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Luciano Capitini: i cos, palestra di democrazia

Da "Azione nonviolenta" di ottobre 2005 (disponibile anche nel sito: Movimento Nonviolento) riprendiamo questa riflessione sull'esperienza dei Centri di orientamento sociale (Cos) lanciata da Aldo Capitini, pubblicata anche su “La nonviolenza è in cammino” - Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo - Numero 1163 del 2 gennaio 2006
Aldo Capitini fa parte di quel gruppo di giovani che diventano antifascisti durante il periodo fascista, quando i personaggi politici e membri dei partiti storici sono in esilio o in carcere, o tenuti sotto strettissima sorveglianza.
Dopo il 1922 questi giovani elaborano un percorso d'opposizione al fascismo che non ricalca gli schemi precedenti, e che contiene pertanto elementi molto innovativi, ma anche, a volte, elementi di critica ai partiti pre-1922.
Poi, dopo la caduta del fascismo, ed il rientro in Italia di molti fuoriusciti, ed il consistente aumento di coloro che si pongono in netta antitesi con Mussolini ed il suo sistema di potere, avviene un rimescolamento che fa superare a tutti le divisioni e le critiche, nella prospettiva di una più necessaria lotta al nazifascismo (questo ha contribuito a stemperare la radicalità delle diverse posizioni che tuttavia esistevano ed ha forse impoverito il dibattito politico).

Un tipico esempio di ciò lo ritroviamo nella proposta di Aldo Capitini - non appena liberata Perugia da parte degli alleati, il 20 giugno del '44 - di costituire i Centri di orientamento sociale (in sigla: Cos), che, in effetti, iniziano ad agire il 17 luglio.
Si tratta di assemblee locali, aperte a tutti, senza preclusione per nessuno e senza vincoli di appartenenza, in cui si intende discutere "della cosa pubblica", sia per quanto riguarda argomenti concretissimi (patate, legna da ardere, ecc.), che temi culturali.
In realtà è la realizzazione concreta di un complesso pensiero politico: quello relativo alla nonviolenza, ed al suo corollario politico: l'omnicrazia, o potere di tutti.
Il metodo è quello delle assemblee consultive, non deliberanti, che impongono i propri indirizzi solo in virtù della forza delle ragioni, del consenso, del rispetto verso tutti.
A Perugia, dopo il Cos cittadino, nascono otto Cos di quartiere; e ne sono fondati anche a Ferrara, Firenze, Arezzo, Ancona, Bologna, Ponte S.
Giovanni, Ponte Valleceppi, Brufa, Assisi, Bastia Umbra, Foligno, Forgiano, Marciano, Agello, Todi, Magione, Nocera Umbra, Castelrigone, Gubbio, Città della Pieve, Prato, Foiano, Sansavino, S. Giovanni Valdarno, Cortona, Jesi, Castelferretti, Cellino Attanasio, Nervi, Napoli e sette piccoli comuni in provincia di Teramo.
Questa modesta diffusione dei Cos dipende anche dalle difficoltà logistiche: per il primo periodo vige il divieto di allontanarsi di più di 10 km dalla propria residenza.

