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Apocalisse significa rivelazione. Che cosa ci rivela l'apocalisse scatenata dal maremoto che ha colpito la costa nordorientale del Giappone?
Non o non solo - come sostengono più o meno tutti i media ufficiali - che la sicurezza (totale) non è mai raggiungibile e che anche la tecnologia, l'infrastruttura e l'organizzazione di un paese moderno ed efficiente non bastano a contenere i danni provocati dall'infinita potenza di una natura che si risveglia. Il fatto è, invece, che tecnologia, infrastrutture e organizzazione a volte - e per lo più - moltiplicano quei danni, com'è successo in Giappone, dove la cattiva gestione di una, o molte, centrali nucleari si è andata ad aggiungere ai danni dello tsunami.

L’ennesima, ulteriore esplosione di ieri sera, ha ulteriormente aggravato il già fosco scenario della crisi atomica giapponese. Sono ormai quattro i reattori in gravissima emergenza, e proprio mentre scrivo giungono notizie di incendio dal reattore numero 4. “Non è come a Cernobyl” si affretta ad affermare l’agenzia per la sicurezza atomica giapponese, ma è screditata e giudicata poco attendibile dalla popolazione, come ha riportato l’inviato Pietro Longo della RAI.

Avevo proposto di utilizzare una lista comune nazionale per tutte le informazioni/comunicazioni riguardanti il nucleare, informazioni che altrimenti si disperdono -sconosciute ai più- in un gran numero di liste/reti specialistiche o generalistiche. Avevo proposto di utilizzare una lista esistente: No Centrali. Per iscriversi:    Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Sempre più tessere si aggiungono al puzzle.
Secondo il libro "L'atomica europea" (Fazi Editore, 2004) - di Paolo Cacace - prefazione Sergio Romano - il primo nucleare civile italiano (quello di Trino e Caorso, eccetera, per intenderci) è un sottoprodotto del progetto comune franco-tedesco-italiano, cominciato sotto l'egida Euratom, di una "Bomba europea" (abbandonato poi per la decisione di De Gaulle di fare tutto da solo).