• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

La legge come germe musicale

Gian Carlo Caselli, Procuratore della Repubblica impegnato a Palermo per sua richiesta, ha il candido volto di un Arcangelo.
Un giorno gli domando: "Come può maturasi un´autentica giustizia amministrativa dal giudice, in una società essenzialmente sbagliata, produttrice di aberrazioni e mostruosità? Come si può compiere giustizia agendo sugli effetti e non sulle cause?"

"È un tema strettamente legato a quello sul perché del male nel mondo, dello squilibrio nelle capacità di sfruttamento delle risorse di ricchezza che si vedono nella società, dalle più piccole alle più grandi. Proviamo a rispondere. Non si può parlare di giudice e società senza porli nel concreto di una certa situazione socio ambientale e di equilibro (o squilibrio) istituzionale. Ogni giudice ha una limitata competenza e una precisa firma. I limiti dei suoi poteri di intervento gli possono suggerire dove e da chi cercare collaborazione; la sua firma é garanzia di responsabilità. Suo compito é controllare l´uso già svolto delle libertà, nel suo ambito di competenza. Il suo non é un ruolo attivo, come quello dell´autista che con certe risorse deve portare il pullman ad una stazione d´arrivo. È invece il controllore dei percorsi; e come il meccanico deve studiare er quali cause interne e esterne il pullman della convivenza non ha raggiunto una certa meta.
È il codice penale a differenziare in questi termini una pubblica amministrazione (il potere attivo) dalla amministrazione della giustizia (il potere giudiziario).Se potere e far fare agli altri ciò che essi non farebbero anche se socialmente più vantaggioso, un potere pubblico si qualifica positivamente per un vantaggio a cui creca di far pervenire le volontà che cerca di influenzare. Per la pubblica amministrazione, il vantaggio cui mira é l´espansione della convivenza. Per il potere giudiziario, il vantaggio é la scopreta dei congegni sbagliati che non hanno consentito l´espansione programmata dall´amministrazione.
Il rispetto della vita e il rispetto della verità sono, sul pieno della legge scritta, chiaramente consacrati nella Costituzione. Con l´abolizione della pena di morte, La Costituzione dice che la vita, anche del peggior trasgressore, vale più del potere punitivo dello stato: e la legge penale, con il sistema della revocazione, dà più importanza alla verità effettiva che al giudicato. Il giudice allora non può agire da solo, per la limitatezza delle sue funzioni istituzionali, sulle cause sociali "a monte" della trasgressione. Ma può ( essendo non solo giudice ma anche cittadino, meglio di altri conscio su come si "movimentano" i dritti, e come italiano, cittadino del mondo nella prospettiva dell´art 11 Cost.) operare con gli strumenti intellettuali, per far chiarezza sugli ostacoli che psiche individuale e strutture sociali pongono a una realizzazione espansiva dei diritti.
Quando vi sia, in una collettività, la diposizione a migliorare la convivenza e rispettare la verità, vi sono anche i sistemi per avvicinare le radici del bene e farle salire fino a un ceppo robusto e un tronco fiorente. È questione di disponibilità. Già dal 1990, con il martirio di Livatino, é cresciuta l´attenzione della gente per la figura professionale del giudice e per i problemi della giurisdizione. E un bacino di raccolta di questo ampio flusso di notizie sono divenute le scuole. Scuole che dialogano coi giudici sono ormai numerose.
Attraverso le scuole possono i giudici a formare un´opinione sulla Costituzione, lo stato amministratore, lo stato giudice, l'imprenditoria pulita e le sue diramazioni: aiutare le menti in formazione a capire sbagli, aberrazioni e mostruosità che connotano ancora oggi la società, inabile a togliersi quei bubboni che le impediscono di assumere il necessario, elegantissimo, aspetto dai Costituenti del 1946-47.
Mirare al successo di ridurre queste brutture connettendo insieme la ricerca di lavori utili, la ricerca di quelli che li sanno fare ed il coraggio di farli, la ricerca di rinnovamento dei canali di raccordo tra poteri pubblici e strutture private. Questi gli obbiettivi da esporre ai giovani per incoraggiarli ad agire, ed ai meno giovani per aiutarli a riflettere sui percorsi intrapresi.
