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Un appello contro le politiche razziste e liberticide del governo

dell'Associazione nazionale universitaria degli antropologi culturali.

Appello contro il ddl 733 dell'Associazione nazionale universitaria degli antropologi culturali, pubblicato su Notizie minime  della nonviolenza in cammino, n. 744 del 27 febbraio 2009.
Gli eventi accumulatisi in  quest'ultimo periodo sono di una tale gravità da indurci a rendere  pubblica la nostra indignazione. Assistiamo a un imbarbarimento  crescente della produzione legislativa, orientata sempre più ad una  prassi di violenza fisica, quindi anche simbolica, contro gli stranieri, i "diversi", i socialmente deboli, le libertà individuali.
Il ddl 733, se approvato in via definitiva, abolendo il divieto di  segnalare gli stranieri "irregolari" che ricorrono alle cure sanitarie,  priverà di fatto del diritto alla salute -diritto universale ed  inalienabile - centinaia di migliaia di cittadini che vivono con noi,  lavorano con noi e spesso per noi. Non solo: esso introduce anche il  reato di clandestinità, il permesso di soggiorno a punti, norme  restrittive sui ricongiungimenti familiari e i matrimoni misti, il  carcere fino a quattro anni per gli "irregolari" che non rispettino  l'ordine di espulsione. Nega, inoltre, l'iscrizione anagrafica a chi  non abiti in appartamenti "idonei" e istituisce la schedatura presso il  ministero dell'Interno dei senza casa e di tutti coloro che hanno  dimora in luoghi diversi dagli appartamenti. Gli "irregolari" saranno  privati altresì di diritti umani elementari come quelli di riconoscere  un figlio o di mandare del denaro a casa. Tutte queste misure varranno  a rafforzare discriminazione e razzismo ed a rendere più sfruttabile,  docile, ricattabile la forza-lavoro immigrata.
Infine, l'improvvisa  scoperta dell'"emergenza" degli stupri - in realtà un fenomeno  endemico, trasversale alle nazionalità e agli ambienti sociali - messa  al servizio di una campagna dai toni forcaioli contro gli stranieri e i  minoritari, è servita a giustificare un decreto d'urgenza che strumentalizza i corpi violati delle donne per compiere un ulteriore  passo verso la barbarie istituzionale e legislativa, fra l'altro  legalizzando le ronde private e prolungando fino a sei mesi la  detenzione nei lager per migranti.
L'involuzione della vita politica  del nostro paese ci impone un sussulto di civismo, ci chiede una  testimonianza sì politica ma espressa anche in termini di pratiche  scientifiche e didattiche. Occorre che dalle sedi della formazione  antropologica emerga un chiaro pronunciamento pubblico contro la crescente occupazione armata del corpo: nei corpi offesi dal ricatto  tra cura e libertà, nei corpi schedati per non essere chiusi nel  guscio sociale che si chiama casa, nei corpi femminili violati e  ignobilmente sfruttati per disegni forcaioli, fino a quel corpo di  chiunque di noi che lo stato si accinge ad espugnare, con una legge sul  trattamento di fine vita che fa strame del diritto individuale sul  proprio sè e sulla propria morte.
Sappiamo quale logica sostenga la  politica che sposta sul corpo dei cittadini più deboli, effettivamente  o in potenza, il confronto dialettico con le libertà ed i diritti  individuali. Riconosciamo in essa le stesse sillabe con cui il secolo  scorso produsse il discorso più disumano che la ragione umana avesse  conosciuto. La barbarie, come ci ricordò Ernesto de Martino, abita  presso di noi e dobbiamo additarla alla coscienza pubblica quando si  presenta, come ora, allo stadio germinale. Quell'antropologia impegnata  dalla promessa di ampliare gli orizzonti di ciò che dobbiamo considerare umano deve denunciare il ripiegamento autoritario,  razzista, irrazionale e liberticida che sta minando le basi della  coesistenza civile nel nostro paese, e che rischia di svuotare  dall'interno le garanzie costituzionali erette sessant'anni fa, contro  il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali.  Forse anche allora, in molti, pensarono che non si sarebbe osato tanto:  oggi abbiamo il dovere di non ripetere quell'errore.

Il presidente e  il Consiglio direttivo dell'Anuac (Associazione Nazionale Universitaria  degli Antropologi Culturali), Marco Aime, Roberta Altin, Pietro  Angelini, Bruno Barba, Ivan Bargna, Alice Bellagamba, Anna Casella, Pietro Clemente, Dino Cutolo, Gabriella Da Re, Luisa Faldini, Adriano Favole, Clara Gallini, Maria Elena Giusti, Alberto Guaraldo, Eugenio Imbriani, Franco Lai, Chiara Letizia, Alessandro Lupo, Roberto  Malighetti, Francesco Marano, Carlo Maxia, Maria Luisa Meoni, Maria  Minicuci, Ferdinando Mirizzi, Gabriella Mondardini, Fabio Mugnaini,  Cristina Papa, Berardino Palumbo, Carla Pasquinelli, Cecilia Pennacini,  Leonardo Piasere, Sandra Puccini, Francesco Remotti, Annamaria Rivera,  Alessandro Simonicca, Barbara Sorgoni, Massimo Squillacciotti, Giuliano  Tescari, Stefania Tiberini, Filippo Zerilli.