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La guerra tra poveri continua a fare il gioco del potere che divide e impera

Battaglia tra regolari e abusivi. Scontri tra italiani e stranieri. Milano e Roma, storie differenti, espressione della stessa faccia della medaglia sociale che acuisce le dicotomie. Una guerra tra poveri, scandita da rabbia e violenza, da ragioni distribuite tra chi ha diritto e chi non lo ha, in un Paese che detiene il record europeo di edifici abbandonati e continua a costruire; in uno Stato dove rom e migranti sono da sempre il primo capro espiatorio di malesseri che si trascinano, che la crisi acuisce, che la politica cavalca senza mai risolvere.

A poco serve far notare che l’illegalità e la violenza riempiono i vuoti e le mancate risposte istituzionali; che l’aumentare esorbitante del numero di case vuote, sfitte o in vendita, stride davanti alla richiesta di alloggio da parte delle famiglie meno abbienti, italiane e no; che tutti i baratri sociali, abbandonati a sé stessi, diventano facile terreno per i racket organizzati. D’altra parte lo vediamo tutti i giorni, da anni, dove non esiste una risposta per arrivare dall’Africa attraverso canali umanitari subentrano gli scafisti.

Paghiamo tutti il momento di crisi che sta vivendo il nostro Paese, ma ancora di più paghiamo le scelte politiche di ghettizzazione dei rom nei campi, di deportazioni nei Cie di migranti che arrivano privi di documenti o di uomini che il permesso di soggiorno lo hanno perso insieme al lavoro e che per questo sono stati strappati dalle loro famiglie. Paghiamo tutte e tutti la mancanza di diritto alla casa e al lavoro, ma non sarà la fomentazione di altro odio la soluzione. La guerra tra poveri continua a fare il gioco del potere che divide e impera. È la legittima richiesta dei diritti che ci unisce. Quando capiremo di poter fare fronte comune su quel che ci accomuna, avremo vinto la nostra battaglia.

 

Fonte: ComboniFem - Newsletter Suore Comboniane n. 40/2014 del 13/11/2014