In occasione del 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza, condividiamo questa riflessione sulla nonviolenza di Severino Saccardi, pubblicata su "Voci e volti della nonviolenza", n. 237 del 29 settembre 2008.
Credo che sia importante una giornata dedicata alla riflessione sulla nonviolenza, in un momento in cui perfino la quotidianità, con i suoi "raptus" e la crescente brutalità, che si rivela in tanti episodi "inspiegabili", è in crescita esponenziale.
Sono in crescita le "patologie del nostro tempo". Per contrastarne la forza e la pervasività, c'è da lavorare all'elaborazione di un nuovo rapporto fra cultura della pace e cultura del conflitto. Non è il conflitto, in sé, come manifestazione e confronto, anche aspro, delle diversità ad essere negativo. È la sua espressione violenta, aggressiva e distruttiva. Bisogna, dunque, lavorare ad una canalizzazione, ad una smilitarizzazione, ad una civilizzazione delle espressioni e delle motivazioni dei conflitti, cui vanno, nella piena esplicitazione delle opposte ragioni in campo, individuati sbocchi pacifici.
Eros e Thanatos, come insegnava Freud, sono destinati a convivere a lungo, nella vita e nella storia. Bisogna espandere culturalmente la forza unitiva e lo spazio dell'Eros non rimuovendo o negando la zona in ombra (il Thanatos), ma puntando a coglierne le ragioni interne di esistenza, indirizzandole verso un processo di graduale incivilimento dell'umanità.
Una canalizzazione pacifica, non violenta, dei motivi e delle "ragioni" che generano i conflitti (la cui aprioristica negazione, oltre ad essere irrealistica, corrisponde ad una visione tendenzialmente totalizzante della realtà): è l'orizzonte in cui inscrivere il lavoro della cultura della pace, della nonviolenza e dei diritti.
Pace e nonviolenza, mi piace d'altra parte sottolinearlo una volta di più, non corrispndono a passività. Non c'è accettazione dello status quo (e delle sue iniquità, che sono generatrici di conflitti distruttivi) nell'autentica cultura di pace. Nonviolenza - è il grande insegnamento di Gandhi, ma anche di Ernesto Balducci - è anzi impegno attivo, pacifico, ma instancabile a cambiare il mondo.
C'è un grande bisogno di recuperare questa lezione. Nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, constatiamo ogni giorno quanto c'è da fare ancora per diffondere ed affermare nel mondo i diritti civili, i diritti politici, i diritti sociali. Viviamo in un mondo sempre più unito e sempre più diviso.
Ripensare all'esperienza delle grandi figure e personalità che, nel Novecento, il "secolo breve" delle ambivalenze (secolo della massima distruttività, o "secolo del sangue", ma anche secolo in cui, come mai, hanno camminato la cultura della pace e dei diritti), hanno lavorato a costruire un mondo migliore, più giusto e più libero, ci dà forza.
Va consegnata ai giovani, con un lavoro educativo di lunga lena, la lezione di Dietrich Bonheffer, del "Mahatma" Gandhi, di Martin Luther King, di Andrej Sacharov, di Nelson Mandela, di don Lorenzo Milani, di Ernesto Balducci e Giorgio La Pira.
La "lunga marcia dei diritti umani" (è un'espressione di Balducci) continua.
Eros e Thanatos, come insegnava Freud, sono destinati a convivere a lungo, nella vita e nella storia. Bisogna espandere culturalmente la forza unitiva e lo spazio dell'Eros non rimuovendo o negando la zona in ombra (il Thanatos), ma puntando a coglierne le ragioni interne di esistenza, indirizzandole verso un processo di graduale incivilimento dell'umanità.
Una canalizzazione pacifica, non violenta, dei motivi e delle "ragioni" che generano i conflitti (la cui aprioristica negazione, oltre ad essere irrealistica, corrisponde ad una visione tendenzialmente totalizzante della realtà): è l'orizzonte in cui inscrivere il lavoro della cultura della pace, della nonviolenza e dei diritti.
Pace e nonviolenza, mi piace d'altra parte sottolinearlo una volta di più, non corrispndono a passività. Non c'è accettazione dello status quo (e delle sue iniquità, che sono generatrici di conflitti distruttivi) nell'autentica cultura di pace. Nonviolenza - è il grande insegnamento di Gandhi, ma anche di Ernesto Balducci - è anzi impegno attivo, pacifico, ma instancabile a cambiare il mondo.
C'è un grande bisogno di recuperare questa lezione. Nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, constatiamo ogni giorno quanto c'è da fare ancora per diffondere ed affermare nel mondo i diritti civili, i diritti politici, i diritti sociali. Viviamo in un mondo sempre più unito e sempre più diviso.
Ripensare all'esperienza delle grandi figure e personalità che, nel Novecento, il "secolo breve" delle ambivalenze (secolo della massima distruttività, o "secolo del sangue", ma anche secolo in cui, come mai, hanno camminato la cultura della pace e dei diritti), hanno lavorato a costruire un mondo migliore, più giusto e più libero, ci dà forza.
Va consegnata ai giovani, con un lavoro educativo di lunga lena, la lezione di Dietrich Bonheffer, del "Mahatma" Gandhi, di Martin Luther King, di Andrej Sacharov, di Nelson Mandela, di don Lorenzo Milani, di Ernesto Balducci e Giorgio La Pira.
La "lunga marcia dei diritti umani" (è un'espressione di Balducci) continua.