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Nonviolenza: intervista Nanni Salio

Pubblichiamo, come approfondimento sulla nonviolenza, questa intervista di Giselle Dian, della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", a Nanni Salio, del Centro Studi Sereno Regis di Torino.

Giselle Dian: Quale eredità ha lasciato nella cultura statunitense e mondiale l'esperienza di Martin Luther King, la lotta contro il razzismo e il movimento per i diritti civili?


- Nanni Salio: La lotta guidata da Martin Luther King, ma, non dimentichiamolo, avviata da una donna, Rosa Parks, ha ridato speranza alle minoranze oppresse in molte parti del mondo, Sudafrica compreso. Come recitava il rap di un famoso rapper, Jay-Z, durante l'ultima campagna campagna presidenziale: "Rosa Parks sat so Martin Luther King could walk. Martin Luther King walked so Obama could run. Obama ran so we can all fly": "Rosa Parks si è seduta  perché Martin Luther King potesse marciare. Martin Luther King ha marciato perché Obama potesse correre. Obama corre perché tutti noi si possa volare".

Ma le altre due lotte importanti avviate da Martin Luther King, contro la guerra (del Vietnam allora, e oggi Iraq e Afghanistan) e contro la miseria estrema dei ghetti e degli slum abitati dalla minoranza nera, non hanno avuto pieno successo. La cultura e la politica Usa è ancora profondamente permeata di militarismo e di capitalismo estremo (neoliberismo) di cui oggi vediamo e subiamo gli immensi costi.
Negli Usa come in India i grandi personaggi (Martin Luther King e Mohandas K. Gandhi) vengono spesso usati come icone inoffensive dai leader politici al potere, contraddicendo il loro insegnamento.

- Giselle Dian:
La riflessione e la pratica del femminismo hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione dei movimenti sociali impegnati per i diritti umani di tutti gli esseri umani. Come si è esercitato questo ruolo nel corso degli ultimi decenni a livello planetario?  


- Nanni Salio: Gandhi considerava fondamentale il ruolo delle donne nelle lotte nonviolente in India. Più in generale, osserviamo che molti movimenti di base sono stati promossi dalle donne: le "Madri e Nonne di Plaza de Mayo" per denunciare le sparizioni e le uccisioni perpetrate dalla dittatura argentina, le "Donne in nero" che lottano e testimoniano in varie parti del mondo contro guerre, militarismo, fondamentalismo. Ma anche qui c'è molto da fare. Osserviamo anche forme di regressione nella nostra società, operate da pubblicità e tv, come denuncia in un bel libro Lorella Zanardo, Il corpo delle donne (Feltrinelli, Milano 2010). Ma la crescita dei movimenti che si impegnano contro la violenza nei confronti delle donne è un segno positivo e bisogna integrare esplicitamente queste forme di lotta dentro la cultura della nonviolenza.

- Giselle Dian: L'opposizione alla bomba atomica ha caratterizzato la seconda metà del Novecento; negli ultimi decenni essa si è sviluppata anche contro le centrali nucleari, cogliendo una serie di decisivi nessi ed implicazioni. Quali sono state le esperienze cruciali e quali sono le riflessioni fondamentali del movimento antinucleare?  