Per giudicare adeguatamente l'importanza di quell'esperienza, sia osservandola nel suo contesto temporale, ma anche con l'occhio di un nostro contemporaneo, vale la pena di riportare parte di un testo di Aldo Capitini che descrive i principi cui i Cos si ispiravano: "L'esame dei problemi compiuto pubblicamente e con l'intervento di tutti.
Nessuna esclusione, alla porta della riunione, per un criterio di iscrizione ad un partito o gruppo, di istruzione, di censo, di età, di sesso, di razza, di nazionalità.
L'ordine e il funzionamento dell'assemblea stabilito da essa stessa, senza l'intervento di guardie o di autorità fornite di un potere superiore.
Il ripudio della violenza e dell'intolleranza nell'ambito del Cos, dove la sola forza sta nella razionalità, competenza, persuasività del proprio discorso.
L'aperto contatto tra il pubblico e autorità a capo di enti ed uffici pubblici, che venendo al Cos, facendo ivi relazioni e ascoltando critiche e suggerimenti, riconoscono fonte del loro potere il popolo, e stabiliscono la trasparenza delle amministrazioni pubbliche.
Il controllo sui funzionari inetti o disonesti mediante ricorsi alle autorità superiori.
La nomina di commissioni del Cos per inchieste, riferendone i risultati alla riunione, e nomina dei rappresentanti del Cos nelle varie commissioni pubbliche.
Il contributo alla stampa cittadina di un ricco materiale elaborato collettivamente, con il risultato di interessare i cittadini più vivamente alla cronaca e ai problemi del loro luogo.
Il vivo contatto tra gli intellettuali e il popolo, portando quelli il contributo della loro cultura, delle loro riflessioni e letture quotidiane, e questo la concretezza delle sue esigenze, la schiettezza del suo linguaggio.
Il superamento del tipo "conferenza", nel principio del Cos, dove ognuno, dopo che ha parlato, resta a ricevere critiche e domande di chiarimento.
Il superamento del tipo "comizio" chiassoso, vuoto, diseducatore, nella riunione dove circolarmente vengono discussi e ragionati i problemi, senza sottolineatura enfatica e grossolanamente polemica.
La formazione, nel principio del Cos, di "ascoltare e parlare", di una mentalità e di un animo che, nel presentare le proprie idee, intimamente fa posto a quelle degli altri, con il risultato di un pensare collettivo che tuttavia non toglie lo scambio, le differenze, l'opposizione.
L'accostamento degli ideali e dell'amministrazione, dei problemi più elevati e generali e dei problemi umili e quotidiani, del mercato, dell'igiene, del miglioramento del luogo dove si vive, con il risultato di superare sia l'orgoglio del colto che l'orgoglio del così detto pratico, mostrando che è "orientamento" sia il più alto ideale come la buona amministrazione della propria città o borgata e della propria casa.
Il grande posto dato alle donne... (e difatti al Cos sempre venuto un gran numero di donne, malgrado le loro faccende domestiche).
La possibilità di raggiungere una certa obiettività (di contro alla tendenziosità della stampa) nel commento degli avvenimenti, a causa degli interventi di persone di diverse correnti.
La possibilità offerta ai capi di enti e uffici pubblici di mostrare alle richieste del popolo ciò che è possibile e ciò che è impossibile.
Il controllo del Cos sulla misura delle tasse.
La possibilità di prendere, nell'ambito del Cos, iniziative cooperative come, per esempio, acquisto di legna, formazione di una biblioteca circolante, istituzione di doposcuola, di concorsi tra i ragazzi con premi in libri ecc.
Segnalazione continua, nell'ambito del Cos, delle persone più competenti e più premurose in modo da facilitare la scelta, per esempio dei consiglieri comunali al momento delle elezioni.
L'esistenza di un organo di ricorso per tutti quelli che, da ufficio a ufficio, non riescono a veder riconosciute le proprie ragioni.
L'essenza e la meta ideale di tutto questo è l'attivazione della periferia fino ai più remoti villaggi e angoli di terra, fino alle persone più anonime e illetterate e inascoltate; il decentramento del potere fino alla sostituzione, alla legge centralistica e coattiva, dell'autodeterminazione persuasa".

Questo testo è del 1948, e, superate alcune spigolosità tipiche di quel periodo, a tutti noi appare chiaro che Aldo Capitini aveva ben presente, ed aveva messo in pratica, un metodo di confronto che, a partire dalle esperienze più locali, era una palestra di democrazia, e di una democrazia che vedeva il cammino, davanti a sè, verso una democrazia aperta e ben più avanzata.
Solo moltissimi anni dopo abbiamo accolto con attenzione e soddisfazione le notizie che in un'altra parte del mondo si attuano "bilanci partecipati", coinvolgendo gli abitanti delle città, e così anche in Italia si è aperta una stagione di studio e sperimentazione sui "nuovi municipi".
È chiaro a tutti noi che queste pratiche (bilanci, municipi) non possono essere fini a se stesse, ma debbono portare a risolvere il problema del reale potere dei cittadini.
Anche su questo tema Aldo Capitini ha visto giusto, con un incredibile anticipo rispetto a noi, che abbiamo sempre l'impressione di arrancare sulle sue orme.