«La democrazia», diceva il filosofo cecoslovacco Tomas Masaryk, «non è solo una forma di governo, non è soltanto ciò che è scritto nelle costituzioni: è un concetto dell’esistenza che si basa sulla fiducia negli uomini, nell’umanità, nella natura umana». Masaryk (1850-1937) fu presidente della repubblica dopo la prima guerra mondiale ed è il padre di Jan, più tardi ministro degli esteri. Dopo l’occupazione sovietica, 1945, il paese cambiò la Costituzione e con un golpe divenne una repubblica sotto l’influenza russa. Il povero Jan scomparve nel 1948: suicida da una finestra per qualcuno, buttato giù per qualcun altro.
Trovo la citazione in «Mille camere», vecchio volume di ricordi di Enzo Biagi, uno dei migliori giornalisti italiani della seconda metà del Novecento, scaraventato fuori dalla Rai e quindi dall’informazione e dal lavoro con un diktat (il cosiddetto diktat bulgaro) di Silvio Berlusconi, allora primo ministro, che sull’informazione voleva avere tutto. Oggi Biagi avrebbe 95 anni, e mi è venuto in mente a motivo delle mene politiche che ancora avvolgono la Rai. E, naturalmente, di chi ha preso il posto di Berlusconi, cioè il premier Matteo Renzi. Si comincia con un’idea, un progetto, un’indignazione, una “sorpresa”, un gioco di parole, un «Sono stato frainteso», e non si sa dove si va a finire: la volontà di dominio è sempre lì. Anche se al potere c’è un governo pseudo cattolico (sì, pseudo cattolico), mettere il bavaglio alla libertà di stampa è un allegro esercizio politico.
Fino a non molti anni fa le destre chiamavano cattocomunisti, i cattolici che cercavano un dialogo con il Partito comunista italiano.
Non era facile per i primi dialogare, ma ci provavano. Ci furono naturalmente anche tentativi sul piano internazionale, sorsero vari movimenti, politici e religiosi. Si ebbe addirittura una Teologia della liberazione, che si sviluppò soprattutto nei paesi centro e sudamericani. Nonostante le proteste, chi era favorevole al dialogo (don Primo Mazzolari lo definiva un dialogo con i “lontani” dalla chiesa) ovvero con i comunisti o anche socialcomunisti, veniva chiamato con disprezzo “cattocomunista”. La categoria era inesistente, ma tant’è.
Adesso i politici ex comunisti e i quelli cattolici provenienti soprattutto dalla Democrazia cristiana, sono uniti nel Partito democratico e sono al governo del paese. La stessa situazione della Cecoslovacchia del secondo dopoguerra? I cattolici sono diventati comunisti? No, sono diventati amici dei banchieri, con i quali hanno legami anche parentali e dai quali ricevono sostegni. Le notizie si trovano spiattellate sui quotidiani. Sono appoggiati dall’alta finanza, dalle multinazionali di ogni genere (si vedono in tv gli abbracci calorosi), dalla Confindustria e così via. Dai “cattocomunisti” si è passati ai cattobanchieri. Sembra. Ma i primi erano uno slogan. I secondi sono nel governo. Ricordiamo la frase del vecchio laico Masaryk: «La democrazia non è solo una forma di governo, è un concetto dell’esistenza che si basa sulla fiducia nella natura umana». Da ragazzo, Masaryk aveva lavorato come maniscalco.
Altri tempi. Altre spine dorsali.
Mario Pancera