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La nonviolenza oggi in Italia: Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Carla Biavati

Pubblichiamo, come approfondimento alla nonviolenza, questa intervista, a Carla Biavati, diplomata in psicologia sistemica presso l'Associazione di ricerca sulla psicologia sistemica (Arps) di Bologna, si è specializzata al recupero dei giovani in disagio attraverso lo studio della metodologia elaborata dal professor Olivenstein del centro “Marmottan” di Parigi, realizzata da Paolo Arena e Marco Graziotti, della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Questo ciclo di interviste verrà utilizzato nei momenti formativi realizzati dall'Associazione.


- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come è avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Carla Biavati: Quando devo parlare dell'impegno sociale dei giovani di tutto il mondo, le prime immagini che mi vengono alla mente sono quelle di gruppi di ragazzi e ragazze infangati e infagottati in eskimo e stivali di gomma che scavano all'interno di antiche stanze di irriconoscibili musei a Firenze, subito dopo l'alluvione.

Ed è emblematico del mio immaginario, che prima di tutte le immagini e le indimenticabili processioni di visi amici incontrate negli anni nelle zone di conflitto in cui siamo intervenuti, prima mi appaiano quelle di Firenze dove io "troppo piccola" non ho potuto essere.

Ma è su quelle fotografie di una alluvione devastante, che si è formato il mio desiderio di partecipare. Vedere giovani di tutto il mondo chini su antichi libri che con gesti accurati e sensibili raccoglievano e catalogavano e ripulivano quelle pagine per loro e per me e per tutti così preziose, mi facevano invidiare il loro compito, il loro impegno.

Da allora, dopo almeno 25 anni di presenza in luoghi di conflitto, mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non avessi ricevuto un input così forte da quella visione, ripetuta e amplificata da tutti i media nazionali, di migliaia di giovani arrivati a Firenze per aiutare i cittadini a recuperare dal fango il loro "tesoro culturale", memoria dell’intera umanità.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con più impegno?

- Carla Biavati: Tra le iniziative nonviolente nel mondo contemporaneo, la più significativa è certamente la lotta nonviolenta nei villaggi della Palestina occupata, iniziata nel villaggio di Bil’in. Le proteste contro il muro israeliano sono cominciate nella primavera del 2005 su iniziativa del comitato popolare del villaggio di Bil'in e sono state appoggiate sin dall'inizio dai pacifisti israeliani e da quelli internazionali.

In questi anni dopo la preghiera del venerdì, ogni settimana un corteo è partito dal villaggio per cercare di arrivare il più vicino possibile alla zona in cui il muro di separazione è in costruzione, per cercare di rallentare il lavoro delle ruspe, con azioni di disobbedienza civile e nonviolenta. Inoltre ogni anno a Bil’in si tiene una conferenza internazionale sulla resistenza popolare nonviolenta che inizialmente si svolgeva solo nel villaggio di Bil’in mentre oggi si è allargata a macchia d’olio contaminando almeno altri quindici villaggi della Cisgiordania occupata.

Questa esperienza a mio avviso è sicuramente l’espressione più attuale della resistenza nonviolenta, e sono convinta che vada appoggiata e frequentata almeno annualmente, con la presenza nei villaggi e/o alla conferenza che si tiene in aprile. Fornisco una lista di link utili per farsi un’idea della resistenza popolare nei villaggi: www.bilin-village.org/ , www.bilin-ffj.org, http://popularstruggle.org/ , www.bilin-village.org/italiano/ , www.reteccp.org

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo, ecologia, impegno antimafia e antirazzista, lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani, impergno per la pace e il disarmo, diritto alla salute, all'assistenza, alla libertà di espressione e informazione?

- Carla Biavati: La nonviolenza smaschera la violenza, lo strumento della nonviolenza attraverso il quale veicolare l’azione diretta nonviolenta sono i corpi civili di pace, la società civile organizzata usa il metodo nonviolento per raggiungere la liberazione dei diritti in senso lato.

Quindi nei conflitti famigliari come nell’impegno civico contro la mafia, il razzismo e il militarismo, la nonviolenza smaschera la violenza, e le persone, insieme, si fanno carico di questa azione diretta di smascheramento e la conducono, forse non fino alle estreme conseguenze, ma sicuramente fino al punto di rottura, denunciando le ingiustizie e i soprusi del potere sui più deboli.

Sono sotto gli occhi di tutti, nel nostro paese, gli operai lasciati a marcire sui tetti delle loro fabbriche, ma da quell’abbandono e da quella caparbia lotta nonviolenta le persone sono staate capaci di ottenere vittorie inattese e per nulla ovvie. Come il ripristino della produttività di alcuni stabilimenti industriali, o il recupero al lavoro dei giovani ricercatori a rischio disoccupazione o emigrazione.

Una cosa ovvia invece è l’inutilità della violenza specialmente nelle lotte per la liberazione dei popoli oppressi, dove l’esercito nazionale dispone di mezzi e risorse infinitamente superiori a quelli della resistenza civile, risorse che può adoperare quasi indisturbato per la repressione e spesso anche per la pulizia etnica di intere popolazioni civili.

Abbiamo parlato di Bil’in, ma anche nel sudest messicano, in Chiapas, dove l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale dopo aver portato avanti per anni una resistenza, più che armata culturale, in favore dei diritti degli indigeni e della formazione di una loro consapevolezza, si è trasformato in movimento politico.

Più di recente la Freedom Flotilla, che è riuscita a costringere Israele ad allentare il blocco su Gaza. Il sacrificio di quei nove civili di origine turca assassinati dall’abbordaggio della marina israeliana alle navi cariche di aiuti umanitari destinati alla popolazione della striscia di Gaza, ha portato nuova vita e soprattutto nuove speranze alla popolazione della striscia costretta in una situazione che perfino la Croce Rossa Internazionale, tradizionalmente neutrale e abitualmente estranea alle prese di posizione a favore dell’uno o dell’altro dei contendenti, si è pronunciata indicando la punizione collettiva una violazione della IV Convenzione di Ginevra e quindi il blocco delle merci illegale.

Anche in altri luoghi del nostro faticoso mondo si combatte per l’affermazione dei diritti umani e civili, forse con meno successo ma sicuramente con eguale forza, impegno e sacrificio. Mi viene in mente la lotta di Aung San Suu Kyi da decine di anni costretta agli arresti domiciliari, nel tentativo irrinunciabile di emancipare il popolo birmano, schiavizzato da una giunta criminale al servizio di potenze straniere; senza la caparbia lotta nonviolenta di Aung il grande pubblico occidentale non saprebbe nulla della schiavitù a cui è sottoposto il popolo birmano.

Lo stesso vale per la durissima repressione a cui sono sottoposti i tibetani e la loro cultura millenaria, intrinsecamente nonviolenta, chi leggesse i libri di Heinrich Harrer (Sette anni in Tibet e Ritorno al Tibet) capirebbe quanto intrinseche sono la nonviolenza e la misericordia nella vita quotidiana di un tibetano, per non parlare ovviamente del Dalai Lama che da oltre sessant’anni lotta per l’integrazione e l’autonomia del suo popolo all’interno della Cina nazionalista. Anche in questo caso, cosa sapremmo di quelle genti senza una lotta nonviolenta così radicata caparbia e irrinunciabile?  Questo ci porta alla libertà d’informare e di essere informati, che nel nostro paese sta subendo in questo momento attacchi mai conosciuti in nessuna democrazia europea o d’oltreoceano. Ogni giorno vengono scritti fiumi di parole in difesa della libertà di stampa, si organizzano cortei e manifestazioni locali e nazionali, i giornalisti e i loro sindacati sono schierati in difesa del loro diritto e soprattutto del diritto di tutti noi di sapere chi sono gli uomini con cariche pubbliche che ci governano, come si comportano, se le loro azioni sono lecite o meno.

