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Se non si riesce a porre fine a questa guerra nefasta che ha già distrutto l’anima del mondo prima ancora che le istituzioni che ne assicurano la vita, è perché non è stato esorcizzato lo spettro della vittoria. È un luogo comune, ma del tutto falso, che la vittoria sia la conclusione migliore di una guerra. Si tratta di un mito antico: la vittoria è il premio della guerra; la vittoria alata si libra sul trionfo del condottiero, schiaccia l’elmo del vinto; non è concepibile se non la vittoria come uscita dalla guerra, padre e principio di tutte le cose, come è stata teorizzata da sempre, almeno a partire dal detto di Eraclito.

Una considerazione amara e una precisazione storica.

Non è davvero accettabile che qualsiasi tentativo di analisi della situazione ucraina non ridotto alla condanna della Russia di Putin e alla perentoria affermazione della indisponibilità dello stesso presidente russo a trattare venga bollato come filorusso e antiamericano.

I pro non ci sono. Giorno dopo giorno vediamo sempre meglio come la guerra in Ucraina non sia che distruzione di vite, di famiglie, di ambiente, di socialità, di umanità, di intelligenza. Come tutte le guerre. Ma questa di più. Che senso ha mandare armi sempre più potenti i combattenti dell’Ucraina perché ammazzino, si facciano ammazzare, e facciano ammazzare la popolazione civile, vera vittima di tutte le guerre moderne, e poi pagare a Putin gas, petrolio, carbone, fertilizzanti e tante altre cose di cui non sappiamo fare a meno, continuando così a finanziare e rafforzare la sua guerra di aggressione?

E' difficile trovare altri momenti nella storia del dopoguerra in cui, durante un conflitto, non ci fossero sedi in cui tentare almeno un negoziato di pace che si apra con una tregua.

Nel giro di poche settimane sono spariti tutti gli spazi possibili, cancellati dalla sempre più consolidata certezza che la guerra in Ucraina non possa terminare senza una decisa sconfitta di uno dei contendenti. Non hanno più voce in capitolo le Nazioni Unite, paralizzate dai veti in Consiglio di sicurezza, non ha più alcun ruolo di mediazione l'Unione europea che di fatto si è qualificata come soggetto cobelligerante a fianco dell'Ucraina, non intende, e neppure potrebbe agire la Cina, per la sua sostanziale vicinanza alla Russia e la Santa Sede è stata di fatto messa nell'impossibilità di mediare dalla freddezza dell'Ucraina e dalla posizione filoputiniana della Chiesa ortodossa.

Mentre scrivo, ricordo l'angoscia che mi assalì quando ci fu la crisi dei missili di Cuba del 1962. Ero ricoverato a New York, in ospedale, e il mio amico Stanley Plastrick mi aggiornava quotidianamente, dicendomi giorno dopo giorno che New York rischiava di essere rasa al suolo da una bomba atomica. Poi si arrivò a un compromesso e Krusciov ritirò i missili. Oggi, in modo diverso, vedo che siamo prossimi all'orlo del precipizio e nell'incertezza più completa circa il domani.