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Contro il riarmo dell’Europa si muovono anche gli accademici. Carlo Rovelli, Flavio del Santo e Francesca Vidotto, fisici che lavorano in importanti università internazionali, hanno scritto un appello per opporsi al piano Von der Leyen di 800 miliardi di investimenti per rinforzare gli eserciti dei ventisette Paesi europei.

«I politici stanno reagendo in modo affrettato e miope con un appello a mobilitare, su scala continentale, una quantità colossale di risorse per produrre più strumenti di morte e distruzione» scrivono. «L’Europa si vuole preparare alla guerra, con nuove spese militari mai viste dalla seconda guerra mondiale. L’Europa è ora disposta a brandire le armi solo perché si sente esclusa?».

Oto Melara, Intermarine, Arsenale, Fincantieri: i venti di guerra portano investimenti e lavoro nel comparto militare della Spezia e della Val di Magra. Ma la nuova occupazione non cancella gli aspetti etici e i dubbi su un modello di sviluppo incapace di generare imprenditorialità e vera ricchezza.

Il Gruppo Banca Etica esprime preoccupazione per un disegno di legge che rischia di rimuovere i meccanismi di controllo e trasparenza della legge 185/90, cancellando la preziosa lista delle “banche armate”. Allarma l’approvazione in Commissione Affari esteri e difesa del Senato di tre emendamenti che inficiano gravemente la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni dall’Italia di materiali militari, anche perché tale passaggio segue altre iniziative politiche e istituzionali allineate ai desiderata dell’industria bellica e della finanza armata.

I due grandi conflitti armati che negli ultimi mesi hanno rimesso la guerra al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica occidentale (mentre troppe altre guerre continuano ad essere ignorate) ne hanno, tra le altre cose, resa evidente la dimensione economica e di guadagno “esplosivo” per alcuni centri di potere e capitale.

Nell'autunno del 1914 era in corso una corsa frenetica per costruire armi e disaccoppiare le economie tra i paesi d'Europa. Mentre il grido di guerra da entrambe le parti si intensificava, un giovane Albert Einstein, insieme all'astronomo Wilhelm Foerster, al fisiologo Georg Friedrich Nicolai e al filosofo Otto Buek, ha firmato un Manifesto per gli europei, invitando studiosi e artisti, "quelli da cui ci si dovrebbe aspettare tali convinzioni", a parlare contro l'escalation, pensare in termini di una cultura comune, trascendere le passioni nazionaliste e chiedere una "unione degli europei" per impedire all'Europa di perire in una "guerra fratricida". Pochi hanno ascoltato. L'Europa affondò nelle catastrofi delle due guerre mondiali, che portarono alla fine della sua preminenza.

A Vilnius ha preso avvio ieri un vertice Nato tra i più importanti, ed enigmatici, degli ultimi anni. A seguito dell’invasione russa in Ucraina del febbraio 2022 l’Alleanza sembrerebbe oggi in piena salute e sicuramente lontana da una routine sterile. E poco determinante, la stessa che portò il presidente francese Macron a definirla in «stato di morte cerebrale» meno di quattro anni fa. Ma una serie di elementi smentisce questa lettura poco attenta.