Purtroppo il governo vuole stendere un velo di silenzio inaccettabile su questo tipo di notizie, strumentalizzandole per uno scopo ancora più grave, impedire le intercettazioni delle cosche criminali che affliggono il nostro paese in particolare, ma anche gli altri paesi occidentali: gli Stati Uniti hanno addirittura fatto sapere al nostro governo di non condividere l’attuazione di un tale fuorviante, delegittimante e destabilizzante decreto legge sulle intercettazioni. Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti d’America sosteneva che "La nostra libertà dipende dalla libertà di stampa, ed essa non può essere limitata senza che vada perduta".

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?

- Carla Biavati: “Solidarietà di pace a Sarajevo”, la cosiddetta “Marcia dei 500”, fu realizzata dopo un meeting a Padova, nell’agosto del 1992, indetto per rispondere all’appello del Centro internazionale per la pace di Sarajevo. Dopo la discussione dell’appello, l’associazione Beati i costruttori di pace si prese il rischio di organizzare la marcia per la pace.

A quel tempo, ero membra della Rfn con Marco Baino, del "Sereno Regis" di Torino, e insieme ad altri volontari organizzammo la formazione dei partecipanti. Parte della strategia consisteva nell’organizzare tre training per la preparazione dei partecipanti alla marcia. Il primo training si tenne contemporaneamente a Torino, Bologna e Roma verso la fine di settembre 1992, parteciparono agli eventi un migliaio di persone, di cui circa la metà confluì su Bologna.

Ho partecipato al primo training di Bologna insieme a molte altre persone, venute da tutta la regione Emilia Romagna e anche da fuori. I partecipanti furono coinvolti per la prima volta in un training nonviolento di massa e conoscevano solo superficialmente la metodologia nonviolenta. Per questa ragione i trainers portavano una grossa responsabilità nel formare, nell’informare e nel selezionare tutti i partecipanti.

Il primo passo fu nel dividere l’assemblea plenaria in diversi Gruppi di Affinità (GdA), basati per lo più sulla prossimità territoriale. Tutti i GdA erano invitati a lavorare solo all’interno del proprio gruppo sull’agenda comune dettata dai trainers.

Si inizia con una breve presentazione di ciascun partecipante dove si esprime un aspetto positivo e un limite della propria scelta. In seguito i partecipanti vengono invitati a scrivere su di un post it le loro motivazioni personali, che vengono poi messe insieme ed esposte per essere condivise da tutti. Quindi abbiamo continuato a lavorare sulla fiducia, per costruire lo spirito di gruppo, aumentare l’empatia tra i membri e ricercare un senso di responsabilità comune. Poi vengono eletti un portavoce e un suo vice, per facilitare la comunicazione. E ancora una suddivisione in triadi, gruppi di tre persone che devono essere in grado di sapere in tempo reale dove sono gli altri due, in modo da organizzare una conta in tempi brevi e anche per facilitare il portavoce nel riportare le opinioni dei partecipanti all’organizzazione. Nell'"Assemblea Margherita" i GdA formano un cerchio largo con lo speaker davanti al gruppo, in modo che possa comunicare con l’organizzazione al centro del cerchio e con il gruppo dietro le spalle. I formatori hanno solo ed esclusivamente il compito di garantire l’uso corretto dello strumento “Margherita” e del rispetto dei tempi di durata precedentemente concordati. L’obiettivo di tale strumento è raffigurare il consenso di tutte le persone alla realizzazione delle proposte che non necessariamente devono essere uniche. Si può arrivare ad ottenere il consenso di tutti nel decidere che, ad esempio, un GdA fa informazione, un altro logistica, un altro ancora realizza azioni visibili di protesta o digiuno e così via. Mentre gli altri GdA proseguono nel compimento diretto dell’azione per la quale si è indetta l’assemblea Margherita.

