Il Pentagono (come viene definito il quartier generale militare degli Stati Uniti per la sua forma urbanistica) e il presidente Donald Trump hanno deciso di attuare una clamorosa operazione di guerra contro l’Iran, mettendo nel conto anche il rischio di far esplodere un ulteriore vulcano di guerra, che può provocare disastri ancora più grandi perfino di quelli già numerosi ed enormi, che da venti anni a questa parte hanno devastato tutta l’area del Medio Oriente, senza che se ne possa vedere la fine: Afganistan, Iraq, Libano, Libia, Siria, Yemen.
In tutti i casi precedenti gli Usa si sono premurati di coinvolgere preventivamente altri stati, compresi gli alleati Nato, anche se i Paesi che si sono lasciati coinvolgere sono stati di volta in volta diversi, sulla base degli interessi economici o strategici che ciascuno poteva avere per l’accaparramento delle risorse energetiche o per la posizione geostrategica del Paese attaccato, o, anche semplicemente, per non potere dire di no al più potente alleato.
Nell’attacco di venerdì scorso sembra che l’Amministrazione americana abbia agito senza neppure avvisare gli alleati. Ciò nonostante, il sottosegretario americano Mike Pompeo non ha esitato a manifestare la propria delusione verso i Governi europei, che non hanno ancora approvato l’assassinio del generale iraniano Qassem Suleimani. Fatto sta che, se si eccettua il plauso scontato di Israele e degli Stati arabi del Golfo persico, da sempre nemici dichiarati dell’Iran, accade che i Governi europei tardano a prendere posizione: evidentemente non osano contraddire il potente alleato, ma si rendono conto dei pericoli e dei danni concreti, che dovranno subire come conseguenza di una guerra diretta contro l’Iran, che non avrebbero mai intrapreso. Critiche nei confronti dell’attacco deciso da Trump sono piovute anche da ex esponenti dell’intelligence americana e dal mondo dei democratici statunitensi, i quali lo accusano di avere preso la decisione per distogliere l’attenzione sul processo di impeachment, in vista della campagna per le vicine elezioni presidenziali.
Ora molti si chiedono quali caratteristiche avrà la “vendetta” iraniana, che non potrà non accadere, e quali dimensioni avrà la successiva rappresaglia americana. L’opinione più diffusa ritiene che l’Iran non avvierà uno scontro diretto frontale, consapevole della enorme preponderanza della potenza militare americana. Si ritiene comunque che si metteranno in atto attentati clamorosi contro le istituzioni americane in varie parti del mondo, ai quali seguiranno reazioni altrettanto clamorose, come ha annunciato lo stesso Trump, che ha minacciato “rappresaglie sproporzionate”. Sarà comunque una spirale tragica dagli sviluppi imprevedibili, che avrà ripercussioni di livello mondiale.
Uno dei territori, dove potranno esercitarsi ed accanirsi le vendette e le rappresaglie reciproche, sarà molto probabilmente quello iracheno, dove la popolazione maggioritaria è di fede sciita e filo iraniana. Non a caso il primo segnale di ritorsione anti americana è stato emesso dalla maggioranza del parlamento iracheno, che ha approvato la richiesta al governo di “cacciare dal paese le truppe americane”. Non è certo un caso che l’assassinio del generale iraniano sia stato programmato e attuato proprio in Iraq, per mezzo di un drone che ha colpito con esattezza millimetrica.
A questo punto, detto per inciso, la faccenda coinvolgerebbe per forza di cose anche l’Italia, dato che in Iraq sono presenti 900 militari italiani con funzioni complementari subordinate alle direttive del contingente americano, presente con circa 5.200 militari, con grandi installazioni e con modernissimi strumenti di guerra.
Di fronte a tutto ciò, non possiamo sorprenderci se in questo caso non si verifica l’immediato consenso, neppure da parte di coloro, che hanno sempre approvato qualsiasi guerra fatta o provocata dagli Stati Uniti, anche quando l’hanno giustificata con l’inganno. Sappiamo, tuttavia, che l’Unione Europea non ha una propria unitaria politica estera e di difesa, anzi i Governi dell’unione nel loro insieme non sono neppure in grado di provare a discuterne, per cercare una posizione condivisa perfino in occasioni drammatiche come quella di cui stiamo parlando.
Per tutto questo, è necessario e urgente, sia per principio, sia per i rischi che ne deriverebbero, che l’Italia dichiari con fermezza e pratichi coerentemente la decisione che non è più disposta a farsi trascinare in guerre di qualsiasi genere e che non consentirà più ad alcuno di usare il proprio territorio come piattaforma logistica terrestre, navale e aerea per sostenere una guerra contro l’Iran.
In allegato due articoli di stampa significativi sull’argomento:
Cosa diavolo vuole fare Trump con l'Iran?
L'Iraq caccia gli americani. Guerra di parole tra Usa e Iran
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