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Ripensando Ivan Illich (Filippo Transatti)

La domenica della nonviolenza, numero 68 del 9 aprile 2006
Ho incontrato Illich una sola volta a un convegno sulla scrittura a Milano, lo stesso di cui parla Paolo Perticari nella conversazione qui raccolta. Era già malato da tempo, con quel tumore orribile che gli sfigurava il volto e che era quasi imbarazzante guardare.
Tenne la sua conferenza sul tema della nascita del libro e della lettura scolastica in italiano, con il suo stile acuto, brillante e asciutto. Non fu tanto quel che disse, che avevo già letto nel suo libro, ma per la sua presenza che mi convinse di aver avuto ragione a considerarlo un maestro. A differenza di molti conferenzieri, aveva davvero rispetto per chi gli stava davanti e si capiva che era pronto a cogliere quell'occasione d'incontro come un momento importante. Si sentiva chiaramente che ciò che diceva lo appassionava e lo convinceva, ma era pronto a discuterne con chiunque, meglio se privo di titoli accademici. Aveva quell'inquietudine delle anime erranti come un vero avventuriero del pensiero che affascina e inquieta con i suoi racconti d'altrove e col quale sarebbe stato bello sedersi una sera intorno al fuoco per ascoltarlo.
Gli dedichiamo queste pagine, soprattutto nella speranza che incontri attraverso i suoi libri nuovi interlocutori, convinti a guardare insieme a lui il mondo alla rovescia senza paura, con uno sguardo irriverente, a vivere il pensiero come un'avventura e a trasformarlo in prassi quotidiana.