- Nanni Salio: La questione nucleare è tale per cui civile e militare sono due facce della stessa medaglia: non c'è l'uno senza l'altro. Ma il nucleare civile rientra nella più ampia questione energetica, che è segnata dal "picco del petrolio" e dagli effetti climatici (global change) dell'uso dei combustibili fossili (oltre a petrolio, gas e carbone). Il nostro stile di vita e l'attuale modello economico dominante è totalmente dipendente dai fossili in generale e dal petrolio in particolare. Occorre agire in fretta per evitare che la concentrazione di CO2 e di altri gas serra continui a crescere ulteriormente, raggiungendo un punto di non ritorno. Purtroppo, al momento non ci sono scelte e decisioni incisive.
Il nucleare serve "solo" a produrre energia elettrica che, agli usi finali, conta per meno del 15% di tutto il fabbisogno. Qualora si volessero elettrificare tutti, o gran parte, dei trasporti (punto cruciale dell'intero sistema economico, produttivo, energetico), la quota di energia elettrica salirebbe di molto. L'eventuale scelta nucleare non sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno elettrico, perché la disponibilità di Uranio 235 (quello a tutt'oggi usato nelle centrali) si esaurirebbe in poco tempo, un paio di decenni.
Occorrerebbe utilizzare l'Uranio 238 trasformandolo in Plutonio 239 mediante reattori autofertilizzanti, che non sono in commercio. Il Plutonio è l'elemento più tossico che esiste, oltre che radioattivo su tempi dell'ordine delle decine di migliaia di anni.
In breve, la questione energetica e nucleare richiede una totale revisione del nostro sistema socioeconomico: insediamenti urbani e produttivi su piccola scala; efficienza energetica sia nella produzione sia nella progettazione di qualsiasi bene (ciclo di vita dalla culla alla culla) evitando obsolescenza programmata degli oggetti e "usa e getta"; fonti rinnovabili decentrate di piccola potenza. Un modello di questo genere è possibile e desiderabile, ma non si presta alla concentrazione di potere nelle mani di pochi, nè a soddisfare avidità e invidia di altrettanti pochi, come diceva il Mahatma Gandhi. Sta a noi scegliere, e quanto prima opteremo per questa transizione tanto meglio, per evitare di cadere in una situazione fuori controllo che produrrebbe un collasso con conseguenze inimmaginabili.

- Giselle Dian: La solidarietà internazionale con il movimento antiapartheid in Sudafrica ha caratterizzato gli anni Ottanta; e ad essa anche gli artisti (delle arti visive, della musica, della letteratura, del teatro e del cinema) hanno dato un contributo rilevante, particolarmente sul versante della sensibilizzazione. Poi, negli anni '90, la liberazione di Nelson Mandela, la sua elezione a primo presidente democratico del Sudafrica, e l'esperienza straordinaria della Commissione per la verità e la riconciliazione, costituiscono eventi di portata mondiale ed epocale. Quali riflessioni si possono trarre da questa vicenda?

- Nanni Salio: La prima è la grande capacità di Nelson Mandela e di Desmond Tutu di avviare un processo di riconciliazione su larga scala. Poi è stata importante la solidarietà di esponenti della comunità bianca, che man mano si sono coinvolti nella lotta. Un terzo elemento importante è stato il boicottaggio internazionale e l'isolamento che il Sudafrica ha subito rispetto al resto del mondo: Questo è ciò che si sta tentando di fare anche nei confronti dello stato di Israele, per indurlo ad affrontare seriamente la questione palestinese.
La componente artistica è anch'essa importante, perché costituisce una forma di diffusione di un pensiero molto efficace.
Il lavoro di riconciliazione è lungo e impegnativo, indispensabile se non si vuole ricadere in errori e conflitti laceranti.

- Giselle Dian:
Da alcuni anni si ha la sensazione che almeno in alcune parti del mondo finalmente i diritti delle persone omosessuali vengano almeno formalmente riconosciuti, e che il pregiudizio e la violenza omofoba non godano più di una complicità diffusa. È realmente così? Ed attraverso quali tappe di impegno civile e di progresso culturale si è giunti a questa situazione, e quanto cammino c'è ancora da percorrere, e quali iniziative occorre intraprendere affinché ad ogni persona sia riconosciuto il diritto alla libera autodeterminazione ed autogestione del proprio orientamento sessuale e delle proprie scelte di vita?  

- Nanni Salio: La questione sessuale, oltre a quella più specificamente omosessuale, rimane una delle problematiche più importanti per uomini e donne, giovani, ragazzi, adolescenti. Nonostante vi sia, soprattutto in Occidente, una diffusa libertà di comportamenti, non esiste una buona educazione alla sessualità, affettività, sensualità. Questa è una lacuna che riguarda anche i movimenti e la cultura della nonviolenza.
Eppure non mancano opere straordinarie in tutte le principali culture che potrebbero costituire una buona base di riferimento.
In Occidente i processi di liberalizzazione e di maggiore e più profonda conoscenza della sessualità hanno condotto anche a forme, ancora parziali, di riconoscimento della diversità sessuale e del diritto di scelta in questo campo.
Ovviamente le contraddizioni sono ancora molte e anche gli ostacoli. Da un lato la Chiesa cattolica, stretta tra "pedofilia" e "sessuofobia"; dall'altra forme integraliste di pensiero e di concezione maschilista che continuano a essere presenti in alcuni settori della società.
In altre aree culturali il problema è ancora più acuto, anche se lentamente qualcosa sta cambiando.

- Giselle Dian: È sempre più evidente la coerenza e la saldatura tra impegno per la pace, affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani, scelta della nonviolenza, femminismo ed ecologia. Come e perché si realizza questa convergenza? Quali frutti recherà all'umanità?  

- Nanni Salio: A mio modo di vedere la nonviolenza è alla base di tutte le altre forme di impegno, ma storicamente molti movimenti e molte lotte si sono sviluppate a partire da temi specifici.
Da un lato assistiamo con piacere al fiorire di molteplici attività, che Paul Hawken descrive in un suo libro (Una moltitudine inarrestabile, Edizioni Ambiente, Milano 2009) come "la seconda superpotenza mondiale", sorta "senza che nessuno se ne sia accorto", con centinaia di migliaia, addirittura milioni, di gruppi e iniziative sparse in tutto il mondo.
Dall'altra, ci sembra che l'enormità dei problemi e delle crisi che stiamo vivendo richiedano un impegno coordinato e ancora maggiore.
Che cosa succederà non lo sappiamo, ma di certo abbiamo bisogno di una nuova tappa evolutiva, e la nonviolenza costituisce il collante e la base di questa evoluzione futura dell'umanità.
Occorre un impegno ancora maggiore di ricerca, educazione e azione per creare e diffondere una cultura della nonviolenza che ci permetta di vivere in modo più armonioso e ricco interiormente.

- Giselle Dian:
Quale può essere lo specifico contributo dell'arte all'impegno per la pace, l'ambiente, i diritti umani di tutti gli esseri umani?  

- Nanni Salio: Una nostra amica, Daniela Minerbi, una pittrice che vive alle Hawaii, ha lanciato un progetto, che abbiamo accolto e contribuito a realizzare in Italia, chiamato Papp (Portable Art Portable Peace). Sono una cinquantina di piccoli quadri, che si possono comodamente spedire e far circolare da una città all'altra, da un luogo all'altro, per organizzare iniziative sul tema del rapporto arte-pace, coinvolgendo bambini, studenti, gente comune nel realizzare in modo semplice e spontaneo opere artistiche sulla pace, senza l'ambizione di avere solo grandi artisti.
Abbiamo sperimentato questa proposta in alcune città, in particolare ad Aosta, con buoni risultati.
C'è tuttavia una difficoltà che occorre tenere presente: è più facile intendere il rapporto arte-pace come occasione di denuncia della guerra (pace negativa) che come capacità di rappresentazione di pace positiva e nonviolenza. Ne abbiamo parlato, anche in occasione di momenti seminariali, con la presenza di Johan Galtung che ha contribuito a sviluppare questo nesso problematico.
Le rappresentazioni artistiche invadono anche lo spazio esterno e non solo i musei. Abbiamo contribuito a realizzare un piccolo museo-laboratorio della pace a Collegno, una cittadina vicino a Torino, ma sarebbe molto bello riuscire man mano a trasformare lo spazio esterno in una sorta di museo diffuso che non ricordi solo gli eventi bellici, come oggi avviene con monumenti e altri simboli di guerra, ma diventi capace di veicolare immagini di pace positiva e di nonviolenza. C'è tanto lavoro da fare e aspettiamo "nuovi artisti di pace".

