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Secondo un’indagine promossa da Cesvot e condotta da Irpet, il 30% delle associazioni di volontariato toscane impiega personale retribuito e nel 77% dei casi le persone pagate sono al di sotto delle 10 unità. Sempre secondo Irpet, il numero di associazioni di volontariato che fanno ricorso a forza lavoro retribuita aumenta al crescere delle dimensioni, dal 17,8% per le più piccole al 26,3% per le medie al 45,5% per le grandi. Il settore in cui maggiore è il ricorso al personale retribuito è il socio-sanitario, con una media di 6 lavoratori per associazione, segue il sociale con 4 ed il sanitario con 3.

Racconto e glosse su fatti e figure del Novecento.
"Oggi, passato più di un decennio dall'inizio del nuovo Millennio, siamo preoccupati per i giovani e per i figli dei loro figli che vivranno in questo secolo. Quello che possiamo fare è trasmettere loro gli attrezzi e le speranze che noi abbiamo avuto nel Novecento, sapendo però che saranno loro a decidere cosa farne, e anche comedotarsi di attrezzi nuovi. Ogni generazione ha le sue vie.

Invitiamo alla lettura del libro di Cristiana Vettori, pubblicato dal Centro Gandhi Edizioni di Pisa.

Non ci sono solo aspetti di violenza, esclusione e xenofobia nella società italiana.

L'autrice ha raccolto venti esemplari storie di vita, che dimostrano come attraverso luoghi di accoglienza e di integrazione, quale è la scuola pubblica con i corsi serali per adulti, è possibile percorrere strade nuove di realizzazione personale e di solidarietà sociale.

Il libro comprende anche le riflessioni dei docenti e associazioni che lavorano con gli immigrati nel campo dell'educazione e dell'alfabetizzazione.

Pubblichiamo la presentazione di Rocco Altieri “Scuola e integrazione”.

 Presentazione

 Scuola e integrazione

 Rocco Altieri

Le frontiere vanno superate,

e la parola "straniero" è da considerare

come appartenente al passato.

ALDO CAPITINI (l)

Perugia, 6 ottobre 1968

 

"Ogni comunità vive nell'orizzonte di tutti, e perciò non è troppo grande ed è collegata con le altre federativamente. Ma se vi sono spostamenti di genti, esse non sono da sterminare, ma da accogliere, tenendo pronte strutture e provvedimenti che rendano possibile questa apertura”(2).

Sono queste le ultime parole profetiche di Aldo Capitini, filosofo italiano della nonviolenza, contenute nella sua 63a lettera di religione intitolata "La forza dei piccoli gruppi", che spedì agli amici, pochi giorni prima della morte avvenuta il 19 ottobre 1968, e che costituisce, quindi, il suo autentico testamento politico e spirituale.

Ma già in precedenza, fin dai tempi della Conferenza di Bandung (3) del 1955 che aveva portato sulla scena mondiale le istanze di pace e di liberazione dei popoli oppressi del Terzo Mondo, Capi tini aveva posto tra i primi punti di un necessario programma nonviolento la dissoluzione delle barriere nazionali e l'accoglienza dei migranti da parte delle società opulente dell'Occidente, "a costo anche di una discesa del livello di vita” (4).

Pur vivendo intorno a sé l'euforia del boom economico che negli anni sessanta aveva investito la società italiana col passaggio epocale da una società rurale a una di tipo industriale, il filosofo umbro respingeva come nefasto il diffondersi del consumismo, apostrofandolo come segno di una decadente civiltà "pompeiana-americana" (5), e avvertiva con lungimiranza molto realistica che all'epoca delle "vacche grasse" sarebbe presto seguita l'epoca delle "vacche magre". Scriveva, infatti, Capitini:

''Anche eventi avversi possono irrompere nella nostra vita associata, e con forza tale da ridurre grandemente gli oggetti e i beni da noi posseduti, pubblicamente e privatamente" (6).

È il tempo, dunque, ed è giunto, nella prospettiva del kairos (7) evangelico, di prepararsi a un cambiamento radicale degli stili di vita, praticando un' economia della parsimonia e della convivialità, "sapendo che più importanti sono gli esseri che gli oggetti, e che nella riduzione dell'affluenza di beni, bisogna cogliere l'occasione per dare maggior rilievo alla compresenza e all'omnicrazia" (8).

