In occasione del 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza, condividiamo questa riflessione sulla nonviolenza di Giovanni Sarubbi, pubblicata su "Voci e volti della nonviolenza", n. 237 del 29 settembre 2008.
Confesso di guardare con grande sospetto ad iniziative come quella della Giornata internazionale della nonviolenza che provengono da istituzioni come l'Onu che non sono riuscite ad impedire la guerra mondiale nella quale l'umanità attualmente si trova. Una guerra mondiale che la grande maggioranza dei cittadini dei paesi occidentali non percepisce come tale perché combattuta lontano dalle proprie terre.
Confesso di guardare con grande sospetto ad iniziative come quella della Giornata internazionale della nonviolenza che provengono da istituzioni come l'Onu che non sono riuscite ad impedire la guerra mondiale nella quale l'umanità attualmente si trova. Una guerra mondiale che la grande maggioranza dei cittadini dei paesi occidentali non percepisce come tale perché combattuta lontano dalle proprie terre.
Sento così molto distante la data del 2 ottobre dichiarata dall'Onu Giornata internazionale della nonviolenza, nella data di nascita di Gandhi.
La nonviolenza la si deve praticare e non semplicemente proclamare a parole.
La nonviolenza deve diventare pratica quotidiana in tutti i rapporti sociali e politici ad ogni livello nazionale ed internazionale.
Sono già alcuni millenni che l'umanità ha a che fare con chi utilizza qualsiasi idea, anche quelle nate contro se stesso, pur di continuare a mantenere inalterato il proprio potere politico, economico, religioso e militare. Così, per esempio, abbiamo assistito nel passato all'uso di Gesù di Nazareth per fargli benedire cose che lui mai avrebbe benedetto oppure recentemente all'uso del femminismo contro le donne o del pacifismo contro la pace e ora anche della nonviolenza contro la nonviolenza.
Certo mi si dirà meglio che niente. Meglio avere una ricorrenza da celebrare durante la quale poter parlare di nonviolenza che non averne alcuna. E sarà certamente anche utile che si utilizzi tale occasione per dire qualcosa di positivo. Ma non credo che alla nonviolenza servano celebrazioni, riti, liturgie che alla fine confinano la nonviolenza fra gli specialisti, gli studiosi, coloro che hanno potuto approfondire gli scritti di questo o quello scrittore o attivista o martire mentre alla gente viene riservata ogni giorno violenza su violenza. Da un lato le celebrazioni idealiste della nonviolenza, dall'altro la vita violenta di tutti i giorni: cosa credete che prevarrà nella testa della gente? Dico queste cose perché sono molto amareggiato per lo stato di cose che stiamo vivendo nel nostro paese e nel mondo. A volte, nei momenti di sconforto, penso che non crediamo veramente in quello che diciamo e non siamo disponibili a rinunciare a nessuna delle nostre tante comodità.
Scrivo queste note dopo aver partecipato in mattinata ad una manifestazione di migranti svoltasi a Caserta fra il generale disinteresse della città, con la paura ed il disprezzo che era ben visibile sul volto di moltissima gente che assisteva al passaggio del corteo formato al novantanove per cento di soli africani.
E allora mi auguro che si colga l'occasione del 2 ottobre per fare iniziative concrete contro la violenza che quotidianamente sta imbarbarendo i nostri rapporti sociali. Non una vuota celebrazione, non fiumi di parole ma un concreto impegno contro la violenza che in questo momento si sta scatenando contro i migranti o che ci vede partecipare alla guerra in Afghanistan, in Libano o in altre parti del mondo. Gandhi, Martin Luther King e tanti altri martiri della nonviolenza il loro contributo concreto all'umanità lo hanno dato fino in fondo e senza riserve. Spetta a noi ora fare altrettanto.
La nonviolenza la si deve praticare e non semplicemente proclamare a parole.
La nonviolenza deve diventare pratica quotidiana in tutti i rapporti sociali e politici ad ogni livello nazionale ed internazionale.
Sono già alcuni millenni che l'umanità ha a che fare con chi utilizza qualsiasi idea, anche quelle nate contro se stesso, pur di continuare a mantenere inalterato il proprio potere politico, economico, religioso e militare. Così, per esempio, abbiamo assistito nel passato all'uso di Gesù di Nazareth per fargli benedire cose che lui mai avrebbe benedetto oppure recentemente all'uso del femminismo contro le donne o del pacifismo contro la pace e ora anche della nonviolenza contro la nonviolenza.
Certo mi si dirà meglio che niente. Meglio avere una ricorrenza da celebrare durante la quale poter parlare di nonviolenza che non averne alcuna. E sarà certamente anche utile che si utilizzi tale occasione per dire qualcosa di positivo. Ma non credo che alla nonviolenza servano celebrazioni, riti, liturgie che alla fine confinano la nonviolenza fra gli specialisti, gli studiosi, coloro che hanno potuto approfondire gli scritti di questo o quello scrittore o attivista o martire mentre alla gente viene riservata ogni giorno violenza su violenza. Da un lato le celebrazioni idealiste della nonviolenza, dall'altro la vita violenta di tutti i giorni: cosa credete che prevarrà nella testa della gente? Dico queste cose perché sono molto amareggiato per lo stato di cose che stiamo vivendo nel nostro paese e nel mondo. A volte, nei momenti di sconforto, penso che non crediamo veramente in quello che diciamo e non siamo disponibili a rinunciare a nessuna delle nostre tante comodità.
Scrivo queste note dopo aver partecipato in mattinata ad una manifestazione di migranti svoltasi a Caserta fra il generale disinteresse della città, con la paura ed il disprezzo che era ben visibile sul volto di moltissima gente che assisteva al passaggio del corteo formato al novantanove per cento di soli africani.
E allora mi auguro che si colga l'occasione del 2 ottobre per fare iniziative concrete contro la violenza che quotidianamente sta imbarbarendo i nostri rapporti sociali. Non una vuota celebrazione, non fiumi di parole ma un concreto impegno contro la violenza che in questo momento si sta scatenando contro i migranti o che ci vede partecipare alla guerra in Afghanistan, in Libano o in altre parti del mondo. Gandhi, Martin Luther King e tanti altri martiri della nonviolenza il loro contributo concreto all'umanità lo hanno dato fino in fondo e senza riserve. Spetta a noi ora fare altrettanto.