• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Per Natale, mentre ci lasciamo sedurre dal rito consumistico degli addobbi e dei regali, capita anche a voi di sentirvi un po' più buoni, o almeno di desiderarlo? E vi capita anche di avvertire un pizzico di nostalgia rievocando la poesia del presepe della vostra infanzia, quando tutto – così ci pare – era più semplice, più genuino, più vero?


Questo titolo mi accorgo ora che è ripreso da un libretto di Yves Congar, Pour une église servante et pauvre (Les Editions du Cerf, Paris, 1963, pp. 150).  Nelle conclusioni Congar dice, tra l'altro: Abbiamo molto da fare per passare dal semplice piano morale - dove operiamo con uno spirito personale di umiltà e di servizio, ma in strutture di casta e di riserva di caccia (chasse garde) - al piano delle concezioni ecclesiologiche stesse (cioè di come dobbiamo pensare la chiesa) (Enrico Peyretti).

A novembre dello scorso anno, i giornali si riempirono della notizia delle dimissioni del Papa. Dapprima si parlò di un’indiscrezione. Poi si fece riferimento a un’affermazione rilasciata durante un’intervista in cui Francesco disse che il suo sarebbe stato un pontificato breve. Poi tutto rientrò. C’è chi intanto pensò che il Papa potesse riferirsi a una malattia, chi invece pensò più semplicemente all’età (a conferma di questo, molti lessero un’altra sua frase: «La scelta di papa Benedetto XVI non deve essere considerata un’eccezione ma una possibilità»).

Nel 35° anniversario dell’assassinio dell’arcivescovo di San Salvador – la cui beatificazione è stata decisa da papa Francesco lo scorso 3 febbraio – e nel 32° di quello della giovane presidente della Commissione per i diritti umani, ne ripercorriamo le biografie parallele. Qual è la chiave che le accomuna? Che cosa hanno significato per la Chiesa e per El Salvador queste due figure? Quale eredità lasciano?

© 2024 Accademia Apuana della Pace.