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Hanno camminato per giorni, nascondendosi nella giungla, attraversando montagne e fiumi. Chi è riuscito ad arrivare vivo sopravvive in condizioni poverissime. Sono affamati, deboli e malati», scrive l’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati. Sono migliaia. Centinaia di migliaia. 670mila, per la precisione.

E dopo la lunga marcia ora rischiano di morire – ancora una volta, a migliaia – sotto l’incalzare dei monsoni. Voi che ne dite, si tratta di rifugiati politici o di migranti ambientali?

Se non avessimo visto centinaia di visi. Se non avessimo incrociato quegli sguardi impauriti e persi.

Se non avessimo sorretto quei corpi umidi, tremanti e magri.

Se non fosse per quel tremito che abbiamo sentito sotto le mani ogni volta che abbiamo appoggiato una coperta su quelle spalle bagnate e curve.

Il comportamento del governo italiano nella vicenda Aquarius è stato gravissimo e l'intervento provvidenziale della spagna non solleva l'Italia dalle sue responsabilità. ASGI lancia l'allarme sul possibile imminente ripetersi di episodi analoghi.

Ogni volta che si parla di una nave piena di migranti in balia del mare penso sempre alla notte del 28 marzo 1997.

In Albania c'era la guerra civile. Io avevo 7 anni e mio padre era un poliziotto all'epoca. Quel giorno uno scafo, che era stato progettato per 9 membri dell'equipaggio, partì con a bordo più di 140 persone.

La nave, carica di migranti, in balia degli eventi, appartiene all'ordine dell'eccezionalità. Noi invece, incastrati in questo lunedì lavorativo incipiente, apparteniamo all'ordine della normalità.

Al primo ordine appartengono molti eventi: il caos delle vite terrorizzate durante un terremoto, l'affastellarsi di persone intorno al luogo di un incidente, la nascita di un figlio, il primo bacio dato alla fine di una festa, il giorno del nostro matrimonio, l'avvistamento di un orso, in genere la prima volta in cui abbiamo fatto una cosa.

Dalle notizie di stampa sulla riforma del Regolamento Dublino è sorprendentemente assente proprio il punto nodale rappresentato dal testo di riforma votato a larga maggioranza dal Parlamento Europeo nel novembre 2017. Un testo che riforma a fondo la materia sulla base dei principi di solidarietà ed equa distribuzione delle responsabilità tra gli Stati come prescrive l'art. 80 del Trattato.Il Consiglio dell'Unione e i singoli Stati sono tenuti nel procedimento di co-decisione legislativa con il Parlamento Ue a cercare un compromesso con questo testo di cui nessuno, neppure il Governo italiano, parla.

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