Il metodo del consenso permette quindi ad ogni partecipante di trovare il proprio ruolo all’interno di un’azione di massa pienamente condivisa, dove ogni persona è importante come le altre. Questo metodo di lavoro serve soprattutto a trasformare una posizione bloccante di veto in un modo differente, ma ugualmente importante, di partecipazione del singolo o del gruppo. Nel caso in cui anche un solo partecipante ponesse un veto definitivo i GdA ritornano ad elaborare forme e contenuti nuovi da riproporre all’assemblea fino allo scioglimento del veto.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene più importanti, e perché?

- Carla Biavati: La realizzazione dei Corpi civili di pace (da ora in poi Ccp) all’interno di una strategia di difesa ufficiale e ufficialmente riconosciuta, dipende moltissimo dalla capacità dei gruppi di azione nonviolenta di indicare in modo chiaro la volontà, la metodologia, il quadro d’intervento ed infine l’efficacia in cui i Ccp possono essere impiegati. Per questo penso che si debba procedere a sviluppare la nostra strategia di attuazione in tre punti principali.

Il primo sono i diritti. All’interno di una società che si reputi democratica, cioè governata per mandati e deleghe verificabili dalla volontà popolare, vi sono importanti diritti acquisiti, tra cui quelli del dissenso e dell’obiezione. Dal dopoguerra ad oggi la volontà popolare italiana ed europea ha ottenuto, tramite il dissenso e l’obiezione di coscienza di moltissimi suoi cittadini, che il modello di difesa fosse ampliato per dare a coloro che non desiderano solo la difesa armata la possibilità e la capacità di utilizzare e sperimentare altri metodi, di uguale e provata efficacia. Questa istanza che è stata pressante e continua negli anni non è una semplice necessità morale o una scelta ideologica, bensì una precisa scelta metodologica e strategica.

Nel secondo punto che definisco di empowerment o potenziamento, si dovranno divulgare le teorie e gli studi scientifici prodotti in questi anni dagli studiosi della materia insieme alle pratiche già applicate sul campo, così da ottenere un ampliamento della cultura dell’intervento nonviolento e quindi produrre nelle istituzioni una più diffusa fiducia nelle sue applicazioni. Per esempio: laddove si configuri una situazione sociale di pre-conflitto, con aperte violazioni di norme e diritti socialmente riconosciuti, l’impiego immediato di forze armate risulterebbe, oltre che inefficacie perché incapace di leggere il sintomo e disarmare le posizioni, anche pericoloso, mentre l’entrata in campo di attori armati produrrebbe una escalation reciproca di azioni di difesa. Infatti, se un attore in campo presenta le armi, anche gli altri attori le presenteranno inevitabilmente, per non perdere di efficacia e di credibilità. Mentre l’uso di quadri civili di monitoraggio, di informazione, di prevenzione e di ricerca di dialogo tra le parti, anche con indagini di tipo legale sulle denuncie reciprocamente presentate dalle parti, produrrebbe un decremento della risposta aggressiva. Esaminando di seguito una situazione di conflitto aperto e guerreggiato con già presenti sul territorio attori armati, vediamo che il semplice uso di forze d’interposizione armate produrrebbe sicuramente una risposta violenta che ricadrebbe sulle popolazioni disarmate, tenute così in ostaggio dai belligeranti, oppure impiegate forzatamente per azioni belliche secondo i bisogni. Queste e molte altre teorie e pratiche sull’uso differente dei mezzi di dissuasione sono il patrimonio di oltre cinquant’anni di studi, e le loro applicazioni sul campo fanno parte di un'ampia teorizzazione e documentazione.

