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Ridurre le spese militari è anche una inevitabile "necessità"

L’aveva detto già durante la campagna elettorale, «in un momento di profonda recessione, in cui si continuano a tagliare le spese per il sociale, le pensioni e i contributi alla scuola, come si può giustificare che il nuovo governo destini 16 miliardi di euro o forse più per armamenti di ultima generazione? Andare avanti per questa strada sarebbe miope, ingiusto e privo di senso della realtà».

Ieri, in veste di presidente della Camera, Laura Boldrini, all’inaugurazione della  Biennale della Democrazia lo ha ribadito: «Il dibattito sulla riduzione delle spese militari fino a ieri considerato “ideologico” oggi ha assunto la concretezza di un bivio: volete voi qualche cacciabombardiere in più, oppure quel denaro può essere investito per sostenere la spesa sociale? L’utopia di un mondo meno armato si è finalmente spogliata di ogni astrattezza per diventare stringente discussione su una possibile destinazione alternativa delle risorse pubbliche».
Sempre ieri, i promotori della Campagna NO F-35 (Sbilanciamoci!, Rete Disarmo e Tavola della Pace), hanno incontrato alcuni esponenti politici di Camera e Senato, ricordando come già oggi possa esistere in Parlamento un’ampia maggioranza contro l’acquisto dei caccia F-35, «per la quale sarebbe necessaria solo una dose di volontà e che potrebbe portare fin da subito al varo di un atto parlamentare comune che chieda il blocco o almeno la sospensione per il progetto».
Le prossime settimane si lavorerà per definire la costituzione di un gruppo interparlamentare che lavorerà su questi temi. Che dire? Citiamo le parole dell’appello di Boldrini ai giovani, sperando che lo colgano i politici: «Vi chiedo di mettere da parte ogni cinismo e di osare! Volate alto, non abbiate paura! Non abbiate timore di esporre il vostro sguardo alle cose di questo mondo. Riprendetevi il sogno, i valori della solidarietà, dell’eguaglianza, della dignità umana. Perché questi principi non sono solo parole virtuose: è in essi, dentro di essi, il segno della vita che verrà. Di una politica responsabile. Di una felice democrazia».

Fonte: ComboniFem - Newsletter Suore Comboniane n. 15/2013