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Verso la marcia della pace Perugia-Assisi "per la pace e la fratellanza dei popoli". Contributi di Roberto Mancini, Francesco Pullia, Elena Buccoliero

In vista del cinquantesimo della marcia della pace Perugia - Assisi, che si terrà il prossimo 25 settembre, condividiamo alcune delle interviste che il Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo ha pubblicato sui notiziari quotidiani.

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale è stato il significato della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

  • Roberto Mancini: Il significato di fondo della marcia Perugia-Assisi è stato quello di evidenziare il profilo del potenziale di una cultura e di uno spirito diversi dalla "normalita'" della mentalità vigente in Italia. La marcia, con le sue molte espressioni, ha portato alla luce non l'ideale di un futuro remoto, ma un altro presente, un altro modo di esistere e di convivere. Il fatto che i suoi protagonisti hanno rinnovato regolarmente nel tempo questo appuntamento è il segno di come questo altro modo di tessere la società è concreto e può essere svolto fino in fondo.

  • Francesco Pullia: La marcia progettata e fortemente voluta da Aldo Capitini nel 1961 ha rappresentato per il nostro paese un evento innovativo di grande radicalita', tanto quanto la sua scelta vegetariana nel 1932, come palese testimonianza di opposizione al totalitarismo fascista, e l'organizzazione nel 1951 del convegno di studi su "La nonviolenza riguardo il mondo animale e vegetale", dal quale ebbe origine la "Società vegetariana italiana". Non fu concepita come un'iniziativa di protesta ma di concreta proposta, di sprone alla costruzione di una società aperta. Nell'ultimo decennio la marcia ha, a mio avviso, purtroppo smarrito la spinta ideale iniziale finendo per essere burocratizzata, con una struttura appositamente predisposta e con tanto di funzionari. Mi pare che negli ultimi anni sia stata più espressione di pacifismo anzichè di nonviolenza evidenziando talora pregiudiziali ideologiche e unilateralismo. Detto questo, è indubbio che costituisca un patrimonio da valorizzare al massimo. Spetta a noi far sì che riemerga lo spirito capitiniano, cioè quello autentico della nonviolenza, di un filosofo che rifiutò apertamente l'adesione a partiti, nonostante fosse stato ripetutamente invitato dagli azionisti. Capitini, com'egli stesso amò definirsi, fu un "indipendente di sinistra" e, in piu', un riformatore religioso. Ecco, credo che, per comprendere appieno il senso della marcia, al di là delle contingenze storiche, non si possa minimamente prescindere dalla politicità del vegetarianesimo (e, quindi, dalla revisione e dall'estensione a tutti gli esseri senzienti del "diritto" e dei "diritti") e dal carattere intimo, profondo, liberante della religiosità di Capitini.

  • Elena Buccoliero: In questi anni la Marcia è stata probabilmente l'occasione italiana più continuativa per una sensibilizzazione ampia sui temi della pace, rivolta a vaste fasce di popolazione e con una apertura specifica verso i giovani e verso i gruppi organizzati. Resta una manifestazione serena, corale, diffusa, sostanzialmente accessibile a tutti. Un luogo dove ciascuno sente di non doversi difendere, di non doversi attrezzare contro i lacrimogeni o i manganelli. Mi si passi il paragone, la Marcia della pace è un pò come il Natale, quando tutti si sentono più buoni, con la tenerezza e i rischi di ipocrisia che ne discendono. Anche nel nome della pace ci si può ritrovare a marciare in tantissimi e sui mezzi da perseguire, magari, è un altro paio di maniche. Ma io penso sia un bene coltivare un orizzonte nel quale tutti si riconoscono. Di litigiosità tra simili - gruppi, associazioni, movimenti simili - ne vediamo spesso. Credo sia positivo ricordarsi qualche volta di ciò che accomuna, certo considerandolo un punto di partenza e non di arrivo. Sapendo poi che non è necessario arrivare ad assomigliarsi, neppure tra associazioni. Mi pare che questa complementarietà rispettosa sia stata voluta sin dalla Marcia del 1961, quando Capitini ha ideato l'iniziativa proprio per rivolgersi a tutti i cittadini di buona volonta', delle diverse posizioni politiche.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Cosa caratterizzerà maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?

