi della mancanza di movimenti e non accorgersi che c'è stato "usciamo dal silenzio" e "144 parole di libertà", entrambi confluiti nel "no vat"? C'è un grande movimento laico, che è nuovo: come hanno detto le donne di Napoli "la laicità tradizionale non ci basta".
Si può parlare della miserabilità della politica siciliana e non fare il nome della novità grande e luminosa di Rita Borsellino? È importante accorgerci di ciò che c'è. Io lamento questa cecità, questa frequente incapacità di leggere il reale nella sua complessità: per questo vedo male l'unità e la sintesi perché sono sempre movimenti riduzionistici.
Noi invece abbiamo bisogno di una straordinaria capacità di leggere la complessità e di non ridurla.

Vincere il referendum costituzionale per respingere il disegno golpista .
Luhmann ha scoperto la complessità, ma le ricette che Luhmann ha formulato, in quanto uomo del corporativismo tedesco, sono insufficienti: tutti i movimenti vanno bene, basta che non abbiano un disegno generale, poi sopra ci metti un bel governo con un esecutivo forte, il presidente eletto dal popolo...
Come avviene con quell'assurda legge di riforma costituzionale contro cui andremo a votare al referendum di giugno in difesa della Costituzione della Repubblica Italiana; una legge che se venisse ratificata distruggerebbe fondamentali elementi di democrazia del nostro ordinamento giuridico: ad esempio, ditemi voi quale parlamento voterebbe contro il presidente del consiglio - anzi "capo del governo", come recita il testo del progetto costituzionale berlusconiano - che lo potrebbe sciogliere?

Politica e cultura: la preziosa qualità dei movimenti di base
Sui movimenti di base come forma politica: i vari movimenti dovrebbero contaminarsi tra di loro utilizzando meno l'aspetto populista, l'unità di popolo, e più i contenuti di cultura politica che recano, perchà la cosa nuova di questi movimenti (quelli contro la Tav in Val di Susa o simili) è che hanno compiuto una crescita culturale straordinaria ed hanno elementi di conoscenza della realtà, di collocazione nel tempo, di attualità: sono assolutamente movimenti presenti, e questo ha una grande importanza.

Dalle tessere musive all'ologramma: la parte, il tutto, la libertà, il rischio, i compiti dell'ora e sorridente una chiusa.
Mi premeva di trasmettere l'idea che siamo a uno dei tanti punti di svolta...
I movimenti non hanno più la forma del mosaico, in cui qualcuno ha fatto il disegno e poi colloca gli altri nei posti delle varie tessere del mosaico. I movimenti oggi sono olistici, in un piccolo pezzo di realtà leggono tutto il reale e questo stabilisce un'altra forma della conoscenza politica e delle relazioni, naturalmente però ti priva del fatto che qualcuno abbia fatto prima il disegno generale.
Risulta una cosa più affascinante, più avventurosa, più libera se si vuole, ma anche c'è il rischio che così ci si arrocchi, non si abbia più la capacità di mettersi in comunicazione con gli altri.
Io credo che all'interno del movimento ci si debba preoccupare di più di questo genere di problematiche.
Ed occuparsi più del presente, questo presente così complesso che ci sfugge sotto i piedi e che se non lo analizziamo per tempo, e non troviamo il modo di affrontarlo, ci travolgerà.
A me forse no, perché me ne andrò prima...