Per concludere, il terzo punto è quello dello sviluppo. Cioè la richiesta di realizzazione e formazione di quadri civili da impiegarsi sul campo all’interno delle situazioni di conflitto. Molte organizzazioni civili hanno operato e operano all’interno dei conflitti in corso ma queste capacità già espresse (ong, comitati, associazioni, ecc.) dovrebbero sfociare organicamente in progetti nazionali, europei e internazionali che li impieghino come Ccp.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che più adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Carla Biavati: In una società ormai globalizzata sicuramente le risorse informatiche; siti internet, social network, liste di discussione e quant’altro sono oggi i mezzi d'informazione più usati specialmente dai giovani per informarsi e rimanere aggiornati su ogni tipo di argomento e quindi anche sulla nonviolenza. In questo ambito il notiziario telematico "La nonviolenza è in cammino" rappresenta sicuramente una formula di eccellenza nella diffusione della cultura nonviolenta, mio marito segue da anni un sito web per l’associazione Ipri - rete Ccp (www.reteccp.org) e mi ha sempre detto che oltre un terzo delle informazioni catalogate nel sito provengono da "La nonviolenza è in cammino", un notiziario che offre nomi e bibliografie sempre nuove per chi voglia conoscere e approfondire la nonviolenza.

Anche il sito della rete Ccp è cresciuto in questi anni e può offrire ottimo materiale di approfondimento sulla nonviolenza e le azioni dirette nonviolente di interposizione e riconciliazione in zone di conflitto.

Cito questi esempi perché ne ho conoscenza diretta ma sono certa che esistono in rete miriadi di altre esperienze simili e altrettanto ricche ed efficaci.

Per quanto riguarda la letterature tradizionale i titoli sono numerosissimi, nella biblioteca del sito www.reteccp.org sullo scaffale delle bibliografie c’è un’intera sezione dedicata alle diverse bibliografie relative alla nonviolenza e anche ai corpi civili di pace.

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?

- Carla Biavati: A questo proposito voglio ricordare Gabriele Moreno Locatelli, che aveva preso i voti da francescano e stava percorrendo la via del noviziato.

Riporto il seguente comunicato dei Beati i costruttori di pace: "Gabriele Moreno Locatelli di anni 34, residente a Brescia, è deceduto a Sarajevo alle ore 19.45 circa in seguito alle gravi ferite procurategli dall'azione vile dei cecchini mentre stava realizzando con altri quattro amici una straordinaria missione di pace. La notizia ci è stata comunicata direttamente dai suoi amici che con lui a Sarajevo stavano realizzando il progetto 'Si vive una sola pacè. Chi gli ha sparato ha fermato un corpo, ma non ha certo potuto fermare la sua anima. Sappiamo tutti come è morto e nonostante le belle frasi che possiamo dire o sentire o leggere, il dolore per una perdita così grande resta comunque il sentimento più forte. Nei comunicati stampa sono ricostruite le sue ultime ore. Mancano gli sguardi, i rumori, l'angoscia, ma quelli sono dentro ciascuno di noi. Un'ultima cosa, che non è riportata dai comunicati stampa, ma che a chi scrive sembra essenziale: Gabriele ha subito due operazioni dopo esser stato ferito, era debole, ma capiva di essere in ospedale e nonostante questo le sue ultime parole sono state per gli altri quattro amici che erano con lui sul ponte: 'Stanno tutti bene?'" (dal libro La mia strada. Dagli scritti di Gabriele Moreno Locatelli, 1993).

E voglio ricordare anche Rachel Corrie sepolta viva da una ruspa dell’esercito israeliano mentre praticava l’interposizione attiva in una zona di conflitto. Ricordarla attraverso una sua poesia che esprime tutto il sentimento di nonviolenza e di fratellanza che la sospingeva nella sua lotta.