La crisi economica, presagita con largo anticipo da Capitini, ha subito una brusca accelerazione in questi ultimi tre anni. Si pone davanti a noi una drammatica alternativa: che siano solo i più deboli a soffrire a favore del perdurante profitto dei pochi oppure che la crisi possa rappresentare per tutti una sfida e un' opportunità nella direzione di cambiamenti profondi nei modelli di sviluppo, ispirati, questa volta, alla giustizia e alla fine dello sfruttamento degli uomini e della natura.

Primo compito della scuola è far crescere una tale consapevolezza, non solo rivolgendosi alle nuove generazioni, ma anche in processi permanenti di formazione degli adulti, superando i pregiudizi consolidati, gestendo i conflitti culturali, stemperando paure e ostilità.

Si è sperimentato che nella prossimità della classe, nella convivenza fianco a fianco sui banchi di scuola in un percorso comune di crescita culturale e di riqualificazione professionale, si vincono le chiusure della xenofobia e del razzismo. Nell'incontro personale ravvicinato si sviluppa, infatti, il senso del¬la comune appartenenza all'umanità: crescono empatia, amicizia, solidarietà, nascono amori prima non previsti.

L'idea di questa pubblicazione con le storie di vita degli studenti del corso serale dell'IPSSAR "Giacomo Matteotti" di Pisa, una scuola professionale con due percorsi coordinati, economico aziendale e alberghiero, è maturata nei giorni della protesta, tra l'agosto e il settembre del 2010, quando si paventava la graduale chiusura o, comunque, un drastico ridimensionamento delle scuole serali non solo a Pisa e in Toscana, ma in tutta !'Italia.

I docenti, gli studenti, gli operatori della scuola nel loro complesso, le loro organizzazioni sindacali hanno avvertito in quella decisione una profonda ingiustizia nei confronti dei più indifesi della popolazione italiana: i tanti lavoratori disoccupati o in cassa integrazione, i migranti, le donne, i giovani precari, tutte quelle categorie sociali che possono aspirare a una riqualificazione professionale e che per questo scopo si rivolgono alla scuola pubblica.

All'improvviso, in pieno agosto, giustificato col precipitare della crisi fiscale dello Stato, si decideva, per rispettare le necessità del bilancio, non di colpire gli sprechi, le opere pubbliche inutili, le spese per gli armamenti, ma le attese e le speranze di vita della fascia più sofferente della società che aveva intravisto nel frequentare i corsi serali una possibilità di riscatto e di realizzazione personale.

La scelta di avviare un digiuno gandhiano, in una situazione che sembra¬va ai più irrimediabile, nacque dal desiderio di dare voce ai "senza voce", a tutti coloro che per condizione sociale, stretti nelle more della sopravvivenza, sono privati del tempo e della possibilità di organizzarsi per protestare e farsi ascoltare. Il digiuno riuscì a "drammatizzare" la questione e a mobilitare le coscienze, evidenziando di fronte alle autorità scolastiche e politiche, e all'opinione pubblica in generale, la straordinaria funzione dei corsi serali che favoriscono la coesione sociale, il recupero della dispersione scolastica, la prevenzione della devianza, l'integrazione dei migranti nel segno del dialogo e della multiculturalità. La scuola di sera apre a tutta la città spazi vivi di incontro e di crescita culturale, percorsi autentici di educazione alla cittadinanza attiva e alla mondialità. Insomma, i corsi serali non vanno soppressi, ma rafforzati e ampliati, fatti conoscere meglio in tutte le loro potenzialità.

Il digiuno durò otto giorni e fu interrotto allorché conseguì i risultati che si proponeva. Esso era stato attuato secondo lo spirito del satyagraha, non contro qualcuno e neppure come occasione di pubblicità personale, ma semplicemente come ricorso estremo per far emergere la verità, cercando soluzioni eque e condivise. Questo è il segreto del suo successo. Quotidiani e televisioni scoprirono l'esistenza silenziosa e nascosta delle scuole serali, e ne parlarono ampiamente e correttamente. La notizia del digiuno si diffuse con rapidità e suscitò iniziative di sostegno e centinaia di messaggi di solidarietà da ogni parte d'Italia. Col concorso e la buona volontà di tanti si impedì la chiusura, se non di tutti, di molti corsi serali. Anche al serale del "Matteotti" fu concessa la sua prima classe che avrebbe permesso a cinquanta nuovi iscritti di intraprendere il percorso scolastico.

