Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 giugno 2007
Quaranta anni fa moriva don Milani. Molti ne hanno parlato in questi giorni: difficile dire se si è trattato soltanto del ricordo di un defunto lontano o di una presenza educativa e culturale ancora viva nella nostra scuola e nella nostra politica. Qualcuno ha anche ricordato che Esperienze pastorali non è stato ufficialmente riabilitato dall'autorità ecclesiastica che lo aveva condannato all'Indice dei libri proibiti.
Don Milani scriveva in una lettera alla mamma (14 luglio 1954): "Io ho la superba convinzione che le cariche di esplosivo che ho ammonticchiato in questi cinque anni non smetteranno di scoppiettare per almeno cinquanta sotto il sedere dei miei vincitori". Oggi diciamo che era troppo ottimista.
Preferiamo ricordarlo con le parole di Giorgio Pecorini, profondo conoscitore della scuola di Barbiana e ben noto ai lettori del "Manifesto": "Fin quando don Milani è stato vivo, gerarchia e integralismo, costretti dalla sua 'disobbedienza obbedientissimà a non scaricarlo, si sono rivalsi emarginandolo ed esiliandolo. Poi, dopo morto, un poco alla volta, hanno preso ad appropriarsene, via via facendosi gloria e vanto della ortodossia e del suo rigore, ma addomesticando l'una e l'altro, scegliendo fra le sue testimonianze quelle che, sapientemente o grossolanamente censurate e manipolate da capo secondo i diversi livelli di onestà e di gusto, parevano le più usabili in senso normalizzatore" ("Fà strada ai poveri senza farti strada").
Qui Pecorini cita, fra l'altro, una lettera di don Milani alla sorella Elena, che aveva temuto di dargli un dispiacere annunciandogli il proprio matrimonio civile: "Cara Elena, sono contentissimo che tu ti sposi e non ho nessun motivo di meravigliarmi o dolermi che tu lo faccia in Comune. Esser religiosi o esser cristiani è una fortuna, non un obbligo. Mi può dispiacere che tu non abbia questa fortuna, non che tu compia un atto in sintonia con quello che pensi". Posizione ancora più significativa oggi, in tempi di Dico.
Da segnalare, su "Adista", una lettera inedita a firma di "Lorenzo Milani, parroco di S. Andrea a Barbiana", diretta al professor Tommaso Fiore, dopo l'uscita di Esperienze pastorali. Don Milani si difende dalle accuse vaticane e scrive: "Dare la scuola ai poveri, tutto il resto sa di chiacchiere". Un bel compendio di una vita.
Quaranta anni fa moriva don Milani. Molti ne hanno parlato in questi giorni: difficile dire se si è trattato soltanto del ricordo di un defunto lontano o di una presenza educativa e culturale ancora viva nella nostra scuola e nella nostra politica. Qualcuno ha anche ricordato che Esperienze pastorali non è stato ufficialmente riabilitato dall'autorità ecclesiastica che lo aveva condannato all'Indice dei libri proibiti.
Don Milani scriveva in una lettera alla mamma (14 luglio 1954): "Io ho la superba convinzione che le cariche di esplosivo che ho ammonticchiato in questi cinque anni non smetteranno di scoppiettare per almeno cinquanta sotto il sedere dei miei vincitori". Oggi diciamo che era troppo ottimista.
Preferiamo ricordarlo con le parole di Giorgio Pecorini, profondo conoscitore della scuola di Barbiana e ben noto ai lettori del "Manifesto": "Fin quando don Milani è stato vivo, gerarchia e integralismo, costretti dalla sua 'disobbedienza obbedientissimà a non scaricarlo, si sono rivalsi emarginandolo ed esiliandolo. Poi, dopo morto, un poco alla volta, hanno preso ad appropriarsene, via via facendosi gloria e vanto della ortodossia e del suo rigore, ma addomesticando l'una e l'altro, scegliendo fra le sue testimonianze quelle che, sapientemente o grossolanamente censurate e manipolate da capo secondo i diversi livelli di onestà e di gusto, parevano le più usabili in senso normalizzatore" ("Fà strada ai poveri senza farti strada").
Qui Pecorini cita, fra l'altro, una lettera di don Milani alla sorella Elena, che aveva temuto di dargli un dispiacere annunciandogli il proprio matrimonio civile: "Cara Elena, sono contentissimo che tu ti sposi e non ho nessun motivo di meravigliarmi o dolermi che tu lo faccia in Comune. Esser religiosi o esser cristiani è una fortuna, non un obbligo. Mi può dispiacere che tu non abbia questa fortuna, non che tu compia un atto in sintonia con quello che pensi". Posizione ancora più significativa oggi, in tempi di Dico.
Da segnalare, su "Adista", una lettera inedita a firma di "Lorenzo Milani, parroco di S. Andrea a Barbiana", diretta al professor Tommaso Fiore, dopo l'uscita di Esperienze pastorali. Don Milani si difende dalle accuse vaticane e scrive: "Dare la scuola ai poveri, tutto il resto sa di chiacchiere". Un bel compendio di una vita.