"Questo è un momento perfetto, è un momento perfetto per molte ragioni ma soprattutto perché tu ed io ci stiamo svegliando dalla nostra complicità sonnambula con i maestri dell'illusione e della distruzione.Grazie a loro, da cui fluiscono queste benedizioni dolorose, ci stiamo svegliando. Grazie a loro, da cui trasudano questi spaventosi insegnamenti, ci stiamo svegliando. Le loro guerre e torture, i loro diavoli e confini, estinzioni di specie e malattie nuove di zecca, il loro spiare e mentire in nome del padre, sterilizzando semi e brevettando l'acqua, rubando i nostri sogni e cambiando i nostri nomi, i loro brillanti spot pubblicitari, le loro continue prove generali per la fine del mondo. Grazie a loro, da cui fluiscono queste benediziondolorose, ci stiamo svegliando. Grazie a loro, da cui trasudano questi spaventosi insegnamenti, ci stiamo svegliando.Le loro dolorose benedizioni stannosquarciando quell'allucinazione di massa amara e raggrinzita erroneamente chiamata realtà. Cominciano ad arrivare a valanga notizie sull'autentica casa dell'anima, infiltrandosi nei nostri sogni ad occhi aperti sempre più lucidi. L'eternità selvaggia matura e succosa ci inonda. I nostri alleati dall'altra parte veloci ci raggiungono a sciame. Ci stiamo svegliando. E come il cielo e la terra si incontrano, come ilsogno e la veglia si mescolano, come il paradiso e gli inferi si intersecano, notiamo il fatto esilarante e scioccante che tocca a noi decidere, tocca a noi decidere, a me e a te, come costruire un mondo nuovo di zecca. Non in qualche lontano futuro o luogo distante ma proprio qui ed ora. Siamo sull'orlo di un precipizio, danziamo proprio sul bordo, e non possiamo permettere a questi folli che governano un mondo morente di portare avanti i loro sortilegi. Dobbiamo insorgere e combattere la loro logica malata; sfidare, resistere e fermare la loro tragica magia; scatenare la nostra ira sacrosanta e fargliela sentire. Ma per aver la meglio sui morti viventi non è sufficiente. Protestare contro i mostri in doppiopetto non è sufficiente. Non possiamo permetterci di esser consumati dall'ira, non possiamo essere ossessionati e posseduti da lamenti. I dolci nostri corpi animali hanno bisogno di felicità turbolente. La nostra stupefacente immaginazione ha bisogno di nutrirsi con compiti che stimolino il nostro diletto. Abbiamo bisogno di verità allo stato selvaggio, una bellezza insurrezionale che ecciti la nostra curiosità, una bontà oltraggiosa che ci porti a compiere atti eroici di appassionata compassione,/un amore ingegnoso che ci trasformi senza tregua, una libertà astuta che non sia mai permanente ma da afferrare e reinventare ogni giorno, e di una giustizia-totalmente-seria-ma-sempre-ridente che progetti e sogni come diminuire la sofferenza e accrescere la gioia di essere senziente. Così sono radicalmente curiosa, compagni miei creatori; sul serio in delirio: visto che tocca a noi costruire un mondo nuovo di zecca, da dove cominciamo? Quali verità allo stato selvaggio pensiamo di piantare al cuore della nostra creazione:quali storie saranno i nostri promemoria? Quali domande ci alimenteranno? Eccotene una: nel Mondo Nuovo saprai con tutto te stesso che la vita è pazzamente innamorata di te, la vita è selvaggiamente e innocentemente innamorata di te. Nel Nuovo Mondo saprai al di là di ogni dubbio che migliaia di alleati nascosti si stanno dando da fare per farti diventare quella bellissima curiosa creatura cui sei destinato per nascita. Ma poi arriva la domanda fatale: l'amore con cui la vita eternamente ti inonda non è stato corrisposto al suo meglio, ma c'è ancora modo per mostrarsi più espansivi, se la vita è selvaggiamente e innocentemente innamorata di te, sei pronto a cominciare ad amare la vita così come essa ti ama? Nel Nuovo Mondo, lo farai. Nel Nuovo Mondo, rigetterai la paranoia con tutta l'intelligenza del tuo cuore. E abbraccerai la Pronoia, che è l'opposto della paranoia. Pronoia è il vago sospetto che tutto il mondo vivente sta cospirando per inondarti di felicità turbolente. Pronoia è la percezione emergente che la vita è una cospirazione per liberarti dall'ignoranza, e riempirti d'amore, e farti spirito risplendente. Compagni miei creatori, voglio che sappiate che sono allergica ai dogmi, non ho fiducia in alcuna idea che richieda fede assoluta. Ci sono molte poche cose di cui sono del tutto certa. Ma sono assolutamente sicura che la Pronoia descrive il mondo così com'è. La Pronoia è più umida dell'acqua, più vera dei fatti, è più forte della morte. Odora del fumo di cedro nella pioggia primaverile, e se ora chiudi gli occhi ne percepirai il tremulo scintillare nel tuo morbido caldo corpo animale come un'aurora boreale. La roba dolce che appaga le tue voglie non è chissà dove in qualche altro spazio e tempo. È proprio qui ed ora. La Terra è ricolma di paradiso" (Rachel Corrie, 2003).

