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Per una dichiarazione universale del bene comune dell'umanità

Articolo pubblicato sul notiziario "Lavori in Corso" di PuntoRosso.
François Houtart è rappresentante personale del Presidente dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite presso la Commissione per la riforma del sistema finanziario e monetario internazionale

Di fronte alla crisi finanziaria che colpisce l'insieme dell'economia mondiale e si combina con la crisi alimentare, energetica e climatica, per provocare un disastro sociale e umanitario, si profilano all'orizzonte diverse soluzioni. Alcuni propongono di punire e cambiare gli attori (i ladri di polli, come dice Michel Camdessus, ex direttore del FMI), per continuare come prima. Altri sottolineano la necessità di regolare il sistema, ma senza cambiarne i parametri, come George Soros. Infine ci sono coloro che pensano che è in gioco la logica del sistema economico e che bisogna trovare delle alternative.
La sfida più grande è l'urgenza delle soluzioni. Non resta più molto tempo per agire efficacemente sui cambiamenti climatici. Nel corso degli ultimi due anni, secondo la FAO, 100 milioni di persone sono scivolate sotto la soglia di povertà, ed è ormai alle porte il bisogno imperativo di cambiare il ciclo energetico. Esiste una quantità di soluzioni alternative, in tutti i settori, ma esse esigono una grande coerenza per garantirne l'efficacia; non un nuovo dogma, ma un'articolazione.
Questo ruolo potrebbe essere svolto da una Dichiarazione universale del bene comune dell'umanità, allo stesso titolo della Dichiarazione universale dei diritti umani proclamata dalle Nazioni Unite. E' vero che i Diritti umani hanno conosciuto un lungo percorso fra le rivoluzioni francese e americana e la loro adozione da parte della comunità internazionale. Il processo è stato progressivo anche per proclamare la terza generazione di diritti, che includono la dimensione sociale. Molto occidentale nelle sue prospettive, il documento è stato poi completato da una Dichiarazione africana e da un'iniziativa analoga intrapresa dal mondo arabo. Senza alcun dubbio la Dichiarazione viene spesso manipolata in funzione di precisi interessi politici, in particolare da parte delle potenze occidentali. Ma essa resta un riferimento di base, indispensabile per dare legittimità politica e per offrire protezione alle persone.
Oggi la Dichiarazione va completata, perché è in gioco la sopravvivenza dell'umanità e del pianeta. Sono quattro gli assi fondamentali che potrebbero dare coerenza alle nuove iniziative che cercano di costruire delle alternative e orientare numerose pratiche.
o L'utilizzo durevole e responsabile delle risorse naturali. Ciò significa un diverso approccio
nei rapporti fra gli esseri umani e la natura: passare dallo sfruttamento al rispetto, consape
voli che la natura è la fonte di ogni vita.
o Privilegiare il valore d'uso sul valore di scambio. Quindi definire l'economia come l'attività
destinata a creare - nel rispetto di norme sociali ed ecologiche - le basi della vita fisica, cul
turale e spirituale di tutti gli esseri umani sul pianeta.
o Generalizzare la democrazia, estendendola a tutti i rapporti sociali e a tutte le istituzioni.
Non soltanto applicarla e approfondirla in campo politico, con una nuova definizione dello
Stato e degli organismi internazionali, ma estenderla ai settori dell'economia, della cultura e
dei rapporti fra uomo e donna.
o La multiculturalità, per dare la possibilità a tutti i saperi, tutte le culture, tutte le tradizioni fi-
losofiche e religiose, di partecipare alla definizione del Bene comune dell'umanità e all'ela
borazione della sua etica.
Adottare questi principi permetterebbe di intraprendere un processo alternativo reale di fronte alle regole che presiedono attualmente al corso dell'economia capitalistica, all'organizzazione politica mondiale e all'egemonia culturale occidentale e che comportano le conseguenze sociali e naturali che oggi conosciamo. I principi che abbiamo enunciato sfociano su grandi orientamenti che è possibile delineare.
Infatti è chiaro che il rispetto della natura esige il controllo collettivo delle risorse. Esige anche di individuare ciò che è essenziale per la vita umana (acqua, sementi, ecc.) e costituirlo in patrimonio dell'umanità, con tutte le conseguenze giuridiche che ciò comporta. Comporterebbe anche la necessità di far rientrare nel calcolo economico le cosiddette "esternalità" ecologiche. Privilegiare il valore d'uso esige una trasformazione del sistema di produzione, oggi incentrato prioritariamente sul valore di scambio allo scopo di contribuire all'accumulazione del capitale, considerato come
 