Gli studenti lavoratori non sono fantasmi, non aspirano semplicemente a uno svalutato "pezzo di carta”, ma sono gente vera, fortemente motivata, desiderosa di crescere culturalmente e lavorativamente, diventando cittadini a tutti gli effetti. Negli ultimi anni, poi, sempre più preponderante si è imposta nei serali la presenza dei lavoratori immigrati. La scuola nei fatti è il loro primo e unico luogo istituzionale di accoglienza e di integrazione. In questo senso appare evidente il ruolo insostituibile che assolve e dovrà assolvere anche in futuro la scuola pubblica nell'adempiere al suo compito costituzionale di rendere effettivo il principio dell'eguaglianza sostanziale sancito nell'articolo 3 della Costituzione e il diritto dell'istruzione pubblica garantita a tutti secondo gli articoli 33 e 34.

Per far conoscere la straordinaria realtà umana presente nei corsi serali, perché la loro esistenza sia, anche in futuro, ben presente ai decisori della politica e della scuola, abbiamo pensato in quei giorni di tensione e di lotta, di raccogliere in un libro alcune delle storie di vita di questi studenti lavoratori, raccontando i loro sacrifici e le loro speranze. Per realizzare un tale entusiasmante progetto ci è venuta in soccorso Cristiana Vettori, curatrice del quaderno, già docente di lettere al mattino, ma che, da quando è in pensione, coltiva con maggior agio la scrittura biografica.

Cristiana, che in città tutti conoscono per il suo impegno sociale, si distingue soprattutto per la sua straordinaria capacità di ascolto che ha vinto immediatamente timidezze e possibili diffidenze da parte degli interlocutori.

Accettare di parlare di sé è servito, innanzitutto, agli stessi studenti immigrati che hanno avuto, nei dialoghi informali faccia a faccia con Cristiana, l'occasione per rielaborare il proprio passato, che alcuni avevano preferito, fino a quel momento, rimuovere, cercando di soffocare nel silenzio il dolore per il distacco dagli affetti familiari e dai luoghi di origine. Il confidarsi, in realtà, aiuta sempre a superare i traumi dell'interiorità e a vivere il presente con maggiore consapevolezza dei nodi ancora irrisolti, riscoprendo la ricchezza del proprio passato e della propria cultura di origine, senza più sentire il bisogno di doversi omologare o mimetizzare, coltivando un senso nuovo di sicurezza e di stima di sé, secondo la volontà di vivere con dignità.

Nelle storie di vita qui raccolte vi è rappresentata in modo significativo la pluralità delle provenienze presenti nel corso serale del "Matteotti". Il titolo scelto per il libro rimanda volutamente a un duplice significato: non solo la presenza nella scuola serale di culture di quattro continenti (Africa, America Latina, Asia, Europa), ma anche la vocazione a un insegnamento aperto all'orizzonte di tutti, che riecheggia l'aspirazione internazionalista e pacifista dei lavoratori e degli esuli della fine ottocento: La nostra scuola è il mondo intero (9).

Le brevi narrazioni biografiche si presentano al lettore in una successione estremamente godibile, mai banale, prolissa o noiosa. I vissuti personali prendono forma in modo lieve, discreto, rarefatto, con un pudore che è rispetto per l'altro, rimandando continuamente alle vicende dei paesi di origine, aiutando il lettore a conoscere luoghi e fatti non sempre noti. Sapere delle loro vite, comunque, ci arricchisce tutti, spazzando via tanti diffusi luoghi comuni.

Alle storie di vita seguono, nella seconda parte del volume, testimonianze e riflessioni di alcuni docenti del serale, che testimoniano come sia diverso l'approccio didattico nei confronti degli studenti lavoratori, illustrando metodi, problematiche e sperimentazioni seguite nelle varie discipline curricolari.

Uno dei contributi è affidato alla prof.ssa Linda Bimbi, docente di lettere che insegna al mattino, coordinatrice del settore intercultura nella scuola, che ci offre uno spaccato significativo della presenza di studenti stranieri nelle classi dei corsi diurni e delle strategie didattiche adottate dagli insegnanti.

La terza parte è riservata ai contributi delle associazioni di volontariato che collaborano nell'accoglienza e in percorsi di alfabetizzazione della lingua italiana per gli immigrati.