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

- Carla Biavati: Ecco una breve biobibliografia: Maria Carla Biavati nasce il 18 luglio 1954, coniugata, parla inglese, diploma odontotecnico. Diploma in psicologia sistemica presso l'Associazione di ricerca sulla psicologia sistemica (Arps) di Bologna. Si è specializzata al recupero dei giovani in disagio attraverso lo studio della metodologia elaborata dal professor Olivenstein del centro “Marmottan” di Parigi. Ha lavorato per nove anni al recupero di giovani con problemi di inserimento sociale e tossicodipendenza presso il centro di accoglienza dell’Opera Padre Marella a Bologna; lavora da diciassette anni per la Cooperativa Sociale A.D.A. come responsabile delle attività assistenziali. È stata candidata tre volte alle elezioni comunali a Bologna, per i Verdi, per la lista Di Pietro - Occhetto e per la lista civica “Altro Appennino”. Ha fatto parte, fin dall’inizio, della rete di formazione alla nonviolenza, un organismo nazionale di formazione e diffusione della cultura nonviolenta che ha lavorato negli anni '70 e '80 in tutta Italia fornendo corsi e training tematici a centinaia di associazioni. È formatrice mediante il metodo del training nonviolento. Ha frequentato il corso di laurea per operatori di pace fondato dal professor Alberto L’Abate dell’Università di Firenze.

Ha collaborato e partecipato ai programmi di formazione degli obiettori di coscienza dell'associazione Gavci, della Caritas e dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, preparandoli al servizio civile all’estero (Bosnia, Kossovo, ecc.). Ha partecipato alle iniziative internazionali dei Beati i costruttori di pace in Bosnia (1992 Marcia dei 500, e 1993 Mir Sada, più altri tre interventi in Bosnia), in Kossovo (1999 I Care), in Congo (2001 Simposio internazionale per la pace in Africa) dove ha iniziato un rapporto con le realtà dell’associazionismo femminile congolese, si è recata in Palestina per molti anni con le associazioni Berretti Bianchi Onlus, Ipri - rete Ccp, Interventi civili di pace, partecipando a numerose conferenze a Gerusalemme, Betlemme, Bilin e facendo monitoraggio ed interposizione nonviolenta in diversi progetti nella West Bank e nella striscia di Gaza (dal 2002 al 2009). Ha collaborato per tre anni, dal 1994 al 1996, ad un progetto dell’ong Ics di adozione a distanza a Mostar Est, dove si recava ogni mese per consegnare gli aiuti con l’Associazione "il Cerchio" di Modena. Ha iniziato ad interessarsi della situazione in Kossovo e, dopo numerosi viaggi di studio, ha collaborato alla realizzazione del progetto Campagna per una soluzione nonviolenta del conflitto in Kossovo come assistente del professor Alberto L’Abate, con il quale ha organizzato diversi training di formazione. Nel dopoguerra ha lavorato a percorsi di riconciliazione con padre Lush Gjergji, sacerdote cattolico kossovaro (1993-2004). Fa oggi parte dell’Associazione Berretti Bianchi Onlus di cui è vicepresidente, associazione che opera in zone di conflitto con piccoli interventi, attualmente in Palestina e Iraq, e con progetti di integrazione sociale (migranti e Romanesc) in Italia.