Fondamentale poi é la questione del denaro. La ricchezza della nazione o é fondata sul lavoro o non é ricchezza. E lavoro é aiuto della vita o é crimine da perseguire con la voce delle forze della legalità.
Occorre allora cercare un dialogo su questi temi con gli altri operatori, anche del giornalismo. Sentire (come avviene di solito) attribuire valore di miliardi a qualche pacchetto di droga - da mettere legalmente al rogo - é un fatto che può sconcertare e non aiuta lo spettatore medio a far chiarezza sul proprio tabù finanziario, a metter luce tra lui e il suo servo-padrone denaro. Sarebbe molto più serio accennare ai meriti degli inquirenti (di aver probabilmente allungato la vita di un certo numero di drogati) nell´ accompagnare le immagini di droga in sequestro. I soldi sporchi andrebbero intesi, anche nelle scuole, come foglie putride (talora anche tossiche) di rami improduttivi, o guasti e guastanti, nel grande albero dell´economia. Da bruciare. Aiutare a capire tutto questo deve essere impegno collaterale di quell´uomo di cultura che é il giudice (dove la cultura ´, letteralmente, riproduzione - sotto la spinta dell´uomo - di quanto la natura offre, o permette di imitare). Ma per quanto importante, non può essere - appunto- impegno collaterale. Perché le proprie risorse il giudice le investe - prima di tutto nel giudizio: frutto di una gestazione che gli consente di far propri, di assimilare e di dar forma a materiali che altri ha introdotto nella sua mente. Il giudice utilizza così le sue risorse psicoaffetive per dar voce alle verità che il processo gli ha permesso di assimilare, verità distillate dai canali che la legge ha prefissato. Il giudice é solo la bocca che pronuncia la parola della legge. Così come lo scultore modella una figura utilizzando una certa pietra con sue proprie ed esclusive caratteristiche di fondo".
....Danilo: Nel suo complesso la natura- quando non parassita, virale- essenzialmente é maieutica, mentre tende ad evolversi.
Occorre riconoscere e connettere questo impulso maieutico vitale: interpretare e valorizzare. Hölderin ci confida: quando io mancherò, per me diranno fiori e costellazioni. La struttura maieutica, solerte al nascere e rinascere continuo riconnettere i lontani-spazi,tempi,settori, prospettive - a riconoscere parentele essenziali:per ciascuno. Per il futuro, ora possiamo aggiungere. Non il trasmettere. Il comunicare é legge, la maieutica struttura in infinite variazioni viva liberamente articolate simbiosi: condizione senza cui viene a ridursi, a mancare, la vita. Nelle più varie condizioni, musica: legge che non ti dice quando, come, con chi, ma raccomanda reciproco rispetto tra ogni "prossimo". L´essenza musicale é autoevolversi cosmico. Non solo arte che valorizza pure l´emozione: suprema scienza delle relazioni. La legge che riduce a una ragione, a una soluzione, a un rapporto costante fra fenomeni, a un'esperienza fissa e inalterata, a rapporti meccanici e uniformi, le leggi per i sassi e per le stelle, non esprimono tutta la natura, sono singole parti della legge - molto più varia complessa,tutta sempre incompiuta. Tentativo di razionalizzare ogni evento e fenomeno, la legge ci esprime una necessaria norma,la relazione di interdipendenza.
Non solo la formula di previsione ma anche strumento di liberazione.
Necessario: ciò che non può non essere, condizione primaria per la vita. Da ipotetico, metafisico dovere, il comunicare più e più diviene alla coscienza necessità essenziale come il nutrirci, come il respirare: "anima della realtà", "unica di possibile e reale". Non chiamiamo vita il connettersi dei fenomeni che cercano di esprimersi, di - potremmo anche dire - autonominarsi, autoripararsi e autocrescere? Ma chi accetta lavorare anticipando decenni e secoli no deve illudersi: deve conoscere le resistenze enormi che l´attendono scontrarlo. Aristotele osserva possibile "ciò che é vero", o "ciò che lo può essere". Relegando così il falso, l´insano, fuori dell´ambito del potere autentico. È possibile quanto é necessario.
Realizzare quanto é falso (ciò che inganna,che fallisce) é un´aberrazione del potere. L´evolversi conduce non a stringere le ostilità di previsione ma ad ampliarle quanto più esplora la natura organica, la natura simbiotica sociale. Maieutica: è la legge più complessa valorizzante ogni creatura.
Danilo Dolci


Fonte: Sereno Dolci