motore dell'economia. Ciò comporta il reintegro dei servizi pubblici, compresi i settori della salute e dell'istruzione, cioè la loro non-mercatizzazione. Generalizzare la democrazia, in particolare nell'organizzazione economica, suppone la fine del monopolio decisionale legato alla proprietà del capitale, ma anche l'instaurazione di nuove forme di partecipazione che costituiscano i cittadini in soggetti. Accettare la multiculturalità nella costruzione dei principi menzionati significa non ridurre la cultura a una sola delle sue componenti e permettere invece alla ricchezza del patrimonio culturale umano di esprimersi, di mettere fine ai brevetti che monopolizzano i saperi e di definire un'etica sociale nei diversi linguaggi.
Utopia? Sì, perché tutto ciò oggi non esiste, ma potrebbe esistere domani. Utopia necessaria, perché sinonimo di ispirazione e per creare coerenza negli sforzi collettivi e personali. Ma anche applicazioni molto concrete, consapevoli che un modello di sviluppo non si realizza in un giorno e si costruisce con un insieme di azioni che hanno tempi diversi. Allora come proporre misure che si inquadrino in questa logica e che possano essere oggetto di mobilitazione popolare e di decisioni politiche? Sono già state avanzate molte proposte, ma se ne possono aggiungere altre.
Sul piano delle risorse naturali, un patto internazionale sull'acqua che ne preveda la gestione collettiva (non esclusivamente statale) corrisponderebbe a una coscienza esistente sull'importanza del problema. Si potrebbero poi proporre altri orientamenti: la sovranità delle nazioni sulle proprie risorse energetiche; il divieto di speculazione sui prodotti alimentari; la regolazione della produzione di agrocombustibili in funzione del rispetto per la biodiversità, per la conservazione della qualità dei terreni e dell'acqua e per il principio dell'agricoltura contadina; l'adozione di misure per limitare a un grado centigrado l'aumento della temperatura della terra nel XXI secolo; il controllo pubblico delle attività minerarie e petrolifere, con un codice di sfruttamento internazionale, verificato e sanzionato, per gli effetti ecologici e sociali (fra l'altro, i diritti dei popoli indigeni).
A proposito del valore d'uso, si possono dare anche qui degli esempi concreti. Si tratterebbe di ristabilire uno statuto dei beni pubblici, dell'acqua, dell'elettricità, della posta, dei telefoni, di internet, dei trasporti collettivi, della salute, dell'istruzione, in funzione delle specificità di ogni settore. Esigere una garanzia di cinque anni su tutti i prodotti manifatturieri, il che permetterebbe di allungare la vita dei prodotti e di diminuire l'utilizzo di materie prime ed energia. Mettere una tassa sui prodotti che viaggiano per più di 1.000 chilometri fra il luogo di produzione e il consumatore (da adattare secondo i prodotti); il ricavato sarebbe destinato allo sviluppo locale dei paesi più fragili; rafforzare le norme sul lavoro stabilite dall'OIL, sulla base della diminuzione del tempo lavorativo e della qualità di esso; cambiare i parametri del PIL, introducendo elementi qualitativi che traducano l'idea del benessere.
Le applicazioni della democrazia generalizzata sono innumerevoli e potrebbero riguardare tutte le istituzioni che si fondano su uno statuto pubblicamente riconosciuto, sia per il funzionamento interno che per l'eguaglianza nei rapporti di genere: imprese, sindacati, organizzazioni religiose, culturali, sportive. Sul piano dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, si potrebbe proporre la regola dei due terzi per le decisioni di principio e della maggioranza assoluta per le misure applicative. Quanto alla multiculturalità, essa comprenderebbe fra l'altro il divieto di brevettare i saperi tradizionali; la messa a disposizione del pubblico delle scoperte legate alla vita umana (mediche e farmaceutiche); la creazione delle basi materiali necessarie alla sopravvivenza delle culture particolari (territorialità).
Si lancia un appello affinché le proposte concrete vengano riunite in un insieme coerente di alternative, che costituiscano l'obiettivo collettivo dell'umanità e le applicazioni di una Dichiarazione del bene comune dell'umanità per l'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Un insieme di proposte è già organizzato sul sito web del Forum mondiale delle Alternative. Si può comunicare all'indirizzo di posta elettronica seguente: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

(traduzione di Nunzia Augeri)