Ha partecipato a New Delhi alla fondazione del coordinamento mondiale di associazioni per la prevenzione e la risoluzione dei conflitti, Nonviolent Peaceforce, sostenuta da numerose associazioni di tutto il mondo dal sudest asiatico all’Africa, dal sud America all’Europa. È cofondatrice della Rete Corpi civili di pace, per la realizzazione dei Corpi civili di pace in Italia e in Europa. Ha partecipato per alcuni anni alle riunioni e al coordinamento del Network europeo per i Servizi civili di pace ( Encps). Attualmente collabora e fà parte del direttivo di Ipri - Rete Ccp, e lavora al progetto Interventi civili di pace co-inanziato dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri (Dgcs del Mae) che vede coinvolte molte Ong in otto regioni italiane nella diffusione della cultura di pace e nella diffusione dei metodi di intervento nonviolento nei conflitti. Insieme al Centro "Sereno Regis" di Torino ed all'Associazione francese Man ed al Movimento Nonviolento ha lanciato una campagna internazionale per una soluzione del conflitto israelo-palestinese che proponeva l'invio di una forza Internazionale d’intervento civile in Israele e Palestina, per uscire dalla logica della guerra, rinforzare lo spazio del dialogo e creare le condizioni per una soluzione politica del conflitto. Tuttora a termine della campagna partecipa e supporta le iniziative di resistenza civile denominate “Grassroot nonviolent resistence” in alcune zone della Palestina (Bilin, Al Masara, ecc.). Ha partecipato a numerose conferenze italiane ed europee sul ruolo della società civile nella prevenzione dei conflitti armati, tra cui quelle del ciclo voluto dal Segretario Generale dell’Onu per rafforzare il ruolo della società civile nello sviluppo di azioni efficaci nella prevenzione dei conflitti armati e per rafforzare le relazioni tra la società civile, l’Onu e le organizzazioni regionali mondiali come l’Unione Europea. È stata membro del Comitato per la Difesa Civile Nonarmata e Nonviolenta. (Dcnanv) nel biennio 2005-2006.

Ha collaborato alla realizzazione di alcune pubblicazioni sulla nonviolenza attiva: Guida all’azione diretta nonviolenta, a cura di Enrico Euli e Marco Forlani, supplemento al n. 33 di "AltrEconomia", novembre 2002, "Missioni di pace all’estero: prevenire i conflitti”, con il contributo di Maria Carla Biavati; Celebrazione di San Massimiliano, obiettore e martire. Un Santo antico e moderno. Atti del Convegno-pellegrinaggio al Santuario “Madonna della Pace” di Albisola Superiore (Savona), 4 maggio 2003, a cura di padre Angelo Cavagna, “Conflitti moderni e Corpi civili di pace”, di Maria Carla Biavati; Atti del Seminario “L’Evoluzione del principio costituzionale del sacro dovere di difesa della patria alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale: La Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta”, Organizzato dall’Ufficio per il Servizio Civile, Comitato di Consulenza per la Difesa Non Armata e Nonviolenta, Roma, Istituto Sturzo, 19 maggio 2005, “Hand out", di Maria Carla Biavati, vicepresidente dei Berretti Bianchi Onlus; Il nostro Iraq, di Maurizio Cucci, stampato nel 2006 con il patrocinio del Comune di Firenze, il sostegno della Commissione Pace e della Presidenza del Consiglio del Comune, grazie all’interessamento del Consigliere Pierluigi Ontanetti, “Introduzione”, con la collaborazione di Maria Carla Biavati; Per un futuro senza guerre, di Alberto L’Abate, Liguori, Napoli 2008, “Il modello dell’essere umano e la ricerca per la pace”, con il contributo di Maria Carla Biavati; L’Europa e i conflitti armati, a cura di Alberto L’Abate e Lorenzo Porta, University Press, Firenze 2008, “I cittadini promuovono la resistenza nonviolenta, la difesa e l’intervento in zona di conflitto, quale via per progredire nella cultura di pace”, di Maria Carla Biavati; "Rivista di Interventi Civili di Pace", n 4, 2009, “Come realizzare i Corpi civili di pace”, di Maria Carla Biavati.

Fonte: Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo