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Verso la marcia della pace Perugia-Assisi "per la pace e la fratellanza dei popoli". Contributi di Nicola Lo Bianco, Giancarla Codrignani e don Achille Rossi

In vista del cinquantesimo della marcia della pace Perugia - Assisi, che si terrà il prossimo 25 settembre, condividiamo alcune delle interviste che il Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo ha pubblicato sui notiziari quotidiani.

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale è stato il significato della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

  • Nicola Lo Bianco: Che in Italia, e nel mondo, esiste uno "zoccolo duro" che non si fa disperdere, che non rinuncia a pensare in termini morali ed etici, essendo la nonviolenza essenzialmente il fondamento di ogni atto morale, individuale e collettivo.

  • Giancarla Codrignani: Per chi abbia partecipato anche una volta sola resta fondamentale il pensiero che sarebbe possibile che tutti - e non solo i marciatori - fossero reattivi e appassionati come in quella sola giornata di settembre: cambierebbe la politica del nostro paese e, se fossimo bravi ad esportare la pratica anche negli altri luoghi, vivremmo da nonviolenti: sarebbe davvero la pace.

  • don Achille Rossi: Credo che il significato più rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi 50 anni sia consistito nel promuovere una cultura di pace. Noi viviamo in una costellazione culturale che crede ancora che la violenza sia "la levatrice della storia", secondo la celebre formulazione marxiana. Sostenere che ci sono strade alternative per risolvere le controversie sembra ancora una suggestione utopica. La cultura della pace, promossa dalla marcia di Capitini, fa percepire che questa utopia è realistica, come hanno suggerito alcuni documenti della nostra civiltà giuridica, quali la Carta dell'Onu, la Costituzione italiana, la dichiarazione della Pacem in Terris che qualifica la guerra come ormai fuori dalla razionalita': "Bellum alienum a ratione", aveva scritto Giovanni XXIII. Purtroppo queste lucide intuizioni sono state contraddette e calpestate dalle due guerre del Golfo, dal conflitto nei Balcani e da quello in Afghanistan. Questo rende ancora più urgente lavorare per una cultura della pace che prenda le distanze dal militarismo e dalla guerra come modalità per risolvere le controversie internazionali.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Cosa caratterizzerà maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?

  • Nicola Lo Bianco: Io penso che bisognerebbe far capire che la violenza non è solo il pugno o il colpo di pistola. Violenza è anche "smontare" la Fiat, disperdere centinaia di migliaia di famiglie, disporre a piacimento della vita (e della morte) di gran parte dell'umanita'. Bisognerebbe far capire che la guerra in Afghanistan o l'aggressione alla Libia sono parte di un progetto di guerra globale contro i diritti e le condizioni di vita anche del popolo italiano, di tutti quei popoli, europei compresi, che non si rassegnano all'asservimento globale economico e civile. L'esempio lampante in questi ultimi mesi è il terrore psicologico e poliziesco sulla popolazione greca.

  • Giancarla Codrignani: Il valore simbolico, come per i 150 anni dell'unità d'Italia o i trent'anni dell'appello di Berlinguer per una morale pubblica. Resta tuttavia che per Capitini la "marcia" era un'azione, non un rito.

  • don Achille Rossi: Non so dire con esattezza quello che caratterizzerà la marcia del 25 settembre prossimo, perché non ho potuto seguire gli sviluppi dell'organizzazione. Credo, comunque, che una iniziativa che compie 50 anni abbia bisogno di fare un bilancio e di riposizionarsi per essere fedele alla sua ispirazione originaria. Ritengo che uno dei punti fondamentali sui quali le marce del futuro dovranno riflettere è la struttura del sistema economico dominante che è fonte di una violenza schiacciante per la maggioranza della popolazione mondiale. Se non si prende di petto questo peccato strutturale c'è il rischio che l'atteggiamento nonviolento sia ridotto, suo malgrado, ad una posizione spiritualistica per anime belle e non venga recepito come una nuova visione della vita e della societa'.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Qual'è lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

  • Nicola Lo Bianco: Permane lo "zoccolo duro", ma con tutto l'impegno di "grandi e piccini" la nonviolenza non riesce a proporsi come fattore sociale coesivo, rimane l'"utopia" di individui e gruppi che "non capiscono la realta'".

  • Giancarla Codrignani: Vivo un periodo in cui il mio paese non mi piace. Sono convinta che è già molto se si è diffuso l'uso di dire "nonviolenza" con una parola sola. Ma sarei esigente: la nonviolenza è il miglior antidoto contro ogni forma di violenza, ma, purtroppo, il veleno resta nella storia degli umani e nelle crisi li morde con più ferocia.

  • don Achille Rossi: Non ho una conoscenza così estesa dei gruppi e dei movimenti nonviolenti della nostra penisola che mi permetta di fare una affermazione ponderata sullo stato dell'arte della nonviolenza nel nostro paese. Posso solo rilevare che l'idea di azione nonviolenta sta guadagnando consenso nella societa'. Si sta formando, a mio parere, un sentire comune che istintivamente rifugge dalla violenza per regolare le questioni interne alla societa'. Chi organizza manifestazioni di dissenso, si tratti di studenti, di operai o di cittadini che non approvano i provvedimenti governativi, come gli abitanti della Val di Susa, non teorizza la violenza, ma si attiene rigorosamente a un comportamento nonviolento. È un grande passo avanti culturale rispetto a periodi in cui si teorizzava la lotta armata per risolvere i conflitti sociali e un grande merito di tutti i movimenti nonviolenti, che perfino in quei momenti bui non hanno rinunciato a sostenere le ragioni di una cultura di pace.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale ruolo può svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e gli altri mobimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

  • Nicola Lo Bianco: L'individuo è accerchiato, immerso, fino a non rendersene conto, nella violenza, è potenziale violenza esso stesso, e non trova altra soluzione che rispondere "per le rime". Quello della nonviolenza è un compito difficile e di lunga durata, che non può svolgere da solo il movimento, perché rischia sempre di rimanere una voce nel deserto. Occorre trovare persistenti collegamenti con quelle realtà che non hanno interesse alla menzogna (scuola, universita', movimenti religiosi e civili), o che difendono con la verità dei fatti chi viene aggredito e ridotto ad uno stato di disperata sopravvivenza. Le lotte di chi difende i diritti primari della persona, di chi non si rassegna alla sopraffazione, sono di per sè nonviolente (a onta delle menzogne televisive di regime), ma non c'è nè metodo, nè consapevolezza della nonviolenza.

  • Giancarla Codrignani: So che mi rendo odiosa a fare la prof., ma credo che dovremmo studiare di piu'. Andare a Perugia non vale se non si prevengono i guai prima che diventino guerre. Forse spetta proprio ai nonviolenti ridare senso alla partecipazione.

  • don Achille Rossi: Ho già sottolineato che il ruolo dei vari movimenti nonviolenti è quello di promuovere una cultura di pace. Questo significa, in prima istanza, lavorare per aiutare le persone a trasformare continuamente il coefficiente di violenza che le abita, e, in seconda battuta, operare in tutte le istituzioni per depurarle dal quoziente di violenza di cui sono impastate. È un compito immenso che equivale a una vera e propria rivoluzione culturale. In realta', non amo questa parola per tutto il passato violento che ricorda e preferisco parlare di "grande trasformazione", per evocare un continuo lavoro di cambiamento dall'interno, come un lievito che lentamente ma in modo continuo faccia sollevare tutta la pasta umana. Questo lavoro tocca tutti gli ambiti del vivere, ma in particolare l'educazione e la politica, che s'interessano della formazione della persona e della convivenza sociale. Mi ha molto colpito alcuni anni fa la dichiarazione di un partito politico di estrazione marxista che dichiarava di abbracciare consapevolmente per la sua azione politica il metodo nonviolento. E come non ricordare, a questo riguardo, la grande lezione di don Milani che educava i suoi ragazzi alla lotta nonviolenta tramite il sindacato e la politica? Non vorrei passare sotto silenzio il grande lavoro svolto a livello culturale dal gruppo nonviolento che fa capo a Tonino Drago dell'Università di Pisa e che lavora attorno al metodo di difesa popolare nonviolenta e che si interessa della formazione culturale dei giovani che operano per conto dell'Onu nei paesi del sud del mondo. Altro luogo dove si elabora una cultura giuridica nonviolenta è il Centro per i diritti umani e dei popoli promosso a Padova da Antonio Papisca, che prepara giovani giuristi che si fanno carico dei diritti umani. Ci sono, insomma, miriadi di iniziative che lentamente e dal basso promuovono una cultura di pace.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quali i fatti più significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

  • Nicola Lo Bianco: Da Nord a Sud, le ultime elezioni amministrative e i referendum, che hanno tracciato pacificamente, civilmente, democraticamente, il profilo di un'Italia ben diversa da quella di chi ci governa. Manca l'ulteriore passo, quello compiuto in Islanda, dove imponenti, pacifiche, spontanee manifestazioni di piazza hanno rimesso in discussione il sistema, mettendo in luce la complicità delle forze politiche con il cieco potere delle lobby finanziarie, a cominciare dalle banche dell'Unione Europea e dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Il popolo islandese ha bocciato, con un referendum popolare plebiscitario, la restituzione del cosiddetto debito pubblico. Ma qui di tutto questo non ci fanno sapere nulla o quasi, ci informano invece quotidianamente sulla crisi della Grecia, ad ammonimento e minaccia.

  • Giancarla Codrignani: Le manifestazioni de los indignados sono certo un'opportunità per impegnarsi. Ma non solo sulle piazze con le proteste e le denunce: anche con la volontà di assumersi responsabilita'. Le devastazioni dei diritti sociali in Italia non sono opera di un colpo di stato reazionario, ma di un governo democraticamente eletto. Sul piano più generale mi ha turbato l'Europa ormai ovunque governata dalla destra, la presenza nel parlamento svedese del partito fascista, il 19 % dei seggi finlandesi nelle mani dei "Veri finlandesi"(come dire il Bossi finnico); è la tragedia norvegese, che non può essere appiattita sulla definizione del pazzo omicida solitario.

  • don Achille Rossi: Il fatto che più mi colpisce è l'atteggiamento nonviolento che ha caratterizzato tutte le sollevazioni del mondo arabo negli ultimi mesi. Ci si sarebbe aspettati in Tunisia, in Egitto, in Siria rivolte sanguinose e autentiche guerre civili. In realtà questi popoli, e soprattutto i giovani, hanno adottato istintivamente un atteggiamento nonviolento che ha costretto alla resa le dittature. Segno che in tutte le culture si fa strada lentamente la convinzione che la violenza è solo una scorciatoia e unicamente la trasformazione nonviolenta è in grado di garantire un'autentica democrazia.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

  • Nicola Lo Bianco: Porre al centro di ogni iniziativa la questione morale, primaria, essenziale, della precarietà in ogni senso. E con ciò smascherare la falsa opposizione, la falsa sinistra, i falsi sindacati: far vedere ciò che si cela dietro le quinte della farsa politica.

  • Giancarla Codrignani: La difesa dei diritti umani anche all'interno di ciascun paese (per noi a partire dalla condizione dei migranti), la difesa dei diritti sociali costruiti dalle ultime generazioni contro l'imminente privatizzazione della scuola e della sanita', l'accoglimento e la condivisione della cultura delle donne. E la ripresa di un impegno diffuso contro il mercato delle armi.

  • don Achille Rossi: Credo che ogni gruppo nonviolento debba decidere da se', in piena autonomia, quali sono le iniziative da promuovere e le priorità da seguire. Per parte mia ritengo che sia urgente, nella situazione culturale in cui ci troviamo, fronteggiare la crisi etica in cui stiamo sprofondando e individuare le esperienze attraverso le quali ricostituire un tessuto etico in grado di sostenere la vita umana. Non a caso abbiamo dedicato il nostro convegno annuale del 10-11 settembre all'eclissi dell'etica.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Che cos'è la nonviolenza e come accostarsi ad essa?", cosa le risponderebbe?

  • Nicola Lo Bianco: La nonviolenza, per usare le parole di Kant, "è l'uscita dell'uomo dalla minorita'", nel senso che ogni essere vivente (pietre comprese) non può e non deve più dipendere dalla legge del più forte, ma da ciò che è possibile costruire insieme con lo scopo comune della salvaguardia di tutto ciò che ci circonda, che è poi il modo più profondo e duraturo di salvaguardare se stessi e le nuove generazioni. Come accostarsi ad essa? Guardandosi attorno, constatando come ogni forma di violenza, oggi più che mai, è nulla più che regressione materiale e morale; osservando ciò che emana e che succede attorno a persone benevole, rispettose, solidali, oneste, e da loro prendere esempio: come primo passo del cammino della nonviolenza.

  • Giancarla Codrignani: Conosco un prete che interpreta come "nonviolenza" la castità imposta al clero. È un'evidente sublimazione, ma rende l'idea che la purezza della mente genera comportamenti rispettosi della propria e dell'altrui dignita'. Perfino un giusto calcolo sugli interessi dell'umanità dimostra facilmente (anche se è facilità tutta teorica) che la violenza è sempre perdita: di sè e degli altri.

  • don Achille Rossi: Risponderei che la nonviolenza è il metodo più umano per gestire i conflitti, perché riconosce l'umanità dell'avversario e non tende a distruggerlo come fa il metodo dialettico, ma cerca di unirsi all'avversario in una verità più alta secondo la celebra espressione di Pascal. E siccome la vita umana è fatta di un continuo confronto con le diversita', la nonviolenza ci aiuta a viverle come una ricchezza e non come una diminuzione o una sconfitta. Credo che ci si possa accostare alla nonviolenza solo dopo aver percepito che la violenza è una catastrofe antropologica. Comunque l'atteggiamento nonviolento richiede un'altra visione del mondo, che qualificherei con tre affermazioni di Panikkar: ascoltare il Divino, coltivare l'umano, recuperare la dimensione cosmica.


Note biografiche degli intervistati:

Nicola Lo Bianco: Insegnante di Letteratura italiana e Latino nei licei. La sua consapevolezza civile e politica inizia con la partecipazione alle lotte studentesche ed operaie degli anni '60 e '70. La sua attività si svolge tra poesia e teatro, ma l'asse del suo impegno è quello di docente, nel rapporto continuo con gli studenti alla ricerca di un accrescimento morale e civile in rapporto a un coinvolgimento sociale attivo.

Giancarla Codrignani: Già presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), già parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarietà e per la pace, è tra le figure più rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza.

don Achille Rossi: Una delle piiù luminose figure dell'impegno di pace e nonviolenza in Italia.