Nell'hanno scolastico 2010/20 Il in collaborazione tra il corso serale del "Matteotti" e l'associazione di volontariato "El Comedor Estudiantil Giordano Liva” è stato avviato un progetto per l'attivazione di corsi di alfabetizzazione alla lingua italiana per migranti.

Da gennaio 20 Il una ventina di uomini e donne di formazione sia scientifica che umanistica, giovani dottorande in filosofia a fianco di professoresse ormai in pensione, si alternano come docenti volontari ogni sera presso i locali dell'istituto "Matteotti" di Pisa con abnegazione, dal lunedì al giovedì, riuscendo a gestire cinque corsi di alfabetizzazione, adeguati ai vari bisogni: un livello iniziale, uno intermedio, uno avanzato, frequentati complessivamente da oltre 60 migranti, ma le iscrizioni continuano a crescere.

Monica D'Angelo giovane educatrice di "El Comedor Estudiantil", infaticabile animatrice dell'associazione, presenta nel suo contributo lo spirito, il metodo e la finalità dei corsi di alfabetizzazione alla lingua italiana.

Gabriele Pardo, responsabile provinciale del "Centro Nazionale Volontariato" illustra il progetto realizzato nell'anno scolastico 201012011 in molte scuole della provincia di Pisa con numerosi laboratori attivi sui temi del volontariato e della solidarietà.

Sergio Bontempelli, presidente di ''Africa Insieme", presenta la storica associazione pisana che si occupa di accoglienza e consulenza agli immigrati, con una particolare attenzione per la popolazione rom in quanto maggiormente colpita dallo stigma e dal!' emarginazione.

Infine, la quarta sezione del libro comprende due contributi teorici di grande rilievo. Il saggio di Laura Tussi, tra le più impegnate nel campo della intercultura e della sperimentazione didattica, e lo studio di Antonio Lombardi, educatore e mediatore dei conflitti, che mette a confronto l'analisi transazionale e la formazione alla nonviolenza.

Con gli adulti certo non è più possibile un insegnamento cattedratico.

Diviene nei fatti obbligatoria un' educazione corale e partecipata. I docenti di "El Comedor Estudiantil" questo lo hanno capito bene, non solo in teoria, ma nella loro pratica quotidiana. Perciò ogni sera nelle aule del "Matteotti" dispongono i banchi a formare il quadrato o il cerchio, figure geometriche che meglio si addicono al metodo corale proprio dei laboratori maieutici (10).

Mi sono commosso a rivedere, in questa nuova architettura dello spazio classe ideata dai volontari di "El Comedor", la stessa disposizione dei tavoli voluta da don Milani nell'aula di Barbiana o da Danilo Dolci nel Centro educativo di Mirto.

Nonostante i ritardi e le lentezze burocratiche, i tentativi di restaurazione o di demolizione della scuola pubblica, è certo che nei laboratori linguistici messi in atto dai docenti di "El Comedor Estudiantil" si può vedere in nuce realizzarsi il metodo nuovo dell'autentica scuola del futuro!



(1): A. Capitini, Il potere di tutti, Firenze, La Nuova Italia, 1969, p. 446.

(2): Ibid.

(3): A. Conte, Bandung, tournant de l'Histoire, Parigi, ed. Robert Laffont, 1965. Bandung è un'importante città indonesiana.

(4): A. Capitini, Il potere di tutti, cit., p. 141.

(5): L'accostamento è tra la dissoluzione della antica Pompei e la moderna opulenza americana.

(6): Ivi, p. 138.

(7): Kairos è una parola greca che significa "il momento giusto o opportuno" o, teologicamente, "il tempo di Dio".

(8): Ivi, p. 138-9. Compresenza e omnicrazia sono concetti capitiniani fondamentali: il primo esprime il sentimento profondo di compenetrazione della propria vita con tutti gli esseri, morti o viventi che siano, il secondo indica il potere di tutti, nessuno escluso, una visione che va oltre la visione democratica di un governo della maggioranza.

(9): Lo stornello della canzone scritta da Pietro Gori (1865- 1911) recita: "Nostra patria è il mondo intero”.

(10): Il metodo maieutico è quello proposto e sperimentato da Danilo Dolci. Cfr. D. Dolci, Dal trasmettere al comunicare, Torino, Sonda, 1997.