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Si chiama razzismo (Buratti Gino)

Pubblicato su "Notizie minime della nonviolenza, n. 734" del 17 febbraio 2009
Leggo dal dizionario Garzanti la definizione di razzismo: "tendenza a considerare la razza come fattore determinante dello sviluppo di una società e quindi ad evitare mescolanze con altri popoli, considerati razza inferiore, mediante la discriminazione".
Mi appare abbastanza evidentemente come certa cultura prevalente, che si traduce in norma, con alcuni articoli previsti nel  DDL 733 votato al Senato lo scorso 5 febbraio, rispecchi bene questa definizione.
Esiste una carta dei diritti dell'uomo, sottoscritta proprio perché esistono "diritti" che non possono essere legati al "cittadino", ma alla persona, a prescindere dalla nazionalità e dal luogo dove si trova: il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia (art. 25 della Dichiarazione dei Diritti dell'uomo).
La nostra Carta Costituzionale, che qualcuno vorrebbe cambiare, dice esplicitamente che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività.
Anche in questo caso non si parla di "cittadino", bensì di individuo, di persona...

La prima impressione, leggendo il testo del decreto e ascoltando le dichiarazioni di alcuni politici, è che ormai è passata l'idea che il termine immigrato debba essere prima di tutto collegato ad un problema di ordine pubblico e, pertanto, che debbano, in qualche modo, essere ostacolati i flussi migratori.

Pensiamo all'allungamento del tempo previsti per dare una risposta sui ricongiungimenti familiari, alle decisioni sulle espulsioni assegnate semplicemente al Questore, all'aumento delle tasse, come se non fosse chiaro il contesto di "privazione" da cui proviene la stragrande maggioranza degli immigrati.

Non finanziamo politiche sociali, che intervengano sulla marginalità che è l'humus sul quale cresce la devianza e la microcriminalità, né politiche di accoglienza e integrazione, ma provvediamo semplicemente ad adottare strumenti crudeli semplicemente di ordine pubblico, tra i quali quello più odioso, perché va a violare la dignità delle persone, negando l'assistenza sanitaria agli immigrati non in regola (detesto la parola clandestino), a meno che non vogliano correre il rischio di poter essere denunciati.
In tal senso non basta a cancellare questa norma odiosa e razzista il fatto che gli operatori sanitari si rifiuteranno individualmente a denunciare gli stranieri non in regola, perché nessun immigrato avrà mai la certezza di non trovarsi di fronte un operatore ligio alla volontà del governo.
E' necessario abrogare questa norma, ed è necessario farlo sollevando il dubbio di costituzionalità e con l'intervento legislativo delle regioni che vada a contrastare questa possibilità.
Forse, ma non sono un esperto, varrebbe la pena valutare se gli Ordini dei medici e degli infermieri possano "radiare" un operatore sanitario che viola così palesemente il codice deontologico.

Questa legge e le troppe parole urlate sono coerenti con il disegno culturale di questo governo di ampliare questa cultura di rifiuto dello straniero, in modo da assuefarci a provvedimenti sempre più restrittivi e contro i diritti umani.
Servono a poco le indignazioni ipocrite dinanzi a qualche straniero che viene messo a fuoco: non è semplicemente un problema di assenza di valori rispetto alla vita, è qualcosa di molto più profondamente perverso, perché tale assenza di valori si manifesta generalmente contro lo straniero o il diverso.
Hanno seminato disprezzo, odio e rifiuto del diverso... ora ecco quello che tutti noi raccogliamo.
Ieri sera ero in una pizzeria e "ho dovuto" ascoltare il telegiornale delle 19.30 di Canale 5: un susseguirsi di servizi, per quasi un quarto d'ora, tutti concentrati sugli "immigrati" che hanno violentato delle ragazze.
Non un servizio su tutti le violenze accadute in quei giorni, chissà quante altre ce ne sono state compiute da italiani... ma solo su quelle tre compiute da stranieri.
Il soggetto di quei servizi non è la vittima e l'odioso reato di violenza, ma semplicemente l'immigrato, il rom, lo zingaro...
Sentivo i clienti presenti accanto a me invocare la pena di morte, invocare la cacciata degli stranieri... esprimevano non la rabbia per una violenza, ma la rabbia per il fatto che gli autori erano stranieri.
Una ubriacatura di odio messa a disposizione da una delle televisioni del premier, così come fanno quasi tutti gli altri canali nazionali.
Questa è la cultura che certa politica e certa cultura alimenta.
Questa è la cultura che alcuni media alimentano, in un circolo vizioso nel quale l'odio e la rabbia crescono in questa melma putrida che certa politica e certa informazione sparge.
Dobbiamo rompere questo circolo vizioso e lo possiamo solo fare mettendo la persona, a prescindere dalla nazionalità, dal sesso, dalla fede religiosa, al centro della Politica e del progetto di società che voglia costruire, una società basata realmente sulla libertà di scelta e di espressione, sul rispetto reciproco delle differenze.

Buratti Gino

Massa, 16 febbraio 2009