• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Conferenza stampa “a quando la pace in Congo?” Biografia e intervento di John Mpaliza

BREVE BIOGRAFIA

John Mpaliza, cittadino italo-congolese, in Italia da 30 anni, ingegnere informatico. Da 13 anni, organizza marce nazionali ed internazionali per sensibilizzare l'opinione pubblica -in particolare i giovani- e le istituzioni circa il dramma che vive il popolo congolese. Da 9 anni ha cambiato drasticamente vita e da allora è attivista per i diritti umani a tempo pieno. SINTESI INTERVENTO

La Repubblica Democratica del Congo è un paese strategico sia per l’Africa che per il mondo intero: per la sua posizione geografica, la sua immensa foresta pluviale -è il secondo polmone del nostro pianeta- e, soprattutto, per le sue risorse minerarie e naturali che ne fanno un paradiso terrestre.

Purtroppo, proprio per queste ricchezze, le sue figlie ed i suoi figli vivono un autentico inferno sulla terra.

Cosa chiediamo e a chi?

  • Smobilitazione e smilitarizzazione del Kivu

Non chiediamo l'aiuto militare dell'Europa o di altri eserciti. Ci sono fin troppe armi nella regione. Chiediamo invece la smobilitazione e la smilitarizzazione del Kivu. Bisogna togliere terreno al movimento M23 e agli oltre 100 gruppi ribelli presenti nell'area attraverso i programmi di Disarmo, Smobilitazione e (dove possibile) Reintegrazione nella società civile (DDR - Disarmament, Demobilization & Reintegration program)

  • Responsabilità

Il silenzio e l’embargo di notizie su questo conflitto sono la conseguenza diretta dell’ipocrisia e della responsabilità della comunità internazionale nell'accaparramento iniquo delle risorse minerarie del Kivu.

Questo silenzio conviene a tutti coloro che hanno interesse in Congo (USA, Europa, Cina, vicini come il Ruanda e Uganda come hanno dimostrato vari rapporti di esperti delle Nazioni Unite. Manca la volontà internazionale di creare strumenti globali per lottare contro i minerali insanguinati che provengono da aree di conflitto. Nel 2010, Obama ci provò con la legge Dodd-Frank ma ci pensò Trump a cancella perché, a suo dire, andava contro gli interessi delle compagnie statunitensi. Non è andata proprio bene in Europa dove un egregio lavoro di tante associazioni della società civile italiana, europea e congolese portò all’adozione del Regolamento (EU) 2017/821, entrata in vigore il 1 gennaio 2021. Purtroppo, questo regolamento è stato azzoppato. Il legislatore europeo, grazie ad una forte campagna di lobbying delle multinazionali, ha chiuso un occhio sulla violazione dei diritti dei bambini, donne, uomini e lavoratori in generale.

L’Europa dei diritti ha detto “no” ai diritti dei più deboli, preferendo invece proteggere gli interessi delle sue multinazionali.

Per questo chiediamo la revisione (integrando il cobalto) e l'applicazione di questa regolamento, detta “legge sulla tracciabilità dei minerali” perché la cosiddetta transizione ecologica, che si basa sull'abbandono del fossile e sullo sviluppo dei motori elettrici non inquinanti, non nasca dalla guerra e dal sangue delle vittime.

Ricordiamo e condanniamo con forza le responsabilità dei paesi vicini coinvolti in questo saccheggio ed in questo conflitto, il più sanguinoso dopo la Seconda Guerra Mondiale, definito l’”Olocausto africano”.

  • Rapporto Mapping delle Nazioni Unite (1 ottobre 2010)

S chiede l’applicazione del Rapporto Mapping degli esperti delle Nazioni Unite che ha suggerito una roadmap per uscire da questo conflitto. E’ imperativo pacificare, non solo l’est del Congo ma tutta la Regione dei Grandi Laghi. E per arrivarci, è importante che verità sia detta e che giustizia sia fatta. Bisogna mettere fine all’impunità.

  • Visibilità da parte dei media e Stampa

Chiediamo un impegno concreto ai media e alla Stampa e ci auguriamo che diano una informazione puntuale e precisa, perché attraverso l’informazione e la conoscenza ci sia anche una responsabilizzazione dell'opinione pubblica e dei consumatori. In sintesi, si dia visibilità a questa guerra in cui tutti , in Italia ed in Europa, siamo coinvolti. Lo chiediamo oggi, approfittando dell’imminente viaggio di Papa Francesco in Congo, con la speranza che questa buona pratica continui, anche, quando i riflettori si saranno spenti.

Il Congo è ricco da morire ma i congolesi stanno morendo per le loro ricchezze. Non c’è un paese più benedetto del Congo ma sembra che queste ricchezze siano diventate una maledizione. Non si può parlare di sviluppo e di benessere dove manca la pace. Ma non c’è pace senza giustizia. La giustizia conduce al perdono e all’armonizzazione delle relazioni, il perdono alla pace.

Speriamo che in questo ci aiuti il viaggio di Papa Francesco -che a più volte ci ricorda che siamo tutti fratelli e sorelle e che nessuno si salva da solo- aiuti i congolesi ad emanciparsi e che il suo messaggio al popolo congolese ed a tutto il mondo sia dolce ma nel tempo stesso una forte denuncia che spinga tutti, congolesi, africani, europei e comunità internazionale ad assumersi le proprie responsabilità.

Tutti amano il Congo e ne vogliono un pezzo ma sono davvero pochi a preoccuparsi dei congolesi.

E’ così dal 1885, quando, alla Conferenza di Berlino, questo paese fu regalato al Re Leopoldo II del Belgio. Ci deve essere una fine a tutto questo. Speriamo quindi che questa conferenza stampa e l’impegno di tanti giornalisti di buona volontà possa dare inizio ad una nuova era in cui i congolesi saranno considerati degni esseri umani.