Pubblichiamo alcuni articoli comparsi sulla stampa, segnalati da Alfonso Navarra, a proposito della necessità di aumentare le spese militari, notando come spesso la "coerenza a qualche valore di fondo" sia un optional non richiesto alla classe politica.
Dal sito http://www.newnotizie.it/2010/07/08/dalema-aumentare-le-spese-militari- in-italia/
D'Alema: Aumentare le spese militari. "L'Italia spende poco per gli armamenti".
Parole di Massimo D'Alema, pronunciate in occasione di un convegno del Partito Democratico sulla politica estera, che subito sono state riprese dai cronisti de "Il Sole 24 Ore", abile a ricostruire la parabola militarista dell'ex premier, "passato dalla protesta con-figlio-in-spalla di piazza San Pietro contro la guerra sotto egida Onu anti Saddam (1991) alla partecipazione come premier nella coalizione che mise fine ai conflitti etnici nei Balcani e al regime di Milosevic, raid su Belgrado inclusi".
L'ex ministro degli Esteri ha subito chiarito di parlare a titolo personale, preso atto della posizione ufficiale del Partito Democratico che ha accusato, anche a mezzo stampa, il Governo Berlusconi di aver aumentato le spese militari in tempo di crisi, tanto da spingere "L'Unità" a parlare di "manovra finanziaria di guerra".
Sul web le reazioni del "popolo dell'opposizione" non si sono fatte attendere.
"...da ragazzo era il piu' bravo della classe e lanciava molotov. - accusa un utente sulla pagina Facebook di "Informare per Resistere" - poi e stato agganciato da De Mita e chissà che gli avrà' raccontato.".
"...ecco perchè i tagli sulle scuole.ecco perchè tagli tagli e tagli...hanno bisogno di + soldi per investire sulle armi. - rincara la dose Nunzia - certamente un settore che non risente della crisi e che viene continuamente alimentato.".
Senza considerare, poi, gli attacchi frontali sugli usi che il "popolo italiano" (e della sinistra) potrebbe fare con le armi in più desiderate da "baffino".
La provocazione lanciata da D'Alema, in ogni caso, mette in luce le enormi carenze che il nostro esercito presenta, soprattuto sul piano dell'equipaggiamento militare e tecnologico, al cospetto delle missioni internazionali in cui è impegnato, in primis sul fronte afghano.
Il passaggio logico successivo, evidentemente bypassato dall'ex premier, porterebbe piuttosto ad un'attenta riflessione sull'opportunità di proseguire una missione di guerra, riconosciuta anche da eminenti esponenti della Nato come utile solo al controllo dell'area da parte della potenza statunitense, in particolar modo in un momento in cui il Paese si trova di fronte all'esigenza di "tirare la cinghia" per superare una fase di crisi economica.
Mattia Nesti
MANOVRA-SPESE MILITARI, L'UNITÀ ANNUCIA I TAGLI DEL PD. IL PD SMENTISCE di Tommaso Di Francesco, Manilo Dinucci (ilManifesto del 9 giugno 2010)
La campagna del Pd contro le spese per armamenti è "pregiudiziale e demagogica": così sul Corriere della Sera Arturo Parisi, già ministro della difesa nel governo Prodi e parlamentare Pd.
Ce l'aveva con la copertina de l'Unità del giorno prima ("Manovra di guerra") e con l'articolo ("Tagliano gli stipendi e comprano armi").
Vi si annunciava che il Pd avrebbe chiesto al governo, con risoluzione in commissione difesa del Senato, di rivedere la spesa militare in base a una politica di «verifica, trasparenza e risparmio».
Parisi attacca l'articolo per l'affermazione che i 71 programmi di armamento sottraggono miliardi al bilancio dello Stato.
Parisi rivendica ciò che l'unità tace (non sapendo o fingendo di non sapere?): cioè che il Pd, soprattutto con l'ultimo governo Prodi, ha contribuito all'aumento della spesa militare. Come già ricordato sul Corriere dall'autorevole ex sottosegretario alla difesa Lorenzo Forcieri, «il governo Prodi, in due sole finanziarie di rigore e risanamento dei conti dello stato, è riuscito ha invertire la caduta libera delle spese per la Difesa, che sono aumentate del 17,2% nel biennio 2007-08». Fu il governo Prodi a istituire, in Finanziaria 2007, un «Fondo per la realizzazione di programmi di investimento pluriennale per esigenze di difesa nazionale, derivanti, anche da accordi internazionali», con una dotazione di 1.700 milioni di euro per il 2007, 1550 per il 2008 e 1200 per il 2009.
Un «tesoretto», aggiunto al bilancio della difesa, in eredità al governo Berlusconi. Grazie a questo impegno bipartisan, l'Italia si colloca al decimo posto mondiale come spesa militare, e al sesto come spesa procapite, con un ammontare annuo - per il Sipri - di 30 miliardi di euro. Emblematica la storia della partecipazione italiana al programma del caccia F-35 della statunitense Lockheed, che solo ora l'Unità definisce giustamente «piano faraonico», ricordando che costerà all'Italia 15 miliardi di euro. Il primo memorandum di intesa venne firmato al Pentagono, nel 1998, dal governo D'Alema; il secondo, nel 2002, dal governo Berlusconi; il terzo, nel 2007, dal governo Prodi e nel 2009 è stato di nuovo un governo presieduto da Berlusconi a deliberare l'acquisto di 131 caccia, già deciso dal governo Prodi nel 2006. L'Italia partecipa al programma dell'F-35 contribuendo allo sviluppo e alla costruzione del caccia. Si capisce quindi perché, quando il governo Berlusconi ha annunciato l'acquisto di ben 131 F-35, l'«opposizione» (Pd e IdV) non si sia opposta. Eppure già si sapeva che il costo del caccia F-35 era lievitato da 5O a 113 milioni di dollari per aereo. F-35 e altri armamenti «roba da guerra fredda», obsoleta per l'Unità, «oltretutto (per fortuna) inutili». E poi, perché gli F-35 «destinati a missioni d'attacco in lontani teatri bellici?». Ma Parisi critica chi nel Pd «denuncia pregiudizialmente e genericamente l'inutilità» delle spese per gli armamenti. Perché questi armamenti non sono purtroppo «inutili» e le 31 missioni dell'esercito italiano non sono tutte di «peacekeeping». È proprio una caratteristica,la capacità stealth dell'F-35 - colpire con «velocità e da lontano», certifica la Lockeed - a spiegare che l'aereo è destinato proprio a guerre d'aggressione, In Afghanistan e in quelle «nuove». Dulcis in fundo, le argomentazioni de l'unità il giorno dopo sono state ignorate - smentite - dalla senatrice Roberta Pinotti, membro della commissione difesa: ha detto di condividere l'impostazione di Parisi, assicurando che i dirigenti Pd sono «consapevoli che la Difesa è uno dei compiti fondamentali dello Stato». Altro che tagli agli armamenti.