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Criminalita' privata e criminalita' di Stato

L'angosciosa crisi del nostro tempo non deriva per gran parte dallo smarrimento di chi appura insufficienti le antiche norme di comportamento, mentre ancora gli mancano gli strumenti metodologici per concretare le nuove?
Se uno arriva a una scelta inusuale, perche' no? Se responsabilmente consapevole. Ma sovente uno non sceglie, si appoggia a consuetudini che gli impongono gia' da piccolo, quando non sa, diventa adulto senza domandarsi il perche' di quelle consuetudini non sue: condannare o lapidare gli altri, in questi casi, e' rifiutare a priori la vita civile. L'angoscia non arriva dalla solitudine dello smarrirsi nei labirinti ciechi dei vecchi Castelli e dei moderni Palazzi dei Processi sbagliati in quanto agiscono sugli effetti invece che sulle cause?
Non si e' disintegrata un'armonia.
I tentativi di restaurazione dispotica nel mondo ora perlopiu' avvengono ipocritamente: dietro lo scudo degli abusati simboli cristiani, o islamici, o chissa' quali altri, si tacciono o manipolano essenziali informazioni, si camuffa l'inoculare affermando che sia comunicare, e cosi' via.
La protesta esasperata si amplifica e diffonde. Ove la protesta diviene dominante senza al contempo saper avviare alternative valide, si accelera lo sfascio.
La grande svolta, lentamente si evidenzia, puo' avvenire nel rifiutare l'opinione che l'uomo "ha bisogno di un padrone"; nel respingere l'opinione che l'uomo e' "come un legno storto" da cui "non puo' uscire nulla di interamente diritto"; nel rigettare il pregiudizio che il dominio sugli uomini e' necessario, col relativo rapporto fra comando-comandamento e obbedienza-sudditanza. La grande svolta puo' avvenire elaborando un'etica la quale affermi necessario che ognuno impari a comunicare, impari a crescere creativo, mentre apprende a coorganizzarsi: un'etica che consideri crimine il dominio, l'assuefare "le masse al dominio", l'esaltazione della "volonta' di dominio" - del Superuomo o dello Stato, sul branco -, mentre l'alternativa cresce dall'apprendere la creativita' comunicante nelle strutture valorizzatrici.
La gente ha cominciato a non credere piu' al padrone, al dominio, alle verita' imposte? Ma ancora non sa esercitare la coorganizzazione maieutica, non sa ancora uscire dalle proprie nicchie a organizzarsi in fronti atti a risolvere i propri profondi interessi. E' arduo inventare soluzioni inedite alle piu' ampie scale, alla ormai necessaria misura planetaria, valorizzando da ogni parte l'insieme. Piu' che la tolleranza interculturale, la ricerca maieutica in comune tra gente diversa aiuta alla verifica-composizione di scelte pur etiche.
Se un bambino viene addestrato dai genitori a rubare nelle tasche e nelle case degli altri, crescendo in un contesto simile (come in certi quartieri di Palermo) e' presumibile che cerchera' di imparare credendo di far bene.
In occasione della recente Marcia per la pace, contro la mafia a Reggio Calabria, ho pensato opportuno a meta' del percorso andare in macchina con un amico ad Archi (paese dove si spara di frequente, meta della marcia) per cercare di ascoltare i ragazzi nella piazza cosa pensavano. Sostanzialmente dicevano: "Arrivano i provocatori".
Un mio amico che insegna in una scuola elementare li' vicino, mi racconta: "Durante l'intervallo per la colazione, in un gruppetto impegnato in una discussione animata, Z. F. di anni 8 si accalora: '... e' uno che non meritava nessuna pieta'!... lo avete visto tutti come era grasso e ben pasciuto quando e' tornato a casa.... lo hanno trattato come un principino e lui che cosa fa per tutta riconoscenza? Si mette a fare la spia, il bastardo!... Avrebbero fatto meglio ad ammazzarlo: stavano tutti piu' tranquilli e lui imparava a farsi i fatti suoi'". Parlano di Cesare Casella e del sopralluogo effettuato con lui in quei giorni nelle zone del sequestro. Nessuna meraviglia. E' molto difficile riuscire a pensare diversamente da quanto un certo tipo di istituzione ci inculca.
Ancora lo Stato italiano insiste a sparare (quando e' costretto dal clamore di certi fatti), come avviene soprattutto in Calabria, contro gente che, nella grandissima maggioranza, se avesse vero lavoro e una diversa educazione, preferirebbe non avere a che fare con armi e sequestri. Mentre l'articolo 4 della Costituzione assicura: "La repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto".
Di fatto, in certi luoghi la disoccupazione degli adulti arriva al 35 per cento, quella giovanile al 51 per cento: sono dati dichiarati ufficialmente. Che lo Stato uccida la gente disperata e' particolarmente criminale.
Il caso della maestra che tappa la bocca ai piccoli con lo scotch, e li lega alla sedia, e' un misero caso di criminalita' privata: da una persona, probabilmente malata, i ragazzini vengono impediti nello sviluppo della propria creativita'. Ma se le scuole pubbliche pretendono sistematicamente di inquadrare aggiogando milioni, miliardi di creature, questa risulta criminalita' di Stato, usurpazione del diritto e del potere personale e collettivo.
Quale educare e' mai persuadere o dissuadere? L'ammaestrare, come si fa con scimmie e pappagalli in gabbia, non e' esercizio del potere, reciproca influenza del comunicare in cui ognuno cresce, ma tipico dominio che implica la non-liberta' degli altri.
La violenza puo' apparire "il mezzo piu' risolutivo" sul momento, ma tale non risulta in prospettiva. I valori si possono mai inculcare? Attraverso "i valori che si inculcano" si puo' mai "compiere un processo di socializzazione"? Che tipo di sapiente e' mai "chi inculca l'inferiore"?
Dal primo Novecento, come e' noto, si diffonde l'esigenza del suffragio universale - ognuno, uomo o donna, partecipi a votare -; i conflitti operai reclamano via via una piu' equa distribuzione del reddito e una maggiore sicurezza sociale per i piu' deboli mentre, soprattutto quando avvampano guerre, lo Stato si impone come industria militare, apparato tecnologico-poliziesco.
La ricchezza di alcune famiglie puo' non significare affatto il benessere di tutti i governati. Lo Stato moderno, pur se si ammanta di democrazia, sovente sta diventando una macchina burocratica in cui "il governo" dipende di fatto, direttamente o indirettamente, dal grande capitale, dai maggiori padroni che influenzano - con peso occulto e attraverso i media - le decisioni fondamentali: quando le esigenze sociali non vengano affermate e difese da organismi popolari, ove la gente coraggiosamente si sveglia.
La "ragione di Stato" non esprime potere razionale, ma le patologiche convinzioni dei dominatori, esprime volonta' di dominio. Lo Stato pretende di incrementare il proprio dominio "a scapito di ogni altra finalita'". Su questa scia si potra' incontrare, non ironico, un libro intitolato Le ragioni della mafia.

Fonte: Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo