In questi giorni abbiamo sentito nostri concittadini paragonare la pandemia del COVID19 ad una guerra e abbiamo sentito parlare di "morti di una guerra"
Noi crediamo che dietro quello che può sembrare una semplificazione comunicativa ci sia invece un approccio al problema assolutamente sbagliato
Il paradigma della guerra tende a banalizzare la complessità, diventa un semplificazione estrema che riduce il problema ad una dicotomia di potenza, noi e il nemico, che fa perdere di vista la vera natura del problema che stiamo vivendo, la sua complessità, l'interconnessione tra uomo e natura che questo virus ha evidenziato. Utilizzare una narrazione sbagliata significa costruire immaginari fallaci che non aiutano a costruire soluzioni efficaci e durature
Il linguaggio "bellico" trasforma il virus in un antagonista "umano" da combattere con qualsiasi mezzo fino alla militarizzazione delle città, della vita civile e politica, con il rischio concreto che ogni scrupolo democratico possa essere considerato un ostacolo alla "battaglia" favorendo così derive autoritarie (l'Ungheria insegna), sospensioni della democrazia che quanto più saranno durature, tanto più potranno diventare permanenti.
Ed ecco che il diritto all'informazione e alla trasparenza diventano beni secondari rispetto al "nemico" virus: "Tacete il nemico vi ascolta" era lo slogan diffuso dal fascismo durante la guerra e rimane valido sempre durante ogni guerra. Oggi ogni tentativo di richiesta di trasparenza, informazione e condivisione degli accadimenti viene bollato come "antipatriottico", come una tentativo sedizioso di "collaborazionismo" con il nemico virus.
Nello stesso tempo nessuno si scandalizza che mentre gran parte delle attività economiche chiudono, la produzione di armi non hanno mai chiuso, indifferenti ai rischi di contagio. Ma come chiudere una fabbrica di armi se siamo in "guerra"?
E come in ogni guerra non si guarda alle difficoltà operative, al perchè quella guerra sta andando avanti con mille problemi- 37 miliardi di tagli alla santià in 10 anni- che stanno mettendo in ginocchio il sistema sanitario e in croce i suoi operatori, ma si preferisce farli diventare improvvisamente "eroi" dopo avere per anni attentato alla loro professionalità e ai loro stipendi.
Chi continua ad usare il paradigma bellico per la pandemia dimostra di non avere assolutamente chiaro a cosa siamo di fronte e mantiene spesso ottusamente il suo sguardo rivolto alle proprie convinzioni che sono evidentemente avulse rispetto alla realtà. Come ci ricorda Guido Dotti "La guerra necessita di nemici, frontiere e trincee, di armi e munizioni, di spie, inganni e menzogne, di spietatezza e denaro. La cura invece si nutre d’altro: prossimità, solidarietà, compassione, umiltà, dignità, delicatezza, tatto, ascolto, autenticità, pazienza, perseveranza”.
Non sono i dis/valori e le “virtù” militari da esaltare in questo impegno collettivo contro la pandemia, ma i valori e le virtù civili della solidarietà e dell’empatia.