- Giselle Dian:
L'opera di Keith Haring, e più in generale il linguaggio dei "graffiti", pone in evidenza il rapporto tra opera d'arte e dimensione urbana, tra performance estetica e vissuto della strada, tra "nonluoghi" e impegno civile, tra forme della cultura di massa e lotta contro l'alienazione e l'emarginazione, tra strutture della vita quotidiana e nuove modalità di risignificazione dei luoghi e delle esperienze esistenziali. Quali riflessioni le suscita questa prassi?  

- Nanni Salio: Su Keith Haring è appena stato pubblicato da Feltrinelli un cofanetto (libro + dvd) nella bella collana di Real Cinema, che contiene molti titoli di grande interesse per chi lavora sui temi di pace, ambiente, sostenibilità.
Non occorrono molte parole per evidenziare la bruttezza che caratterizza gran parte, con poche eccezioni, delle strutture architettoniche delle città in cui viviamo. Nulla a che vedere con l'armonia di alcuni piccoli borghi, villaggi, luoghi ancora non distrutti dalla furia del capitalismo.
Si capisce allora che si sia sviluppata soprattutto nelle fasce giovanili una certa attrazione per i graffiti urbani. Ma occorre anche dire che spesso ci si limita a forme di protesta che non riescono a realizzare e veicolare espressioni artistiche autenticamente alternative, creative e positive. È una ricerca in atto che va coltivata con cura, e forse proprio riscoprire l'opera di alcuni grandi artisti e conoscere forme artistiche presenti in altre parti del mondo, potrebbe aiutarci in questo compito.
Occorre tuttavia non cadere nella trappola del "successo", ottenuto con ingenti capitali e opere faraoniche che riproducono, senza esserne coscienti, le forme dominanti di sfruttamento e potere.

- Giselle Dian: Nella vicenda di Haring è rilevante anche il suo impegno nella lotta contro l'Aids (la malattia di cui morì a trentun anni di età). Da allora ad oggi cosa è cambiato e cosa occorre fare sia sul tema specifico sia più in generale per affermare il diritto di tutti alla salute, all'assistenza e alla solidarietà?  
- Nanni Salio: Come noto, la questione Aids prese alla sprovvista proprio quelle comunità e gruppi, in particolare omosessuali ma non solo, che avevano avviato esperienze di vita all'insegna della libertà sessuale. Queste sono anche le comunità che hanno saputo reagire più prontamente, pur se con molte sofferenze, perché più benestanti e colte.
Altra cosa è l'epidemia di Aids tuttora diffusa nelle regioni più povere, in particolare l'Africa.
Testimonianze e impegno come quelli di Alex Zanotelli a Korogocho o in altre baraccopoli, favelas e slum nelle grandi periferie di Rio, Mumbai, Kolkata, ecc. sono particolarmente significative.
Ma fame, malattie, miseria estrema sino al degrado caratterizzano ancora una parte consistente dell'umanità nell'indifferenza quasi totale e nell'incapacità di prendere alla lettera quel "talismano di Gandhi" che ci dice di "partire dagli ultimi", dai più bisognosi, secondo quell'insegnamento evangelico tanto disatteso nella nostra folle civiltà che osa dichiararsi "cristiana".
Nella forma più incisiva il programma di ciò che dovremmo fare è contenuto nelle parole che Gandhi ci ha lasciato pochi giorni prima di essere ucciso.
Vale la pena di ricordarle e di farne un piccolo poster da tenere sempre con noi: Il talismano di Gandhi.
"Ti darò un talismano.
Ogni volta che sei nel dubbio  o quando il tuo 'iò ti sovrasta,  fa questa prova:  richiama il viso dell'uomo più povero e più debole  che puoi aver visto  e domandati se il passo che hai in mente di fare  sarà di qualche utilità per lui.
Ne otterrà qualcosa?  Gli restituirà il controllo  sulla sua vita e sul suo destino?  In altre parole,  condurrà all'autogoverno  milioni di persone  affamate nel corpo e nello spirito?  Allora vedrai i tuoi dubbi e il tuo 'iò dissolversi".

Fonte: Centro Ricerca per la Pace di Viterbo