  • Roberto Mancini: Quest'anno credo che il punto focale sia duplice: da un lato quello di porre in risalto l'unità e l'universale valore di tutte le lotte di liberazione che nel mondo hanno la forza luminosa della nonviolenza; dall'altro lato quello di far capire che la pace tramite la nonviolenza e la giustizia restitutiva dei diritti negati richiedono a ognuno di diventare pienamente persona umana. E chiedono alla società di scoprire finalmente la sua umanizzazione proprio mentre lo stupido culto globale del denaro si sta mangiando vive l'umanità e la natura. La nonviolenza oggi deve fare i conti con la globalizzazione della stupidita'. Rispondere creativamente a questa distretta significa riscoprire il valore umano e vero della coscienza, della ragione, del corpo, del cuore e della sua sensibilita', dell'anima e della sua liberta', delle mani fatte per aiutare, delle gambe fatte per andare verso la vita vera, dei volti fatti per il sorriso e il riconoscimento di chiunque e la contemplazione amorosa.

  • Francesco Pullia: Negli ultimi tempo non ho partecipato, di proposito, alla marcia per le motivazioni sopra esposte. Credo che, pero', quest'anno sarà diverso. Innanzitutto, non può essere sottaciuta la ricorrenza del cinquantenario. In secondo luogo, dev'essere rimarcata la concomitanza con la manifestazione nazionale contro la caccia che verra', quindi, a intersecarsi, apportando preziosa linfa (Capitini avrebbe parlato di "aggiunta"), alla manifestazione. È giusto che finalmente tornino alla ribalta tematiche realmente capitiniane. La nonviolenza, ben diversamente dal generico pacifismo, comporta, infatti, scelte radicali, rigorose, di vita. L'aggravarsi della situazione mondiale, con il profilarsi di carestie causate da molteplici fattori che vanno dalla desertificazione del pianeta all'erosione delle risorse primarie, dalla politica arrogante delle multinazionali, con l'imposizione di monocolture, all'accentuarsi, purtroppo, di trame belligeranti poggianti sugli insorgenti fondamentalismi e su nuovi sciovinismi, impone oggi, più che mai, in modo netto l'affermazione della nonviolenza come unico e imprescindibile strumento di lotta e di governo.

  • Elena Buccoliero: Questa Marcia nasce come particolare per la casualità del calendario, non per la particolarità del momento o per una impostazione necessariamente diversa. Ma il fatto che coincida con il 50esimo dalla Marcia di Capitini suggerisce e stimola iniziative collaterali, o modalità di partecipazione alla Marcia 2011, che in qualche modo si richiamano alla prima edizione. Questo può proteggere dai rischi di genericità e porre il tema della nonviolenza come qualcosa di più del giusto desiderio di pace.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Qual'è lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

  • Roberto Mancini: È necessario che la nonviolenza diventi, da espressione di pochi, da esperienza rara, una cultura ampia, conosciuta, rispettata e stimata, così da divenire la chiave per tradurre questo amore vero (perché il nome positivo della nonviolenza è appunto l'amore vero) in adeguate forme sociali, politiche, economiche, educative e comunicative. Non si tratta tanto di costruire coordinamenti, ma di seminare la realtà della nonviolenza con la saggezza dei contadini e con la creatività dell'arte. Di seminarla in ogni ambito che sia generativo di modi, stili, regole che poi modellano la convivenza interumana e con la natura.

  • Francesco Pullia: Ritengo che la nonviolenza versi in Italia in una situazione di stallo, se non critica, da cui bisogna rapidamente uscire. Una svolta è quantomai necessaria. Bisogna superare divisioni e particolarismi per impegnarsi in un progetto di lotta politica comune che parta dal vissuto, dalla quotidianita', dall'esistente e sia diretto, tramite la riappropriazione di strumenti partecipativi, dal basso, alla configurazione di un modello sociale sostenibile.

  • Elena Buccoliero: Non mi sento in grado di valutarlo. Ci sono tensioni diffuse, temi importanti, forse non c'è la sensazione di avere dei punti forti e precisi su cui impegnarsi tutti insieme. Ci sono sfide locali - pur se importanti nazionalmente -, iniziative che valgono lì dove avvengono. Siamo globalizzati e parcellizzati allo stesso tempo. Questo non riguarda soltanto la nonviolenza, è un dato del nostro tempo. La violenza con la quale ci confrontiamo è presente in molti modi alcuni dei quali subdoli, strutturali, difficili da riconoscere e da contrastare. Confrontarmi con la situazione globale a me dà un senso di vertigine: troppo da capire, da studiare, da fare, per le mie forze. Seguo la mia strategia di sempre, che è parzialissima e del tutto insufficiente, ma consiste grosso modo nel riconoscere uno spicchio nel quale mi ritrovo e cercare di vigilare su quello, occuparmene, come ne sono capace. Grata di camminare - verso Assisi ed oltre - con persone di altra sensibilita', generosita', interessi, che mi aiutano a comporre un quadro d'insieme.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quale ruolo può svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini e gli altri mobimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

  • Roberto Mancini: Il movimento nonviolento può e deve osare di piu'. Farsi seminatore, nel senso indicato, insieme ad altri, in ogni terreno generativo delle forme di convivenza, senza superbia e senza complessi di fecondita'. Un passo necessario, anche se insufficiente da solo, è quello di consentire alle nuove generazioni la conoscenza della nonviolenza, dei suoi testimoni e delle sue esperienze. In questo spirito sogno per esempio che, entrando in una libreria italiana qualsiasi, si possano trovare le opere complete di Aldo Capitini pubblicate da case editrici come Feltrinelli o Einaudi o Adelphi. Bisogna che chi legalmente custodisce questa eredità si dia realmente da fare per rendere leggibile Capitini nel suo Paese, questo scandalo deve cessare.

  • Francesco Pullia: Il Movimento Nonviolento è chiamato a sottrarsi all'attuale marginalita', per acquistare, invece, quella centralità che dovrebbe spettargli. Senza ristrutturarsi, dal punto di vista organizzativo, in modo "parapartitico", può e deve esercitare un ruolo primario attraverso il trasversalismo e una maggiore incisività sotto il profilo comunicativo. Mi rendo conto degli ingenti costi, ma non sarebbe male prendere in considerazione la possibilità di dare vita ad un'emittente magari telematica, via internet, o la conquista di spazi radiotelevisivi o, ancora, una maggiore diffusione a livello nazionale di uno strumento informativo come "Azione Nonviolenta".

  • Elena Buccoliero: Il Movimento Nonviolento in questi mesi è quantomai attivo sia sul piano organizzativo sia su quello dei contenuti proprio per far sì che la Marcia sia per tanti una occasione di avvicinamento alla nonviolenza. Si sta interrogando anche sui propri mezzi, sulle proprie capacità e possibilità di comunicare, soprattutto con i giovani. Io credo ci sia un gran bisogno di nonviolenza, indipendentemente da quale sia l'associazione che la propone, e chiedo al "mio" Movimento che in questa Marcia riesca ad essere per tante persone, e particolarmente per tanti ragazzi, un medium pulito della proposta nonviolenta. Lo chiedo al Movimento, cioè a partire da me stessa.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Quali i fatti più significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

  • Roberto Mancini: Penso alle rivolte giovanili in molti paesi dell'Occidente (compresa l'Italia) e nel Nord Africa. Ogni segno di risveglio delle nuove generazioni è una buona notizia per chi aderisce alla nonviolenza. Penso anche, ma è un versante assai più doloroso, al fatto che per chi ha commesso crimini contro l'umanità la vita è diventata più difficile, nonostante tutto. Penso infine alla rabbia che sta salendo contro "i Mercati", questi invisibili signori della vita e della morte dei popoli: credo che anche questo sistema idolatrico cadra', si tratta di favorire il cambiamento radicale del tipo di fondazione che si dà alla societa'. "Radicale" significa attento ai valori viventi costituiti dalle persone, dalle relazioni, dal mondo naturale, dal futuro. "Radicale" vuol dire mite, gentile, rigoroso, giusto, fecondo. È finito da molto il tempo in cui si poteva pensare che "radicale" significhi "violento".

  • Francesco Pullia: Sicuramente, e lo dico senza partigianeria, il satyagraha di Marco Pannella sulla questione della giustizia in generale e della tragica situazione carceraria in particolare nonchè per ottenere che si faccia piena luce sulle responsabilità di Bush e Blair in merito alla soluzione bellica in Iraq. Nel mondo non si può negare che ci siano positivi fermenti nonviolenti dall'Asia (Thailandia, Birmania, Tibet) al mondo arabo. Speriamo che si intensifichino e che non vengano traditi da degenerazioni violente. La nonviolenza, per dirla con Gandhi, pur essendo antica come le montagne, è sempre portatrice di novità e, anche quando assume forme di lotta particolarmente strenue e intense, di dialogo perché combatte situazioni inique vedendo nell'altro non un nemico da distruggere, da assassinare, ma un soggetto chiamato a mutare. Di qui, il senso di piena e attiva responsabilità che il militante nonviolento deve avere. Stiamo, inoltre, assistendo nel mondo ad una presa di coscienza dello stretto legame d'interdipendenza con gli altri esseri senzienti. Sta crescendo la consapevolezza della necessità di ridefinire il rapporto della specie umana con le altre, di smantellare l'impianto antropocentrico, violento, razzista, iniquo, insostenibile, di guardare alla scienza con occhi diversi. Giudico molto positivamente la diffusione nel mondo del movimento animalista, con il consequenziale aumento d'attenzione per scelte alimentari nonviolente (vegetarianesimo, veganismo, fruttarismo crudista) in rotta con il regime degli allevamenti intensivi e delle monocolture imposte (che, poi, in realta', non sono altro che monoculture). È quanto mai importante una seria e approfondita revisione della stessa nozione di "diritto" che non può essere solo riferita e attribuita unicamente all'essere umano. Sotto questa angolazione non ha più senso parlare solo di "diritti umani". E', invece, più opportuno estendere il diritto e i diritti a tutti gli esseri senzienti.

  • Elena Buccoliero: Di primo acchito mi viene in mente la reazione - per quanto ne so - composta, dignitosa, ferma, civilissima, del popolo norvegese davanti alla strage di Oslo. E la strage di migranti che procede nel Mediterraneo, ieri l'ultimo lutto durissimo, non so cosa deve accadere perché ci sentiamo ricoprire dalla vergogna. In Italia citerei la Val di Susa, la manifestazione delle donne "Se non ora, quando?" e la vittoria referendaria, vero e inatteso sospiro di sollievo.

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

  • Roberto Mancini: Le iniziative salienti sono tutte quelle che favoriscono la nascita di un'altra educazione, un'altra politica, un'altra economia e un'altra informazione. Oggi abbiamo il dovere della fecondita', non possiamo più contentarci di gesti o peggio di azioni di mero autorispecchiamento narcisistico e identitario, per quanto di segno alternativo. L'impulso suicida della sinistra extraparlamentare deve essere di monito.

  • Francesco Pullia: Bisogna concentrarsi sull'oltrepassamento del concetto di sovranità nazionale, alla base della visione bellicista, sull'antispecismo, sulla decostruzione dell'attuale assetto economico mondiale fondato sulla devastante enfatizzazione del produttivismo a scapito, ahinoi, di uno sviluppo ecologicamente sostenibile e socialmente equo.

  • Elena Buccoliero: Nel nostro Paese sento prioritario l'impegno sul tema della convivenza. In questi giorni abbiamo notizia degli scioperi che nel sud Italia i braccianti stanno facendo insieme, italiani e stranieri, contro le condizioni infami nelle quali lavorano. Ecco io credo sia un segnale molto opportuno, da cogliere e vivificare, perché queste persone si sono riconosciute simili e si stanno muovendo insieme senza cadere nella trappola costruita ad arte, di una diversità culturale come barriera alla comunicazione. Il "Tentativo di decalogo per una convivenza interetnica" di Alexander Langer, che il Movimento Nonviolento ha riletto nell'ultimo anno in preparazione al Congresso di Brescia, ha a mio avviso moltissimo da dire ai nostri gruppi e alle nostre comunita', nonostante sia stato scritto oltre quindici anni fa. In questi stessi giorni, con altri amici, sto curando l'organizzazione di un seminario sul rapporto tra nonviolenza e politica che terremo al Monte Sole, il Movimento Nonviolento con altre associazioni, dal 2 al 4 settembre. Lo abbiamo pensato soprattutto per giovani politicamente impegnati. In effetti il gruppo sarà misto e sta superando le venti persone, mi sembra un dato importante, interessante, da raccogliere. Indica un ambito formativo privilegiato per il Movimento Nonviolento che si è sempre esercitato a una "nonviolenza politica", critica e propositiva sulle scelte che a diversi livelli determinano il nostro vivere insieme. Beh, per quello che vedo quotidianamente nel mio lavoro direi che la violenza contro i bambini è un'urgenza che non dovrebbe passare inosservata, e pazienza se porta a guardare in luoghi angusti e ristretti, troppo mitizzati, come le famiglie. Ma nel contempo c'è il grande tema delle spese per gli armamenti sul quale fuori dai nostri giri non si dice abbastanza, e che invece dovremmo riuscire a sollevare e a far percepire anche a chi non ha avuto occasioni o desiderio di riflettere sulla nonviolenza. Insomma, il solito imbarazzo della scelta...

 

La nonviolenza è in cammino - Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo: Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Che cos'è la nonviolenza e come accostarsi ad essa?", cosa le risponderebbe?

  • Roberto Mancini: Le proporrei di ascoltare in se stessa il desiderio più profondo, di ricordare le persone più luminose che ha incontrato, di verificare se il suo cuore è capace di sentire l'armonia. Le proporrei di incontrare quelli che hanno subito la violenza e che non per questo sono diventati dei violenti. A quel punto le direi di cercare, lì dove vive, persone che stanno facendo lo stesso cammino, rassicurandola sul fatto che certamente esistono. In ogni caso la nonviolenza non va cercata in un'idea, è fatta di volti, di persone, di storie, di creature viventi. Basterebbe aprirsi a sentire e a vedere (dove le due cose si fondono) anche soltanto un prato, un albero, una nuvola, o un'aurora per scoprire che la vita è più che la vita, è portata, percorsa e illuminata da una vita vera che la fa respirare e che dobbiamo, più che inventare, ospitare per esserne ospitati a nostra volta e trasformati. Quando una donna o un uomo maturano in se stessi questa fedeltà alla vita vera, la nonviolenza diventa in essi naturale come respirare.

  • Francesco Pullia: Risponderei che la nonviolenza è la capacità di far germogliare semi insiti in noi ma i cui frutti sono destinati agli altri, è un atto corale, un'unità che valorizza e vivifica la molteplicità chiamando capitinianamente tutti alla creazione di realta', anche gli assenti.

  • Elena Buccoliero: Mi sono state insegnate diverse citazioni capitiniane che mi piacciono, per definire la nonviolenza. In questo momento quella che sento più vicina inquadra la nonviolenza come "segno di direzione che dai alla tua vita", senza che questo risolva il problema della traiettoria o dei mezzi di trasporto. Il fatto però che ci si metta su una strada, consapevolmente, insieme ad altri, desiderando e ricercando attivamente la riduzione della violenza che abbiamo intorno, questo per me è un passaggio su cui ha senso spendersi. Come accostarsi alla nonviolenza? Attraverso l'incontro, non c'è altra via. Che sia favorito da "Azione Nonviolenta", da una riunione o da un click su Facebook poco importa. L'avvicinamento alla nonviolenza per me nasce sempre dall'incontro.

Note biografiche degli intervistati:

Roberto Mancini: professore ordinario di Filosofia Teoretica presso l'Università di Macerata, dove è anche vicepreside della Facoltà di Lettere e Filosofia. Dal 2004 al 2010 è stato presidente del Corso di laurea in Filosofia. Collabora stabilmente con le riviste "Servitium", "Ermeneutica Letteraria" e "Altreconomia". Dirige la collana "Orizzonte filosofico" e la collana "Tessiture di laicita'" presso la Cittadella editrice di Assisi e co-dirige con Pietro Barcellona la collana "Asteroidi" presso le Edizioni Diabasis di Reggio Emilia.

Francesco Pullia: Vegano, militante nonviolento, componente della direzione di Radicali Italiani, è acceso sostenitore, da anni, dei diritti animali e di una ricerca scientifica nettamente contraria alla vivisezione e alla sperimentazione sugli animali.

Elena Buccoliero: Da oltre dieci anni fa parte del Coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento. Collabora ad "Azione Nonviolenta", la rivista fondata da Aldo Capitini subito a ridosso della prima Marcia. A Ferrara per sette anni, insieme a Daniele Lugli e ad altri amici, ha animato le iniziative della Scuola della Nonviolenza che ha riunito nel tempo centinaia di persone interessate. Da sempre lavora in ambito educativo. Attualmente divide il suo tempo tra l'Ufficio del Difensore civico della Regione Emilia-Romagna, dove si occupa di comunicazione, ricerca, tutela dei minori, e il Tribunale per i Minorenni di Bologna.