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Contributo sul d.lgs. sulla protezione civile

Tutti denunciano la mancanza di controlli. Vedi qui sotto l'onesto articolo di Antonello Caporale su "La Repubblica". Ma nessuno ne vuole riconoscere la causa, la mancanza di fatto di controllo democratico. Anzi, questo tipo di controllo ora lo si lascia eliminare anche di diritto, senza battere ciglio. Riporto qui le mie osservazioni su questa m.l. del 30 gennaio, dove mi limitavo a confrontare l'articolo fondamentale che attualmente riconosce ai cittadini il diritto alla più ampia partecipazione, con l'articolo da cui viene sostituito nel decreto legislativo domani in discussione alla Camera, articolo non a caso lasciato da tutti nell'ombra. Legge 225/1992 istitutiva della Protezione civile:
Art. 18 c. 1: "Il Servizio nazionale della protezione civile assicura la più ampia partecipazione dei cittadini, delle organizzazioni di volontariato di protezione civile all’attività di previsione, prevenzione e soccorso, in vista o in occasione di calamità naturali, catastrofi o eventi di cui alla presente legge."

Decreto legislativo 30 dicembre 2009:
art. 7 c. 1: "Il Servizio nazionale della protezione civile assicura la più ampia partecipazione delle organizzazioni di volontariato di protezione civile alle attività di previsione e prevenzione deile diverse tipologie di rischi, oltre che di soccorso in caso o in vista degli eventi di protezione civile di cui all'art. 14".

E non è un vuoto formalismo denunciare la pretesa di abrogare norme contenute in una legge ordinaria e che riconoscono diritti, mediante un decreto legislativo il quale richiede una delegazione, ma soltanto "per oggetti definiti" (artt. 76 e 77 Cost.).


L'Aquila, i controllori spariti

Per aiutare Guido Bertolaso, agevolandone l'attività con il controllo dei contratti che il dipartimento della Protezione civile avrebbe sottoscritto in tutta fretta per far fronte alla più grave delle emergenze, Silvio Berlusconi rese pubblica l'ordinanza del 9 aprile 2009 in cui, all'articolo 8 comma 3, si istituiva un super comitato per la verifica dei conti. I conti del terremoto dell'Aquila. Una commissione di garanzia snella (solo tre membri) presieduta da un magistrato della Corte dei Conti.
Perfetto. Fu subito chiamato all'opera il giudice Salvatore Nottola, presidente della sezione Lazio della Corte. Magistrato di lungo corso, esperto e solerte. Nottola ora ricorda: "Fui gratificato da quella nomina e pronto a mettermi al lavoro. Trascorse alcune settimane, feci chiamare il dipartimento della Protezione civile dalla mia segretaria per sapere quando e come organizzarci. Le risposero che l'emergenza era tale da impedire una riflessione in merito". Nottola comprese e attese ancora. "Nessuno mi richiamò e allora, alla fine di luglio, ritelefonai io. Mi spiegarono ancora che la commissione di garanzia non era un'urgenza. Ne ho preso atto, e ho continuato ad attendere".
Il giudice Salvatore Nottola attende ancora di presiedere la prima riunione. La commissione non si è mai nemmeno costituita. Eppure il suo compito sarebbe stato (e tuttora lo sarebbe) decisivo anche perché oggi Bertolaso mette a verbale il proprio grande rammarico: "Sono mancati i controlli. Qualcosa può essermi sfuggito durante lo tsunami della mia vita che è stato l'anno scorso con una somma insostenibile di responsabilità ed emergenze".  Tra le cose sfuggitegli al pensiero, per l'appunto, anche la nomina dei revisori dei conti indispensabili per fronteggiare l'enorme flusso di cassa. Controlli necessari per intensificare il sommario e parzialissimo lavoro di monitoraggio che la legislazione ordinaria prevede. I conti del terremoto sono gonfi come una pancia piena di cibo. Si è speso, e tanto. Bene o male? Ecco, ci sarebbe stato bisogno di una super verifica.

Si sa solo invece che dieci mesi di appalti e provvidenze sono costati un miliardo e mezzo di euro. Che questo bel torrente di danaro è servito a rintuzzare la prima emergenza senza poterla ritenere conclusa. Ad oggi seimila aquilani continuano a vivere in albergo con un costo medio pro-capite di 40 euro al giorno; 1.100 sono le persone alloggiate in caserme, 2.400 in appartamenti lungo la costa, 31mila in case in affitto. Solo questa ospitalità, secondo i calcoli che ha fatto l'Espresso, è valsa un mucchietto di quattrini: 220 milioni di euro. Colle che con il prosieguo dell'emergenza sarà agevolmente valicato.
Il Progetto C. a. s. e., gli edifici ecosostenibili e antisismici, è stato ridimensionato e poi nuovamente ampliato in corso d'opera. Pianificato per dare alloggio a 7.181 persone, alla fine aveva destinato le superfici utili solo per 5.565 terremotati, lasciandone fuori 1.616 (abitanti in case distrutte o inutilizzabili). Le C. a. s. e., queste stazioncine di transito, sono costate al metro quadrato 2.700 euro. Una cifra enorme se si considera che chi le abiterà è anche naturalmente assegnatario di un diverso e futuro contributo per la ricostruzione della sua definitiva abitazione.  Poi e a parte il costo dei m. a. p., moduli abitativi provvisori (le casette in legno), e poi il resto. Anche nel resto, nel resto dei giganteschi appalti (tutto il ciclo del movimento terra, del cemento, del puntellamento, dell'incatenamento degli edifici pericolanti, delle forniture e dei servizi essenziali) avrebbe dovuto allungare lo sguardo il super comitato di controllo. Che però non è stato convocato. E non ha visto. E perciò - guarda tu! - non ha controllato.
(La Repubblica, 15 febbraio 2010)